Non conoscevo Nuccio Ordine e non ho mai letto nulla di suo. Eppure avvertii subito, fin dal primo minuto, un’affinità, una particolare vibrazione, la prima volta che ascoltai una sua intervista in tv. Poche parole per comprendere non solo che parlavamo lo stesso linguaggio ma che “sentivamo” le stesse cose. E’ una questione di sensibilità, di risonanza, le persone vibrano come antenne quando sono regolate sulla stessa frequenza emozionale.C’è bisogno di eretici” affermava più volte nelle sue conversazioni. Ecco perché ero convinto che prima o poi ci saremmo incontrati, perché le persone che vibrano allo stesso modo prima o poi si incontrano. Lo avrei certamente invitato nel Giardino Epicureo se ci fosse stato il tempo. Ma non c’è stato, un improvviso malore lo ha portato via.
Il senso di smarrimento e di angoscia che avverto da quando ho saputo del suo ricovero in gravi condizioni prima e della sua morte dopo sono dovuti alla consapevolezza di questa perdita, al fatto che una delle antenne con cui mi sentivo in risonanza in Calabria non vibra più. E questo mi fa sentire più solo. Nuccio Ordine non era prezioso perché era uno studioso “di fama internazionale”, come si legge sugli organi di informazione, o perché era amico di Umberto Eco o perché è stato insignito di questo o quel premio o altre amenità simili. Era prezioso perché era un uomo libero e carico di entusiasmo in un mondo di schiavi depressi, in un mondo di “polli da batteria” come lui definiva i soldatini che vengono formati nelle università italiane. Era prezioso perchè non difendeva la categoria alla quale apparteneva, quella dei docenti universitari, primo prerequisito perché si possa stimolare un cambiamento, ma la criticava costruttivamente mettendo in evidenza la sottomissione alle logiche dell’economia e del “progresso tecnologico” senza se e senza ma.
Una voce appassionata. La sua comunicazione verbale e non verbale lasciava trasparire l’entusiasmo con cui affrontava il percorso della conoscenza. La parola entusiasmo, lui sicuramente avrebbe confermato, deriva entheos, si tratta di una delle parole più belle in qualsiasi lingua. L’entusiasmo è la fonte della creatività. Gli uomini che non possiedono entusiasmo, che non operano con entusiasmo, hanno meno probabilità di migliorare il mondo. Nell’accezione originale greca la parola entusiasmo significa “divina follia”, quella forma di pazzia che Socrate riteneva la causa di ogni creazione degna di questo nome. René Dubos ci ricorda che gli antichi greci definivano le forze che spingevano l’uomo a compiere imprese memorabili, come entheos, dio interno. Ecco perché i messaggi di Nuccio Ordine lasciavano e lasciano il segno, perché carichi di una forza che permetteva loro di giungere a destinazione. I migliori comunicatori sono quelli capaci di entrare in relazione con i destinatari della comunicazione e Ordine lo era. Se anche uno solo dei suoi studenti avrà acquisito, non le nozioni che Ordine gli ha trasmesso che sono trasmissibili da qualsiasi altro docente, ma l’entusiasmo con cui le trasferiva e l’eresia che stava alla base del suo agire, allora questa regione avrà ancora una fiammella di speranza alla quale attingere domani per scaldare i cuori e le menti dei calabresi.

Massimiliano Capalbo

A Squillace Lido c’è un luogo che si chiama “Parco Carabetta” dove le uniche piante vive sono gli alberelli che sono stati posizionati geometricamente, come avviene sempre nei contesti urbani, in vari punti del parco ma lontano dalle panchine (che non possono beneficiare della loro ombra) troppo grandi per essere falciati come invece avviene con tutto il resto. Non è l’unico spazio pubblico gestito così, nei contesti urbani è la prassi. Il risultato finale sono queste aiuole vuote e prive di vita, con alberelli isolati, che deprimono sia la vista sia i sensi e che accentuano il calore nelle giornate soleggiate riducendo il cibo per gli uccelli e aumentando l’evaporazione dell’umidità e quindi accrescendo il fabbisogno di acqua per le piante presenti. Uno spazio “funzionale” agli esseri umani è uno spazio privo di vegetazione e quindi di vita. Per l’amministrazione e per la maggior parte dei residenti adesso il parco è pulito, i bambini possono andarci senza correre rischi. Che strana la nostra società, vogliamo stare nella natura ma fino a un certo punto, quando si allarga abbiamo bisogno di arginarla. Eppure basterebbe poco per trasformarlo in un vero parco e i cittadini potrebbero collaborare, traendo enorme gratificazione da questo lavoro, senza ulteriori aggravi per l’amministrazione pubblica, imparando a comprendere l’importanza della biodiversità. È tempo di riappropriarsi degli spazi pubblici e di prendersene cura, di renderli più verdi e piacevoli. Sembra quasi che abbiamo timore di trarre piacere da qualcosa, quando la sensualità della natura bussa alla nostra mente ci ritraiamo, come se avessimo paura di compiere un peccato cedendo alla tentazione. Ma la sensualità della natura è terapeutica. Si tratta di una terapia benefica per chi la segue oggi e per chi ne fruirà domani.

Massimiliano Capalbo

 

Si avvicina il giorno in cui si formula l’augurio più ipocrita dell’anno: il 1 gennaio. “Speriamo sia un anno migliore“, a mio avviso, è l’augurio più falso che si possa esprimere, perché l’esserlo (migliore) dipenderà da ciò che ciascuno di noi ha compiuto fino ad oggi. Se non abbiamo seminato bene non possiamo attenderci nulla di buono, per cui non ha alcun senso attendersi niente di diverso da ciò che si è già ottenuto, se non di peggio. Avrebbe più senso, dunque, domandarsi cosa si è fatto per avere un anno migliore del precedente. Gli anni non sono perturbazioni atmosferiche imprevedibili che ci piovono addosso senza avere alcuna responsabilità e senza riuscire a prevederne la portata. Il futuro è già qui, nel presente, non c’è bisogno di una sfera magica per conoscerlo. Non si tratta di essere ottimisti o pessimisti ma realisti, cioè di osservare la realtà senza pregiudizi, preconcetti, paraocchi, stereotipi, ideologie. Operazione complicatissima in un mondo sempre più chiuso e spaventato.
Nei prossimi anni assisteremo a: l’aggravarsi della siccità; l’aumento delle epidemie; l’incremento del dissestro idrogeologico; la crescita dei conflitti; l’aggravarsi della crisi energetica; il prosieguo del fenomeno migratorio dai paesi cosiddetti “più poveri” a quelli cosiddetti “più ricchi”; l’aumento di atteggiamenti dispotici e autoritari a discapito di quelli democratici; l’incremento dei controlli da parte degli stati sui cittadini; l’aumento delle malattie dovute a: cattivi stili di vita, pessima qualità del cibo e non ultimo ai “vaccini” anticovid; l’incremento della criminalità nelle istituzioni; l’aumento della pervasività delle nuove tecnologie nelle nostre vite e anche nel nostro corpo; l’incremento della violenza, dei suicidi e della depressione nella popolazione; l’aumento della manipolazione delle informazioni per il controllo dell’opinione pubblica. Tutto questo è semplicemente il frutto di quello che abbiamo seminato negli scorsi due secoli e adesso vediamo che la foresta, costituita da questi problemi, diventa sempre più grande. Non può essere diversamente, stiamo raccogliendo quello che abbiamo seminato.
Quello che può cambiare e che non è prevedibile, invece, è come reagiremo a tutto questo. Assisteremo certamente ad un cambio negli stili di vita da parte degli individui più consapevoli, atteggiamento in atto da tempo che continuerà a crescere, ma non possiamo sapere quanto questo possa incidere sul breve periodo e in che modo sui processi globali. Senza contare l’imprevedibile, ovvero il granello di polvere che finisce sempre per insinuarsi nell’ingranaggio principale fino a bloccarlo e a scompigliare le carte, che è sempre la cosa più interessante. L’unica certezza è che se decideremo di affidarci alle istituzioni delegando loro la risoluzione di questi problemi, come abbiamo fatto fino ad oggi, non potranno che aggravarsi. Non c’è nessuno che può salvarci, infatti, se non noi stessi, attraverso scelte (eresie) di vita personali e collettive fuori dagli schemi dominanti.
Pur non negando l’esistenza degli déi, Epicuro predicava che le persone devono assicurarsi il benessere e la felicità mediante i propri sforzi fisici e intellettuali, senza aspettarsi nulla di bene o di male dalla divinità. Ogni individuo è un soggetto in continua evoluzione che può fare della sua vita qualcosa di incredibile nella misura in cui collabora con i propri simili per realizzarne una piacevole e serena. Secondo il filosofo di Samo, sono i singoli a doversi assumere in prima persona il compito della propria felicità, supportati dalla compagnia dei propri simili che già godono della felicità e sono disposti a dar loro una mano senza chiedere nulla in cambio. La felicità dell’individuo non coincide necessariamente con l’interesse politico dello Stato, né i problemi etici trovano giustificazione nel bene comune o nelle questioni politiche: essi richiamano piuttosto ciascuno a uno sforzo personale. Il primo passo verso la felicità consiste nel crescere nella conoscenza di se stessi, per poi imparare a vivere in compagnia degli altri.
E’ l’obiettivo che mi sono posto inaugurando il primo Giardino Epicureo in Italia. Uno spazio di ben-essere e di felicità dove la vita ha senso, nato per sperimentare la possibilità di un’autonomia (autàrkeia) interiore come metodo per trovare il proprio cammino personale verso la felicità. Per ottenerla occorre conquistare una certa libertà e indipendenza, liberarsi dal carcere degli affari e della politica e abbracciare una vita del tutto immune dalla smania di ottenere l’approvazione e il consenso altrui. Il Giardino Epicureo è il mio contributo concreto al miglioramento degli anni a venire in Calabria e non solo, se saranno più felici è perché sono stati preparati prima. E’ per questo che, forte di questa consapevolezza, posso affermare senza alcun ottimismo o pessimismo che il prossimo sarà un anno migliore del precedente.

Massimiliano Capalbo