Caro Saviano il Sud sta rinascendo, è solo questione di tempo
Caro Saviano,
il Sud sta rinascendo non sta morendo, anzi sta cominciando a maturare, a diventare adulto, è solo che i media non se ne sono ancora accorti (o non se ne vogliono accorgere visto che questa lettera, inviata a varie testate giornalistiche la scorsa settimana, non è stata pubblicata da nessuno), intenti come sono ad inseguire e rafforzare gli stereotipi ad uso e consumo della partitica.
In una società mediatica come la nostra ciò che non appare sui media non esiste, così come non esistevo io fino a quando lei non ha deciso di citarmi nella sua lettera al Presidente del Consiglio. E’ questo è un bene, perché si può lavorare con calma e senza clamori al raggiungimento degli obiettivi che ci siamo prefissati e che, uno ad uno, stiamo conseguendo. L’unico ad essersene accorto, finora, è stato il giornalista Riccardo Iacona in un bellissimo servizio di Presa Diretta, dal titolo “Tesoro Italia”, andato in onda questo inverno. Gli è stato sufficiente non occuparsi della partitica calabrese. E’ bastato non intervistare presidenti, assessori, portaborse e tutto il sottobosco che prolifica intorno a quella che continuiamo erroneamente a chiamare “politica” ed improvvisamente è apparso il bello, la Calabria migliore. E’ stato sufficiente spostare il focus dal problema (la partitica) alla soluzione (i cittadini/imprenditori) e tutto il marciume si è dissolto come neve al sole e la sua trasmissione si è trasformata improvvisamente da “Presa diretta” in “Presa d’atto” di una realtà che già esiste e che Iacona ha solamente sfiorato. E’ solo questione di tempo.
Assieme al mio socio Giovanni Leonardi, altro perfetto sconosciuto, attraverso Orme nel Parco da 8 anni abbiamo stravolto e continuiamo a stravolgere un territorio in silenzio, con molta umiltà, sfatando molti luoghi comuni sul Sud e sulla possibilità di fare impresa al Sud e dimostrando che è vero l’esatto opposto di quello che normalmente si crede, ovvero che le “istituzioni” debbano occuparsi del Sud e risolvere i suoi problemi. Lo abbiamo fatto e lo stiamo facendo, al contrario di tanti pseudo-imprenditori, stando a debita distanza dalla partitica e forse il nostro successo è tutto qui, nell’aver compreso che per avere successo occorre restare a debita distanza da ciò che è origine e causa di tutti i problemi e da cui lei, a mio avviso erroneamente, continua ad invocare l’aiuto.
La sua lettera, al di là delle sue nobili intenzioni, servirà all’attuale, come a qualsiasi altro governo di questo Paese, come pretesto per mettere in campo politiche industriali che a tutto serviranno tranne che a fare gli interessi del Sud, la storia ci insegna e dimostra questo. Ogni qual volta i governi si sono occupati del Sud hanno portato devastazione, inquinamento, criminalità e povertà. I dati dello Svimez, come tutte le altre indagini statistiche rese note nel nostro Paese, sono la certificazione di tutto ciò. Nonostante ciò ci si ostina ad indicare sempre le stesse soluzioni che non sono le nostre soluzioni, sono quelle più rapide visto che le elezioni sono sempre alle porte e serve dimostrare a favore di telecamera di aver fatto, sono quelle che soddisfano gli interessi di chi sui problemi del Meridione ha fatto e continua a fare fortuna. Quando il governo si preoccupa del Sud, il Sud deve cominciare a preoccuparsi.
Cosa vuole che facciano? Lo scopo dei governi (di qualunque colore essi siano) è di dare risposte mediatiche, poco importa se sono coerenti con la vocazione del territorio o con le aspettative delle popolazioni che vi risiedono. L’importante è che passi il messaggio, l’importante è dare risposte sull’onda emotiva degli eventi inseguendo la cronaca. Ormai i programmi di governo coincidono con i titoli dei TG. Un ragazzo muore in discoteca dopo aver ingerito una pastiglia di ecstasy? Il giorno dopo è pronto il provvedimento per dimostrare all’opinione pubblica che hanno reagito al problema. Un tifoso muore accoltellato in uno stadio? Ecco, il giorno dopo, i provvedimenti del governo enunciati in conferenza stampa. Un paese frana dopo un’alluvione? Ecco il piano del governo contro il rischio idrogeologico. Ma nessuno poi va a verificare, a distanza di mesi o anni, cosa questi piani hanno prodotto. Glielo dico io: nulla, perché non sono soluzioni strutturali ma di facciata. E’ come dare una mano di vernice ad un muro pieno di crepe.
Lei ha pubblicato la sua lettera su Repubblica? Il governo si è già mosso tirando fuori un piano per spendere (e dunque continuare a sperperare e non ad investire che è cosa ben diversa) 22 miliardi di euro che prevede, udite udite, il rilancio di aree industriali come quelle di Taranto e Termini Imerese. Cosa si aspettava facessero? Proprio quello che temevamo. Si tratta dello stesso governo che però, organizzando l’Expo, vuol tentare di far credere al resto del mondo che l’Italia è il bel paese dei cibi biologici e dall’ambiente salubre.
Non possono fare altro perché non sanno fare altro, non hanno uno straccio di idea perché altrimenti non farebbero i partitici ma farebbero gli imprenditori. Un tempo quando un ragazzo non andava bene a scuola lo mandavano a lavorare, oggi lo candidano in un partito. Cosa vuole che ne esca fuori? Se uno ha delle idee le attua, non si candida per chiedere il permesso agli altri di attuarle. Non le sembra un po’ contorto e farraginoso come meccanismo?
C’è invece tanta gente, al Sud ma non solo, che ogni giorno si alza per dare a questo Paese una prospettiva, siamo tanti ma loro non lo sanno. Persone ricche di idee che agiscono per attuarle senza chiedere il permesso a nessuno. Possiamo fare tanto e lo stiamo facendo, ovvero diventare noi stessi istituzioni, farci istituzioni, ricominciando a prenderci cura del territorio in cui viviamo e lavoriamo e smettendola di delegare il nostro futuro ad altri. Uscendo dai recinti nei quali molto volentieri fino ad oggi siamo entrati in cambio di assistenzialismo e favori, come ho scritto nel libro “La terra dei recinti” recentemente edito da Rubbettino, cominciando a rimboccarci le maniche e smettendola di fare le vittime invocando aiuto da chi l’aiuto non può e non sa darlo.
L’unico, odioso, filo che ci tiene legati alle “istituzioni” tradizionali sono le tasse che ufficialmente servono a sostenere i servizi sociali (che ora fa figo chiamare welfare). La verità invece è che le tasse servono a “mantenere” in un modo o nell’altro i ceti sociali più elevati e i loro “apparati” partitici, statali, militari, economici e religiosi. La storia delle tasse lo dimostra e in cambio non solo non riceviamo nulla ma siamo vessati, come lei ha ben ricordato, da burocrazia e inefficienza.
Dal Sud è andata via tanta gente, certo, ma le assicuro che quelli con le palle sono rimasti a combattere e, come i guerrieri spartani, si sono forgiati alle difficoltà più grandi e adesso sono pronti a guidare la battaglia verso la liberazione dagli stereotipi, dal vittimismo, dalle false credenze, dai neocolonialisti che vengono qui, sotto mentite spoglie, a darci lezioni su come dovremmo vivere e su cosa dovremmo puntare. In autunno terremo il 4° Raduno delle Imprese Eretiche, al quale la invito ufficialmente a partecipare, scoprirà un Sud straordinario fatto di giovani imprese (umane come la sua, prima che economiche) che cambieranno, ne sono certo, il destino di questa straordinaria nazione.
Massimiliano Capalbo
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