Non lasciatevi trarre in inganno dalla foto, quest’articolo non è dedicato al calcio ma trae spunto dalla figuraccia mondiale della nostra nazionale per mettere in evidenza qualche parallelismo tra la nostra squadra di calcio e il resto del Paese. Quello messo in campo in Sudafrica, infatti, è stato il nostro schema nazionale o, per meglio dire, la nostra incapacità di elaborarne uno.
Mai così simile al Paese la nazionale di calcio ha messo in evidenza, nelle tre partite mondiali, i difetti di un’intera nazione. Innanzitutto l’assenza di uno schema di gioco. In ogni squadra che si rispetti, sia essa di calcio sia di governo, bisogna sapere dove si vuole andare, bisogna avere una visione di gioco. Il nostro Paese in questo momento naviga a vista. In piena crisi economica cerca di buttare la palla in avanti alla ricerca del gol, con lanci lunghi molto simili a quelli dei nostri calciatori, ma senza avere una buona mira e soprattutto senza sapere su chi contare per farlo. Il governo cerca, con tagli drastici, di tamponare le falle di una barca che sta affondando, incapace di prevedere l’arrivo delle tempeste.
Altro elemento è rappresentato dall’assenza di leadership. Nessuna squadra può fare a meno di un leader e in questa nazionale è mancato il trascinatore, il perno, il punto di riferimento. Un problema che accomuna maggioranza e opposizione in Parlamento. L’assenza di una leadership nell’opposizione, ad esempio, rappresenta la migliore assicurazione sulla vita del governo Berlusconi, mentre nella maggioranza il Cavaliere assomiglia molto a Lippi. Essendo l’unico, nel suo schieramento, ad aver dimostrato di poter vincere le elezioni finora, non teme spodestamenti, e questo oltre a frenare il ricambio generazionale mantiene il Paese in una situazione di stallo perenne, in attesa del fallimento o dell’evento-shock, in grado di scuoterci dall’attuale stato di immobilismo.
Si è preferito, dunque, l’appiattimento alla creatività. L’ubbidienza di un collettivo alla “disubbidienza” dei singoli. E’ mancato il Baggio, il Del Piero, il Cassano di turno, capace di sparigliare le carte e con un guizzo illuminare le notti africane e riaccendere le speranze dei tifosi.
L’ubbidienza del collettivo non ha coinciso con l’unità del collettivo al quale è mancata la passione e la tenacia, quelle stesse che stentano a manifestarsi quotidianamente nell’intera nazione. Se tutto l’equipaggio non rema nella stessa direzione, infatti, la barca rischia di girare su se stessa, ed è quello che sta facendo l’Italia da almeno quindici anni a questa parte. L’individualismo imperante ha un solo motto: si salvi chi può.
Infine, la ricerca della scorciatoia per passare il turno. Mentre la vittoria del 2006 ha cancellato questo difetto agli occhi dei tifosi, la disfatta di quest’anno lo ha evidenziato ancor di più. La continua ricerca del fallo per alterare gli equilibri in campo (far espellere un giocatore per esempio o ottenere un calcio di rigore) o la ricerca di alibi (l’arbitro contro, il gol in fuorigioco etc.) ed ottenere così un vantaggio rispetto all’avversario, ha storicamente caratterizzato gli incontri decisivi della nostra squadra di calcio. Non è così frequente, infatti, assistere ad una vittoria limpida della nostra Nazionale, senza patemi e sofferenze fino al novantesimo minuto, conquistata sul campo solo per la superiorità dei giocatori e dello schema di gioco. Alla stregua di ciò che fanno quotidianamente gli italiani quando ricorrono a tutti i mezzi leciti e illeciti per non pagare le tasse, per essere assistiti, per vincere un concorso e così via. E’ quello che hanno sempre fatto i governi (ad esempio con i condoni) concedendo i tempi supplementari o il recupero.
Dopo l’eliminazione dal Mondiale l’Italia rischia un’altra eliminazione, quella dall’euro zona. La differenza sta nel fatto che in questo caso non si tratterebbe più soltanto di un gioco.

Massimiliano Capalbo

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