Io sono un ragazzo vaccinato ma non riuscirei mai ad andare a lavorare e star tranquillo sapendo che i miei fratelli, che hanno lavorato per due anni di fila in condizioni di mezzi e aree comuni non sanificate, adesso stiano a casa e io tranquillamente a lavorare. Come è possibile che noi come lavoratori dobbiamo prenderci una responsabilità tale? Dov’è finito lo Stato?” Sono le parole di uno dei rappresentanti dei portuali di Trieste intervistato ieri sera nel corso della trasmissione “Non è l’arena” su La7.
Non è un costituzionalista a parlare, non è l’esponente di un partito, è un portuale, l’esponente di una professione considerata dalla maggior parte di noi di basso livello. Quale genitore ambirebbe a far diventare il figlio un portuale in Italia? Nessuno. Ci hanno sempre raccontato che nella vita bisogna studiare per essere capace di ribellarsi al potere ed esercitare i propri diritti. Eppure, mentre pronunciava quelle sacrosante parole le telecamere del programma indugiavano sui visi di giornalisti, politici, avvocati, zittiti da tanta incontestabile verità. Perché la verità non ha niente a che fare con la cultura e quando emerge impone il silenzio. Parole di solidarietà, di unità, di fratellanza, che una nazione che vuole essere considerata credibile ed essere rispettata nel mondo dovrebbe ripetersi più spesso. Parole che una nazione che vuole ripartire veramente, anche dal punto di vista economico, dovrebbe scolpire sulla pietra. Non è un caso che l’opinione dell’ambasciatore americano a Roma, Mel Sembler, riportata in un cablo del 12 maggio 2003 da Wikileaks, fosse la seguente: “Pur riconoscendo che l’Italia può apparire un posto arcano e bizantino fino alla frustrazione, siamo convinti che è un posto eccellente per fare i nostri affari politici e militari“. Una nazione che non ha rispetto per i propri cittadini non può pretenderlo dagli altri.
Nel perverso meccanismo messo in piedi dal governo, volto a mettere gli uni contro gli altri, si insinua l’ennesimo granello di polvere, un grosso granello questa volta. Dopo la vice-questore di Roma è la volta dei portuali di Trieste che hanno rifiutato il compromesso proposto dal governo (tamponi gratuiti per loro) per un ideale più grande, di solidarietà nazionale. Perché il governo degli economisti non può fare altro che usare l’unica arma che ha, il denaro, per comprare l’appoggio di chi osa mettersi di traverso. Lo ha fatto con i media e credeva di poterlo fare anche con i portuali, si sbagliava. La dignità non si compra. Chi lavora duramente conosce il prezzo della libertà ed è disposto a pagarlo. Per farlo, occorre avere di default un potere contrattuale, ovviamente, e i portuali di Trieste ce l’hanno, ma poi occorrono le palle per mettersi di traverso e il coraggio per portare avanti la battaglia restando uniti. In questo momento quella parte del Paese che ancora ragiona e che non ha venduto l’anima al miglior offerente è con loro, guarda a loro con speranza e fiducia. Ma ciascuno di noi può fare qualcosa, può contribuire fattivamente e costringere il governo ad arrendersi senza bisogno di muoversi da casa. Abbiamo un potere, che è il potere d’acquisto, e che non è dato dalla quantità di merci che siamo in grado di acquistare, come ci hanno sempre fatto credere, ma dall’uso sapiente del denaro come mezzo per influenzare numerosi meccanismi. Il sistema nel quale viviamo è basato sul denaro ed è con questa stessa arma che possiamo rivoltarci contro quei provvedimenti che violano le libertà individuali (come il green pass) e che nulla hanno a che fare con la tutela della salute collettiva. Senza di noi il sistema si blocca perché qualsiasi sistema, per funzionare, necessita di interagire con altre componenti che si trovano al suo interno o all’esterno.
Dal giorno dell’istituzione del green pass ho declinato tutti gli inviti a eventi e iniziative che lo richiedessero. Avrei potuto fare un tampone e bypassare il mio problema personale, non l’ho fatto. Dal 15 ottobre faccio mia una proposta di Michele Giovagnoli arricchendola di un elemento suggeritomi da un’amica Stefania Zerella. La mia protesta compirà un salto di qualità, i miei acquisti si limiteranno ai beni di prima necessità, tutto il superfluo non verrà preso in considerazione. La durata e l’efficacia di questa forma di protesta pacifica e non violenta dipenderà dal numero di persone che sceglieranno di attuarla. Più saremo, meno durerà. Grosse fette della popolazione possono mettere in ginocchio un intero Paese in pochi giorni. Il potere che abbiamo è enorme, sta a noi scegliere come utilizzarlo. Anche se saremo in pochi avremo comunque inviato un segnale forte, oltre che risparmiato soldi e ridotto la quantità di rifiuti in circolazione. Non si tratta solo di una protesta momentanea, potrebbe diventare un modo di agire più consapevole che col tempo acquisterà una sua strutturazione e condurci a modificare col tempo e sostanzialmente il nostro modo di vivere. Perché la vita che conducevamo prima del Covid non era la normalità e a quella vita non si può tornare. Si tratta di un’occasione, quindi, e non di una rinuncia, per evolvere. Questa, assieme a tante altre forme di protesta che stanno montando nel Paese, non potrà che determinare un cambiamento. Il processo è in moto, non si può arrestare.

Massimiliano Capalbo

Il Santo Graal è arrivato. Ieri, scortate dai Carabinieri e a favore di telecamera, sono state consegnate le prime dosi del tanto atteso vaccino allo Spallanzani di Roma. Il sacerdote Arcuri, ordinato dal governo ministro della pandemia da molti mesi, ha officiato il rito imponendo le sue mani sull’involucro non appena è stato scaricato dal furgone. Ieri, volendo restare volutamente sulla superficie dell’informazione, ho commentato sulla mia pagina Fb “ma questo è il vaccino che deve stare a -80 gradi?” sinceramente mi aspettavo comparisse in mezzo ad una nube di vapori per effetto dell’escursione termica visto che nei mesi scorsi il tam tam giornalistico ci aveva fatto credere che il suo trasporto e il suo stoccaggio sarebbero stati molto delicati. Mi sarei aspettato una scenografia all’altezza delle aspettative e invece…
In realtà, sarebbe bastato grattare un pò la superficie dell’informazione, per scoprire che il vaccino di Pfizer può circolare a temperatura ambiente anche per mezza giornata e che può essere stoccato a più miti temperature per alcuni giorni (per il vaccino di Moderna anche un mese). Ma quanti di noi si sono presi la briga di controllare, di scavare questa superficie?
E’ proprio su questo che si gioca la campagna promozionale, finanziata dal governo e diffusa attraverso i media, per convincere la maggioranza della popolazione a vaccinarsi. Sul fatto che la maggioranza di chi deve scegliere o non scegliere di sottoporsi alla vaccinazione non andrà a scavare, ad informarsi presso fonti indipendenti e autorevoli, non farà lo sforzo. Una società come la nostra, abituata a prendere le scorciatoie per gli aspetti più banali non si comporterà diversamente per quelli più complessi, perché non è allenata a farlo, la sua mente preferisce accontentarsi della versione ufficiale, scavare richiede sforzo e sacrificio allo stesso modo per cui usare un sistema operativo proprietario è più comodo di uno open source. Si tratta di scegliere o la libertà o la comodità e la maggior parte delle persone non ha difficoltà a scegliere la seconda.
Un pò come avviene in campagna elettorale, l’esito di questa vicenda dipenderà dalla capacità manipolatoria di chi governa il processo attraverso tecniche di comunicazione e di distorsione della realtà. Dopo mesi di proclami di efficacia del vaccino oltre il 90% scopriamo che dopo la terza fase di sperimentazione “secondo l’analisi di Lancet, nei partecipanti che hanno ricevuto due dosi standard del vaccino l’efficacia è stata del 62,1% mentre nei partecipanti che hanno ricevuto una dose bassa seguita da una dose standard, l’efficacia è aumentata al 90%. Lo studio conferma dunque che il vaccino ha efficacia media del 70%.
Una delle caratteristiche degli Umani è quella di possedere una razionalità limitata, come ci confermano Richard Thaler e Cass Sunstein nel loro libro “Nudge, la spinta gentile”.Quando le cose si fanno complicate gli Umani possono trovarsi in difficoltà” e siccome il mondo sta diventando sempre più complesso e la maggior parte di noi ha l’illusione della conoscenza (come scrissi un pò di tempo fa citando un altro interessante libro) per essere consapevoli delle scelte che si fanno occorrono due cose: o molta forza di volontà per mettersi a studiare, a informarsi, a comprendere oppure essere sicuri di potersi fidare di un governo, di una istituzione, di un leader, di un rappresentante. Siccome la nostra società deficita da un lato di persone capaci di sacrificarsi e dall’altro di istituzioni trasparenti e oneste, il risultato finale è lo diffidenza generale e la crescita esponenziale del numero di complottisti o negazionisti. Così come tra le cause principali del disastro dei mutui subprime (origine della crisi economica del 2008-2009) ci fu il fatto che moltissimi mutuari non avevano compreso a fondo le condizioni del proprio mutuo, chi si sottopone al vaccino fidandosi di quello che sostiene un qualsiasi professionista (oggi si tratta di un medico ieri si trattava di un consulente finanziario) si sta affidando mani e piedi non alla scienza ma ai meccanismi economici che ne governano scelte, tempi e modi. Il modulo di consenso informato che viene fatto firmare a chi si sottopone alla vaccinazione non è molto diverso (nella ratio) al modulo che hanno firmato quelli che hanno acceso i vantaggiosi mutui. Serve ad allontanare da sé le responsabilità. “Le industrie hanno premuto su agenzie e governi (e viceversa aggiungo io) affinché si accelerassero i tempi per le autorizzazioni e avere facilitazioni per la produzione, ma la produzione fatta secondo le buone pratiche di fabbricazione (GMP) costa, le materie prime di alta qualità costano, i controlli di qualità sul prodotto costano e più dosi si producono più è difficile garantire la qualità di un prodotto farmaceutico” si legge sull’e-book Corvelva: “Covid-19 il vaccino che verrà” che nessuno si prende la briga di leggere, perché costa fatica. “L’ente regolatorio per il farmaco dell’Unione europea, la European Medicine Agency (Ema) ha dato il suo parere positivo per la commercializzazione condizionale (ovvero dettata dallo stato di emergenza in atto) del vaccino contro il coronavirus messo a punto da Pfizer-BioNTech. Parere positivo che, con tutta probabilità, sarà confermato nelle prossime settimane anche per altri due candidati vaccini, quello di Moderna, atteso per il 6 gennaio, e quello di Astra-Zeneca.“.
Aver caricato questo vaccino di così tante aspettative, lo rende un potenziale boomerang. A livello psicologico la maggior parte delle persone è stata convinta a credere che ormai la sconfitta del virus è una questione di mesi e che, una volta sottoposti a vaccino, si potrà tornare ad una vita “normale” (concetto sul quale ci sarebbe molto da discutere). Si sta creando una grande illusione di massa che, se svanirà, potrà generare reazioni imprevedibili. E’ noto da tempo, invece, che “i virus della SARS sono agenti infettivi caratterizzati da una instabilità genetica che determina la comparsa di un’ampia popolazione di mutanti molto simili tra loro, che competono nel corso dell’epidemia e si modificano già nell’organismo del contagiato… all’aumentare della copertura vaccinale aumenta più rapidamente la spinta selettiva delle popolazioni mutanti verso forme più resistenti ai vaccini stessi, rendendo inutile la vaccinazione e, aumentando la selezione di mutanti addirittura più patogenici.Con questo virus e con molti altri che ancora non sono stati scoperti e che circolano per il pianeta a causa dell’alterazione della biodiversità che abbiamo prodotto e continuiamo a produrre, occorrerà convivere per molti anni ancora e forse per sempre se non ci decidiamo a modificare il nostro modo di stare al mondo. Toglietevi dalla testa che potremo tornare a vivere come prima, occorrerà semmai immaginare nuove forme di convivenza e diverse modalità di gestione delle emergenze. Non certo quelle che abbiamo visto in questi mesi.
I positivisti ribatteranno che questo vaccino è diverso dai precedenti perché l’approccio scientifico è completamente inedito, si tratta di una novità assoluta, così nuova che non è mai stata utilizzata in un vaccino per l’uomo. E questo dovrebbe tranquillizzarci? Nel caso dei vaccini di Pfizer-Biontech e Moderna si tratta, infatti, di un meccanismo di funzionamento a mRna (non entro nel merito del funzionamento perché non è il tema di questo articolo, sfruttate l’assist per informarvi autonomamente) basato su nuove tecniche di ingegneria genetica che erano già in corso di sviluppo per la ricerca di cure contro il cancro e le malattie genetiche e che dopo l’emergenza Covid sono state adattate per l’occasione (economica soprattutto). Chi decide in quale direzione deve andare questa ricerca e quali “ingredienti” possono essere usati per la produzione di questi vaccini? Il polietilenglicole (PEG), ad esempio, mai utilizzato prima d’ora in un vaccino (ma in farmaci e prodotti di cosmesi) è un derivato di sintesi del petrolio e un inquinante dell’ambiente. Sarà un caso il fatto che abbia generato reazioni allergiche in alcune persone sottoposte a vaccino nei giorni scorsi?
Se esistessero delle istituzioni veramente terze e trasparenti potremmo fidarci delle loro garanzie ma le inchieste giornalistiche ci hanno abituato da decenni a scoprire che chi doveva controllare era d’accordo col controllato. E’ tutto poco plausibile.
Per la prima volta nella storia dell’umanità chi governa ha messo in piedi risorse, mezzi, uomini e normative per occuparsi della salute di chi è governato. Basterebbe questo per insospettirsi, non vi pare?

Massimiliano Capalbo

In tempi di elemosine istituzionali e sovvenzioni europee senza fondo (ci voleva la scusa del Covid-19 per continuare ad arraffare), succede che in un piccolo comune della Calabria, notoriamente terra considerata svantaggiata e dunque meritoria di aiuti speciali, un avvocato, ambientalista, scrittore, cercatore di luoghi perduti ma, in fondo, un cittadino come tutti gli altri, decida di donare cinquanta sedie, fatte costruire appositamente da un artigiano locale, ad un comune, precisamente quello di Carlopoli, in provincia di Catanzaro.
Si avete letto bene, un cittadino calabrese ha messo le mani nelle proprie tasche e ha deciso di spendere soldi propri per donare qualcosa ad un comune. Eh, lo so che state rileggendo la frase appena letta per comprendere se c’è un errore o se avete letto male. E’ tutto vero. No, non ha sbattuto la testa, non è impazzito, lo conosco personalmente e vi posso assicurare che è perfettamente sano di mente. Ma non sono solo io a conoscerlo Francesco Bevilacqua. Non c’è calabrese amante della propria terra che non abbia letto un suo libro, che non abbia percorso un sentiero già percorso da lui. Si, perchè Francesco è una delle risorse storiche di questo territorio, uno degli ultimi guerrieri rimasti sul campo di battaglia al termine di un epoca, che ha visto la categoria degli ambientalisti uscire sconfitta da una serie di guerre combattute, a mio avviso, con il metodo sbagliato. Francesco, invece, ha saputo evolversi e affrancarsi da un’etichetta che ha sempre visto gli appartenenti alla categoria degli ambientalisti come dei rompiballe pronti a dire no a tutto. E’ una persona aperta al dialogo e al confronto, divoratore di libri e curioso intellettuale. Non poteva dunque che crescere umanamente e culturalmente e approdare a quello che è diventato oggi: un Virgilio della natura, in grado di accompagnare chiunque nelle selve oscure della Calabria e renderle più chiare e intellegibili. Il Festival delle Erranze e della Filoxenia, che ha ideato lo scorso anno, giunto alla seconda edizione, e che coinvolge i comuni del Reventino, ne è un esempio.
Sabato 8 agosto la consegna delle cinquanta sedie, che sono state utilizzate per arredare la biblioteca comunale, realizzate dalla falegnameria artigianale di Pino Paletta di Serrastretta, è stata ufficializzata con un’iniziativa culturale rientrante nell’ambito del Festival delle Erranze e della Filoxenia, con l’auspicio che potranno servire anche per gli eventi culturali e artistici che in questi anni hanno cominciato ad animare la meravigliosa abbazia di Corazzo.
Ed è proprio a Corazzo che a Francesco è venuta l’idea della donazione, spinta dall’affetto per il luogo, dalla constatazione che utilizzavano delle sedie di plastica per gli eventi e dalla sorpresa nel vedere il sindaco Mario Talarico e il vice sindaco Raffaele Arcuri tagliare l’erba negli spazi antistanti l’abbazia.
Un gesto, dunque, che incentiva l’economia locale, che dota il Comune (che è o dovrebbe essere la casa di tutti) di arredi utili ma, soprattutto, che conferma il cittadino Bevilacqua nel suo ruolo di istituzione del comprensorio del Reventino. Le uniche sedie alle quali ci auguriamo qualcuno possa attaccarsi sono queste.
Conosco già le obiezioni a questo articolo, se ha donato cinquanta sedie sicuramente se lo poteva permettere, starete pensando. Certo, ma se avesse ragionato come ragiona la maggior parte dei calabresi, avrebbe potuto farsi una bella vacanza con quei soldi, non credete? E poi, per farsi istituzione, non c’è bisogno di mettere le mani in tasca o di avere un gruzzolo da parte. E’ sufficiente cominciare a prendersi cura del territorio, dedicare del tempo (invece che dei soldi) e della manodopera alla comunità, piantare alberi, sistemare ciò che è rotto o fatiscente, organizzare iniziative, rendere fruibile ciò che non lo è, esprimere solidarietà concreta nei confronti dei più bisognosi, sono tantissime le cose che si possono fare in una comunità a costo zero. Ai più vagabondi o ai più tirchi non si chiederebbe altro che evitare di lasciare rifiuti per strada, per esempio, oppure fare il proprio dovere, non contribuire ad accrescere il degrado sociale e culturale, non campare di sovvenzioni pubbliche, non arraffare appena se ne presenta l’occasione, anche perché la maggior parte dei problemi di una comunità sono generati dai suoi membri e non da altri.
Il gesto eretico di Francesco chiama tutti alle proprie responsabilità di cittadini, mostra attraverso l’esempio che la cittadinanza non è un pezzo di carta da ritirare presso gli uffici del comune ma un merito da conquistare giorno dopo giorno e che le istituzioni siamo noi quando decidiamo di pre-occuparci del ben-essere del nostro territorio.

Massimiliano Capalbo