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Serva Italia di dolore ostello

Ci risiamo! Non puoi distrarti un attimo, ed ecco che la politica torna a farsi predona e sfrontata. Non avevamo finito di gioire per la lezione di civiltà data dalla Corte Costituzionale che i politici son tornati a farsi beffe di noi.
Tutto ha inizio con la sentenza della Consulta n. 1/2014 che, come si ricorderà, aveva strapazzato il sistema elettorale meglio noto come “Porcellum”, fissando al contempo un doppio criterio: a) la necessità, in un sistema proporzionale, di accompagnare il premio di maggioranza con la fissazione di una soglia minima di consenso; b) la necessità di presidiare l’elezione delle Camere con l’attribuzione di un diritto di scelta all’elettore.
Macchè. E’ bastato un attimo ed ecco che i cattivi maestri son  tornati più forti che mai, incarnandosi nel volto innocente e volteriano (Candide) di Matteo Renzi.  Non mi ha affatto indignato il fatto che il buon Matteo sia andato a colloquio con l’eterno Silvio. Al netto delle condanne ricevute,  il Cavaliere è pur sempre il capo di una forza politica non infima. Saranno dunque  fatti dei forzisti e non nostri se si sono scelti un tale figuro? Il tema è un altro:  Renzino, con la faccina d’angelo che mamma gli ha  regalato, prima proclama la sua fedeltà alle indicazioni della Corte Costituzionale, purché venga fatto salvo il bipolarismo; quindi, con un colpo di teatro, decide di strafottersene della sentenza della Consulta, scegliendo due criteri costituzionalmente  inappropriati. Con il primo, decide di assegnare un premio di maggioranza del 18%, in presenza di un consenso minimo del 35%. Con il secondo conferma il sistema delle liste bloccate, contro cui si erano scagliati il 99,99% degli italiani e la Consulta. Un incubo!
Nessun dubbio che entrambe le scelte siano incostituzionali. Vediamo perché.
Prima questione, la soglia del 35%. La Corte ha bocciato il “Porcellum” perché, ha scritto, privo di una soglia ragionevole al premio di maggioranza, tale da  renderlo non distorsivo e sproporzionato rispetto  al consenso dato dal corpo elettorale. Dunque, la Corte non solo ha censurato la mancanza di un tetto minimo, ma ha precisato che  qualunque tetto  deve rispondere a criteri di proporzionalità ed adeguatezza. Bene, il limite del 35% è in linea con il ragionamento della Consulta? Ovviamente no! La Corte, ovviamente, non fissa un limite numerico (non potrebbe farlo), ma indica un metodo e dice che qualunque soglia non può risultare asimmetrica rispetto al consenso reale.  Ciò è maggiormente doveroso, ragiona la Corte, allorchè si prescelga il metodo proporzionale che, a differenza di quello maggioritario, tende ad esiti coerenti con i voti espressi. In conclusione, il premio deciso dalla banda Renzi (18% dei seggi) è oggettivamente  sproporzionato, dunque incostituzionale.
Seconda questione, le liste bloccate. Renzi, qui, si fa fastidiosamente leguleio e si attacca, come un paguro,  all’unica contorsione logica concessa dalla Corte. Dice il Giudice delle leggi che, in un sistema proporzionale, le liste bloccate sono (faticosamente) ipotizzabili purchè la circoscrizione di riferimento sia ridotta e, con essa, la lista di candidati. La Corte intende dire che, se proprio i politici sono posseduti da questa ossessione, perlomeno sia previsto un criterio che renda certa la conoscibilità degli eletti da parte degli elettori, attraverso la presentazione di short list.
L’astutissimo Renzo intuisce il bizantinismo in cui incappa la Corte e, come un perfetto predatore,  coglie l’occasione ed azzanna la preda. Conferma il “Porcellum” nel suo profilo più esecrabile (le liste bloccate) e manda un bacino (meglio, “bascione”, come direbbero a Firenze) alla Corte dicendo che, per ripagarla,  avrebbe dimezzato le circoscrizioni regionali: invece di una, due per regione. Ma l’inganno, come le bugie, ha le gambe corte. La Corte, è vero, è stata verbosa, tuttavia non ha abdicato, come il volteriano Renzi vuol far credere. Al contrario, ha precisato che, in un sistema proporzionale, l’unico modo per giustificare le liste bloccate è collegarle a circoscrizioni talmente ridotte da renderle quanto più prossime all’elettore. Insomma, la circoscrizione deve avere caratteri simili al collegio uninominale, dove il consenso è frutto di una precisa conoscenza dell’eletto da parte dell’elettore. Quindi, ben più drastica riduzione delle circoscrizioni elettorali e, in conseguenza, delle liste bloccate, pena l’inevitabile incostituzionalità della norma.
E tuttavia, questo è ozioso ed odioso tecnicismo, mentre la domanda è un’altra. Si vuol capire o no che gli Italiani vogliono, pretendono, ingiungono di scrivere nome e cognome del loro candidato sulla scheda? Si vuol capire o no che la Carta Costituzionale ha affidato agli elettori e non ai partiti l’elezione di Camera e Senato, attraverso il suffragio universale e diretto? Infine, si vuol intendere che, dall’esordio delle liste bloccate, la politica si è ridotta a vuota  e predatoria pantomima, mentre il profilo  della legittimazione sociale, culturale ed istituzionale della politica è del tutto sparito?
Chiudo, adombrando un ulteriore – e non meno straziante – rischio e cioè che, con questo obbrobrio proposto dalla banda Renzi & C., otterremo, quasi matematicamente, risultati differenziali tra Camera e Senato. Ciò per l’ineludibile motivo che non viene superato il vincolo derivante dalla Carta Costituzionale che vuole eletta su base nazionale la Camera e su base regionale il Senato. Insomma, ad onta del proclamato bipolarismo, avremo verosimilmente la riedizione delle “larghe intese”,  con le quali completare il processo di negazione di questo paese. “Ahi serva Italia, di dolore ostello, nave senza nocchiere in gran tempesta, non donna di province ma bordello”. Padre Dante, dove sei!

Domenico Sorace

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