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Ammirare il panorama col microscopio

Ieri mattina, nel corso della trasmissione radiofonica “Circo Massimo” andata in onda su Radio Capital, il giornalista Massimo Giannini ha intervistato Arnaldo Caruso, presidente della Società Italiana di Virologia, calabrese di Trenta (CS).
Ci saremmo aspettati – gli domanda Giannini – da cittadini ignari di tutto, almeno per quanto riguarda le competenze tecnico-scientifiche intorno ai temi del virus, che da parte della vostra comunità aveste fatto luce sulle nostre zone d’ombra. Invece, purtroppo, mai come in questa circostanza anche all’interno della vostra categoria, tra scienziati, ricercatori, professori universitari, ci sono state tante divisioni sull’interpretazione di questo virus. Da Burioni che diceva attenzione questo è un pericolo vero dobbiamo fronteggiarlo con tutte le energie e le misure possibili, alla ricercatrice del Sacco, la professoressa Gismondo, che dice: mi pare una follia, questa è poco più che un’influenza! Come stanno davvero le cose? Si può dire una parola chiara su questo?
Mi faccia intanto chiarire – risponde Caruso – che non tanti virologi sono stati interpellati dai media o nei vari tavoli di discussione. La categoria dei virologi in questo momento non siede al tavolo del governo e quindi non dà il suo apporto ad alcuna decisione. Ci sono epidemiologi, infettivologi, igienisti, di tutto, che si arrogano il diritto di sapere di virologia perché il momento è di emergenza virologica. Io ho fatto uscire un documento in cui diciamo all’unisono la stessa cosa, il virus non è un virus simile all’influenza, è un virus molto più aggressivo, penetra nella popolazione in maniera molto veloce, la metà di chi si infetta va in ospedale con sintomi abbastanza seri, il 10 per cento in rianimazione con polmoniti gravissime e il 3,5% sono i morti.
Alla successiva domanda di Oscar Giannino riguardo chi si improvvisa esperto replica: “Gli esperti non sono divisi su quella che è la loro visione, la divisione è perché ognuno si improvvisa esperto. Io microbiologo sono un virologo e so poco di parassitologia o micologia e anche forse qualcosa di batteriologia. Nell’ambito stesso dei microbiotici, un batteriologo che studia i batteri ne sa poco di virus e figuriamoci quelli che sono fuori dalla categoria.
A me pare che in queste due risposte fornite dal presidente Caruso ci siano tutte le motivazioni che spiegano perché, quando le società post-moderne si trovano di fronte ad un fenomeno nuovo, non riescono a comprenderlo e a spiegarlo ma semplicemente a rimuoverlo fino alla manifestazione successiva. Perché attribuiamo, da quasi due secoli ormai, alle scienze fisiche e sperimentali e ai loro metodi, la capacità di soddisfare tutti i problemi e i bisogni dell’uomo. Si chiama scientismo e ad esso aderiamo soprattutto quando ci troviamo di fronte alla manifestazione di un fenomeno nuovo. A questo possiamo affiancare altre due caratteristiche post-moderne.
La prima è che il sapere nella nostra società è sempre più parcellizzato e frammentato. Caruso ci racconta che esiste l’infettivologo, il virologo, l’igienista, l’epidemiologo, il micologo, il parassitologo, il microbiologo e chissà quale altra professione specialistica che può dire qualcosa sul fenomeno coronavirus. Ognuno ha in mano un tassello del puzzle ma, a quanto si evince dall’intervista, nessuno ha una visione complessiva del problema, ad ognuno manca qualcosa. E’ un pò come se tutti stessero ammirando un panorama col microscopio. Le ragioni di questa frammentazione del sapere sono da ricercare nell’impostazione del sistema scolastico che produce professionisti molto specializzati ma incapaci di avere una visione sistemica dei fenomeni. Avvicinarsi troppo ai fenomeni, al contrario di quello che si pensa, non aumenta la comprensione ma la diminuisce.
La seconda motivazione ha a che fare con l’eccesso di ego che spesso caratterizza i cosiddetti “esperti” e le persone che ricoprono ruoli o incarichi di un certo rilievo. In Italia non esiste ambito che non sia ostaggio dell’ego di qualcuno. Non si salva nessun settore. In una società egocentrica il giudizio degli altri diventa estremamente importante, gli egocentrici sono schiavi del giudizio altrui e di conseguenza assumono comportamenti eterodiretti. Il comportamento del governo, ad esempio, è quotidianamente influenzato dal giudizio delle opposizioni e anche in questa circostanza, i drastici provvedimenti sono stati presi avvertendo il fiato sul collo degli oppositori, altrimenti non si spiegherebbe perché le altre nazioni (che hanno il virus come ce l’abbiamo noi) non abbiano re-agito allo stesso modo e l’Italia sembra essere l’unico lazzaretto. Ecco perché i pareri degli “esperti” (affermo da tempo che gli esperti, in una società imprevedibile e dai cambiamenti così rapidi come la nostra, non esistono più) sono contraddittori, perché ognuno deve in qualche modo emergere rispetto agli altri, sottrarre spazio all’altro, privilegiare l’ego al contenuto.
Il carattere analitico della scienza moderna – scriveva René Guénon nei primi anni del ‘900 – si traduce in quel continuo moltiplicarsi delle specialità di cui lo stesso Auguste Comte non ha potuto evitare di denunciare i pericoli; la specializzazione, tanto decantata da tanti sociologi con il nome di divisione del lavoro, è il miglior mezzo per acquisire a colpo sicuro quella miopia intellettuale che sembra far parte dei requisiti del perfetto scientista e senza la quale, d’altronde, lo stesso scientismo non prenderebbe piede“.

Massimiliano Capalbo

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