Ci vogliono le competenze!” Così ha risposto un’amica ad un commento del sottoscritto, pubblicato su Fb, che recitava come segue: “Quando avrete finito di postare foto di incendi voglio vedere quanti di voi posteranno foto di alberi piantati“, evidenziando il vero problema che impedisce alla maggior parte di noi di incidere nella realtà in cui viviamo. Ci hanno convinto che per agire nella vita occorrano le “competenze” e aspettiamo che siano “gli enti preposti” a farlo. La frammentazione dei saperi e delle competenze ha generato e continua a generare i disastri che ci circondano. Mai bugia ha fatto così tanti danni, figlia dello scientismo, le cui radici affondano nel pensiero cartesiano, artefice della separazione tra pensiero e materia. Abbiamo permesso che ci sottraessero il controllo della nostra vita e adesso ci tocca solo metterci in fila e attendere il nostro turno come soldatini perché “gli esperti” ci inoculino la soluzione del momento.
Il paradigma scientifico ci ha abituati a frammentare il mondo per capire come funziona. Questo ha fatto sì che l’indagatore fosse separato dall’oggetto dell’indagine, favorendo un atteggiamento distaccato verso quanto accade attorno a noi. E’ questa separazione che consente alla maggior parte dei calabresi di trascorrere le proprie giornate al mare, incuranti di quanto accade attorno a sé. Ci consideriamo altro rispetto a quei boschi, perché non sappiamo che tutto è Uno. Quando in autunno cominceranno a scarseggiare i prodotti agricoli o quando le alluvioni ci trascineranno a mare, allora forse cominceremo a capire, ma non sono così sicuro. Ce la prenderemo con qualcun altro lo stesso, ma non con noi stessi.
Le istituzioni che abbiamo creato sono un ottimo alibi a tal fine, un ottimo capro espiatorio, sul quale riversare tutte le responsabilità e i doveri. Al contrario di ciò che continua a pensare la maggior parte della gente la soluzione non può venire da queste, da queste possono venire solo problemi. Leggo commenti insensati come proporre di destinare i soldi del pnnr all’acquisto di canadair o aumentare le assunzioni di forestali, che è un pò come se invece di sistemare i depuratori investissimo per curare chi si prende un’infezione. Queste proposte possono venire solo da dissociati, da persone che hanno perso il contatto con la realtà e vivono lontano dal problema, che sono prodighe di consigli per gli altri, perché a loro il problema non li tange e sono alla ricerca della soluzione più rapida per rimuoverlo velocemente. La ricerca di scorciatoie per raggiungere la soluzione non riguarda solo i vaccini, come vedete, si può applicare a tutto lo scibile umano.
Abbiamo dato fiducia e continuiamo a dare fiducia a pifferai magici che hanno utilizzato i nostri problemi per fare carriera. Gli abbiamo affidato la nostra salute e ci siamo trovati agli arresti domiciliari; gli abbiamo affidato i nostri figli e ci siamo trovati degli ignoranti; gli abbiamo affidato i nostri boschi e sono stati ridotti in cenere; gli abbiamo affidato il mare ed è diventato una cloaca; gli abbiamo affidato i nostri talenti e ci siamo ritrovati disoccupati. Mi raccomando, in autunno torniamo ad af-fidarci a loro se vogliamo accelerare il processo di estinzione in corso, continuiamo a perdere tempo seguendoli nelle loro campagne elettorali. Ci parleranno dei boschi e degli incendi, certo, perché gli algoritmi che usano per decidere di cosa parlare, hanno registrato un aumento di interesse su questi temi, soprattutto nelle ultime settimane, adegueranno i loro contenuti ai vostri desideri come ha sempre fatto il marketing.
E’ finito il tempo degli “enti preposti” e delle “competenze”, sta per cominciare quello degli ecosistemi e della sapienza, ritorniamo a riappropriarci del territorio, dei saperi e della saggezza dei nostri avi che sono molto più semplici e naturali di quello che pensiamo. Condividiamo le informazioni invece di tenercele per noi, cominciamo a dare fiducia al vicino di casa invece che al partitico o alla multinazionale, riprendiamo a coltivare il territorio, scambiamoci valori invece di affidarci esclusivamente al denaro. Altrimenti continueremo a perdere, a uscire sconfitti. Occorre decidere cosa essere nella vita, se attori o spettatori, protagonisti o comparse. E occorre farlo adesso, subito. Il futuro si prepara nel presente e non lo vedremo se attendiamo che lo prepari qualcun altro al posto nostro.

Massimiliano Capalbo

Quante lacrime di coccodrillo, quanti commenti preoccupati, quante imprecazioni si susseguono in queste settimane di caldo record e di incendi che stanno devastando i nostri territori e non solo. C’è chi se la prende con le istituzioni, chi con i vigili del fuoco, chi con la ‘ndrangheta, chi con i piromani, chi con le cattive abitudini. Sono tanti i capri espiatori di cui, come sempre, andiamo alla ricerca per allontanare da noi le responsabilità. Mai nessuno che se la prenda con l’unico vero responsabile di tutto ciò: se stesso. Da molti anni (l’annus horribilis in Calabria è stato il 2017, 8000 incendi per un totale di 74.965 ettari, praticamente come se fosse andato in fumo l’intero Parco della Sila) non stiamo facendo altro che raccogliere il risultato delle nostre scelte scellerate. La maggior parte di noi ha scelto di vivere in città, nelle grandi metropoli, meglio ancora se lontane dalla Calabria, abbandonando terreni e proprietà che un tempo invece venivano vissuti, coltivati e manutentati, e adesso si stupisce che il risultato finale siano gli incendi o le frane in caso di alluvioni. Dopo questo grande caldo arriveranno e trascineranno a valle tutto, completando l’opera e facendo giustizia della nostra incuria e del nostro disinteresse. Ci siamo vergognati di essere considerati dei contadini, i nostri genitori e i nonni hanno lavorato per allontanarci dalla terra, sono andati dietro le sirene del progresso per farci studiare e farci diventare ingegneri, avvocati, medici, architetti e adesso ci stupiamo se le nostre montagne e le nostre campagne vanno in fumo. La maggior parte dei figli di quelli che si lamentano degli incendi sono emigrati, hanno contribuito allo spopolamento e alla desertificazione del territorio, hanno creato le condizioni perché ciò avvenisse e adesso gridano attraverso i social. Fate un esperimento, se non mi credete, andate al catasto a chiedere le visure catastali di alcuni terreni sparsi nelle campagne calabresi e vi accorgerete che sono abbandonati da decenni, che gli eredi sono un’infinità, che pur di non permettere ad altri di poterli coltivare hanno preferito lasciarli incolti e improduttivi. I nodi stanno venendo al pettine.
Quello che sta accadendo in questa rovente estate del 2021 non è nulla in confronto a quello che ci attende nei prossimi anni, è solo un’anticipazione. Che noi umani ci estingueremo è ormai una certezza, quello che non sappiamo è quando, se si tratterà di decenni o di secoli. Ma quello che mi preoccupa non sarà l’estinzione, ne sono accadute tante nel corso della storia della Terra, questa sarebbe solo una delle tante e probabilmente anche quella più salutare per il pianeta. Quello che mi preoccupa è la qualità della vita che saremo costretti a vivere da qui all’estinzione. Saranno decenni molto difficili i prossimi, caratterizzati da siccità, incendi, carestie, epidemie, guerre. Anche se non ne siamo consapevoli su questo pianeta tutto è connesso, è collegato, ciò che accade in un territorio avrà ripercussioni su un altro, è solo questione di tempo.  Noi invece abbiamo la vista e la memoria corte. A molti la questione ambientale appare un tema emergente negli ultimi anni ma è da almeno due secoli che quelli più consapevoli lanciano allarmi che restano puntualmente inascoltati. Ci accorgeremo del problema idrico quando non uscirà più acqua dal rubinetto (due sindaci calabresi in questi giorni si sono scontrati per questo), di quello alimentare quando i prodotti non compariranno più sugli scaffali del supermercato, di quello energetico quando la benzina non uscirà più dalla pompa del distributore e così via. Noi umani non sappiamo prevedere nulla, sappiamo soltanto reagire a quello che accade e le reazioni, nella storia dell’umanità, hanno creato solo morti e sofferenze. Ed è quello che ci attende. Chi può cominci ad abbandonare le città, a coltivare la terra, a raccogliere l’acqua piovana, a produrre energia in autonomia e lo faccia subito, non c’è più tempo. Lo faccia in rete, assieme ad altri. Meno chiacchiere sui social e meno tempo trascorso davanti alla tv. Usciamo dalla virtualità. Occorre tornare alla realtà altrimenti sarà la realtà a irrompere nelle nostre vite finte, con tutta la verità di cui è portatrice. L’errore più grande che possiamo continuare a fare è delegare la nostra vita ad altri, è credere che ci saranno delle istituzioni che ci tuteleranno e penseranno al nostro benessere. Quello che è accaduto col Covid dovrebbe aver insegnato qualcosa e dovrebbe accendere un campanello d’allarme in tutte le persone intelligenti. Non c’è più tempo. Non dite che non vi avevo avvisato.

Massimiliano Capalbo

Il 25 settembre del 2012, mentre perlustravo il territorio tra Cariati e Scala Coeli, alla ricerca di contenuti per la redazione di una guida turistica per il GAL Sila Greca di Mirto Crosia, mi imbattei in una strana formazione rocciosa immersa nella macchia mediterranea del posto. Rimasi colpito dalla sagoma, molto simile al profilo di un dinosauro, con tanto di occhio e bocca. Sembra sonnecchiare e giocare a nascondino con chi, passando di lì, non riesce a notarlo. Tenni per me quella suggestione, così come tante altre che in questi ultimi 20 anni ho percepito perlustrando in lungo e in largo la Calabria (su 403 comuni ne ho visitati 235, non so quanti politici che si candidano per governarla possono dire di conoscerla come il sottoscritto), per una ragione principale: sapevo che i pochi residenti rimasti non erano pronti a riconoscerla e trasformarla in valore. I social network non erano ancora diventati lo strumento principale di scoperta e di influenza che sono oggi, lo storytelling da realizzare avrebbe richiesto enormi sforzi ed era molto probabile che sarebbero stati fatti invano. Rimasi colpito anche dal borgo di Scala Coeli, una piccola Matera che, a differenza della ben più nota località turistica lucana, preferiva riempire le sue grotte di spazzatura invece che di turisti. Senza contare i ritrovamenti archeologici e la natura rigogliosa che la circondano.
Il grande problema dei calabresi è sempre stato la cecità da cui sono affetti, causata da decenni di assistenzialismo e di narrazioni svianti, che ha sempre impedito loro di vedere le ricchezze che li circondano, di prendere in mano la propria vita e determinare il proprio destino.
A distanza di quasi 10 anni da quel giorno mi capita di leggere un post su Fb di Nicola Abruzzese, un amico che vive in quel territorio e che ha deciso di esplorarlo per conoscerlo e di difenderlo dalla realizzazione di una discarica (Nicola sa che non si può difendere quello che non si conosce), con lo stesso spirito che ha mosso e contraddistinto altri eretici calabresi in questi anni. Nel post annunciava la scoperta di un elefante, o meglio di una montagna a forma di elefante nel suo comune, con tanto di foto. Non ho esitato a inviargli le foto del dinosauro che lui non conosceva e che adesso gli consente di poter immaginare il territorio di Scala Coeli come un parco di giganti naturali, di sculture naturali che potrebbero rappresentare, assieme a tutte le altre attrattive presenti, un’occasione di sviluppo turistico sostenibile.
Nessun territorio può svilupparsi se non c’è un custode, un appassionato, un vedente e un credente, una persona che ha gli occhi per vedere e la forza di credere non solo in quello che c’è già ma anche in quello che potrebbe esserci domani. Io non so se la comunità di Scala Coeli a distanza di 10 anni sia cambiata, ma certamente oggi ha un leader a cui far riferimento che ha deciso di assumersi la responsabilità di cambiare la narrazione di quel territorio e di conseguenza anche il suo destino. Nicola è già un politico, non ha bisogno di candidarsi per diventarlo come molti erroneamente pensano. Perché i politici sono quelli che governano il territorio attraverso la conoscenza, la sapienza e la passione. Deve semplicemente proseguire ad esercitare la sua influenza, il suo potere politico, che deriva principalmente dalla sua capacità di vedere prima degli altri, di raccontare, di ascoltare e di creare sinergie e collaborazioni. E’ così che Scala Coeli può guardare al suo futuro con più fiducia e ottimismo, grazie (e assieme) a Nicola, che è andato a trovare il dinosauro e che adesso sembra dire: “ce ne avete messo a trovarmi!”.

Massimiliano Capalbo