Caro Sars-Cov-2 finalmente mi hai trovato. Da oltre due anni ti aspettavo, sapevo che sarebbe stata solo questione di tempo, non mi ero fatto illusioni. E alla fine siamo entrati in contatto. Non ho mai creduto, come la maggior parte dei miei simili, che una nostra nuova diavoleria bio-tecnologica ti avrebbe sconfitto. Solo un genere arrogante e presuntuoso, come quello umano a cui appartengo, può credere di poter dominare la natura. Ci prova da millenni senza successo, con l’unico risultato di stare annientando proprio se stesso.
Certo, mi sono sempre augurato di incontrarti il più tardi possibile, non ho partecipato per due anni, come invece ha fatto una buona fetta dei miei simili, a concerti, manifestazioni sportive, eventi di massa non solo e non tanto per evitare il contagio ma soprattutto per protestare contro provvedimenti restrittivi che nulla avevano di scientifico ma molto di politico. Non ero ansioso di sapere se mi avessi raggiunto o meno, in due anni ho fatto solo un tampone perché obbligato a causa di una necessità non rinviabile. Ero più preoccupato dell’inquinamento, che tutta questa plastica prodotta dai tamponi ha prodotto e continuerà a produrre su un pianeta vicino al collasso, che di te. Perché tutte le persone mediamente e correttamente informate sul tema sapevano e sanno che il tempo gioca a sfavore della tua aggressività e della tua virulenza. Aggressività e virulenza iniziali che sono derivate dalla tua natura artificiale (sei nato da una manipolazione genetica avvenuta in laboratorio e sfuggita di mano al sapiente uomo di turno) e, successivamente, dall’impreparazione tecnica, culturale e strutturale dei presidi ospedalieri e della partitica; dagli errori terapeutici commessi nella prima fase; dall’atteggiamento dispotico dei governi; dalla perdita di controllo dei processi che avrebbero potuto prevenire l’emergenza; dalla psicosi generale fomentata dai media. Ma sapevo che, prima o poi, con o senza mascherina, mi avresti trovato. D’altronde il mondo è rotondo e gira. C’è un mio simile che ultimamente ha deciso di mostrare al resto del mondo la potenza di fuoco dello stato che rappresenta che, addirittura, pensa di poter fuggire, a bordo di un aereo speciale, in caso di guerra nucleare. Per dove, però, non è dato saperlo.
Devo confessarti che sono rimasto spiazzato dal nostro incontro. Si perché, avendo subito per oltre due anni anche io il martellamento mediatico sul tuo conto, mi aspettavo qualcosa di più di una semplice febbricola di qualche ora. Ti hanno descritto come la peste nera, come il flagello di Dio, come la punizione divina e ad un certo punto mi sono chiesto: tutto qui? Secondo le dichiarazioni espresse dal capo del governo del mio paese in una celebre conferenza stampa io, che non mi sono sottoposto alla famosa terapia genica, oggi non dovrei essere qui a scriverti. E invece non ricordo, in vita mia, di avere mai avuto un’influenza così blanda e rapida come quella che mi hai provocato.
Nonostante il medico curante, per una febbre che oscillava tra 37.5 e 38.1, mi abbia consigliato di prendere la Tachipirina 1000, ho preferito non prendere nulla e far lavorare il mio sistema immunitario che esiste proprio per questo, per reagire ad infezioni esterne. Gli ho solo dato una mano con dei fermenti e degli integratori naturali, perché uno dei problemi principali nel Covid-19 è la diminuzione della diversità batterica, con un aumento dei batteri patogeni nell’intestino. Non l’ho stordito e indebolito iniettandomi un siero frutto di una manipolazione genetica di cui nessuno conosce la natura e gli ingredienti, a parte i produttori. Ma non pretendo che tutti agiscano in questo modo, ognuno deve essere libero di agire secondo coscienza e conoscenza. E devo dire che il mio sistema immunitario ha reagito molto bene. La febbre, infatti, non è una malattia ma un sintomo, un campanello d’allarme che ci comunica che il nostro sistema immunitario si è attivato. Non mi hai provocato nessun mal di gola, nessuna tosse, ma questo è merito delle cure inalatorie a cui da circa dieci anni mi sottopongo presso le terme di Caronte che, in questi ultimi due anni, invece di essere prese d’assalto, con mio enorme stupore sono rimaste semideserte. La maggior parte dei miei simili non ama interpretare i sintomi, ama nasconderli come la polvere sotto il tappeto, metterli a tacere, anche perché prevenire costa sacrificio e questa è una società incapace di fare sacrifici. Un decennio fa raccontavo nelle scuole che siamo una società fragile incapace di sopportare il benché minimo dolore. E questo atteggiamento non riguarda solo la salute. Siamo sempre alla ricerca di scorciatoie. E’ per questo che ci troviamo e ci troveremo sempre di fronte a nuove e continue emergenze. Non amiamo affrontare la realtà con le sue salite, preferiamo vivere di narrazioni rassicuranti fino a quando non accade l’irreparabile.
Se ragionassi come gli adepti di questa nuova setta di parabolani, che crede nel potere dei nuovi preparati genici (che continuano a spacciare utilizzando un trucco terminologico come vaccini), dovrei pensare e affermare che gli effetti che hai avuto su di me valgano anche per gli altri e che quindi tutto quello che mi hanno raccontato sul tuo conto sono solo state bugie. Mi sento anche stupido a ribadirlo ma, per fortuna, non siamo tutti uguali. Non partiamo tutti dalle stesse condizioni. Ognuno ha una storia sanitaria, un regime alimentare, uno stile di vita, un metabolismo, un sistema immunitario, vive in un ambiente, si espone a rischi diversi. Far credere che tutti siamo ugualmente esposti e a rischio di gravi malattie, se colpiti da uno stesso problema, e che soprattutto esista solo una terapia possibile, può venire in mente solo ad un essere umano dell’Antropocene. E’ stata la più grande bugia che ci hanno raccontato in questi due ultimi anni. Gli effetti che questa credenza ha generato hanno prodotto molta sofferenza in tanta gente e posso solo augurarmi che non ne producano altra in futuro.
Caro Sars-Cov-2 ti hanno usato come alibi, come pretesto, come capro espiatorio per coprire tante nefandezze che in questo blog e nel mio ultimo libro in questi ultimi due anni ho ampiamente riportato e denunciato. Ma dovrà passare ancora molto tempo prima che si possa comprendere quello che è realmente successo in questi due anni. Forse è per questo che sei stato così delicato nei miei confronti, hai capito che non avevi davanti un nemico e nemmeno un guerrafondaio. Sono stato tra i pochi a non strumentalizzarti e questo me l’hai riconosciuto concretamente almeno tu. Noi umani abbiamo da poco incluso nella cerchia della considerazione morale gli animali (in particolare quelli che scondinzolano di più e non si rivoltano mai contro, come i cani), da appena un decennio abbiamo cominciato a rivolgere un nuovo sguardo più attento verso le piante, temo che occorreranno ancora secoli perché anche il mondo dei virus e dei batteri possa essere riconosciuto e rispettato come parte di un unico organismo vivente, capace di autoregolarsi, che il gruppo di lavoro che fece capo a James Lovelock alla fine degli anni ’60, chiamò, con una brillante intuizione, l'”ipotesi Gaia”.

Massimiliano Capalbo

L’attenzione degli scienziati, negli ultimi decenni, si è sempre più concentrata sull’infinitamente grande o l’infinitamente piccolo. Quest’ultimo riguarda il mondo dei batteri e dei virus che sono tra gli esseri viventi più numerosi presenti sul pianeta Terra, senza i quali la vita non potrebbe esistere. I batteri colonizzano l’ambiente che ci circonda ma anche l’interno del nostro organismo. Si tratta, alla stregua dei virus, di forme di vita elementari che interagiscono con gli organismi viventi su diverse scale, sia macro sia micro. Lo studio dell’interazione tra l’uomo e la biosfera è l’obiettivo di un progetto delle Nazioni Unite chiamato MAB (Man and the Biosphere) avviato nel 1971 con lo scopo di proporre soluzioni scientifiche per sostenere un rapporto positivo tra l’uomo e il suo habitat. Questo ha generato la costituzione di una rete mondiale di Riserve della Biosfera per approfondire le conoscenze sulla biodiversità in esse presente e promuoverne la conservazione. Ma, soprattutto, l’intento è classificare i potenziali patogeni per l’uomo non ancora conosciuti, perché noi umani siamo convinti che il pericolo venga da fuori, dalla natura, e non dall’interno ovvero da noi stessi. Mentre ricerchiamo, infatti, continuiamo a devastare creando le condizioni perché i pericoli si concretizzino e acuizzino.
Il progresso delle conoscenze in diversi campi, nelle scienze biologiche, nella genetica, nell’informatica e nelle biotecnologie ha prodotto una mappa del microbioma (la comunità dei microorganismi che vivono un habitat particolare) terrestre e umano abbastanza completa. Praticamente i ricercatori hanno creato una banca dati internazionale dei batteri che colonizzano il pianeta Terra così come è avvenuto per la mappatura del genoma umano. L’obiettivo, ovviamente, è manipolare, intromettersi nelle delicate relazioni sistemiche che i microorganismi stabiliscono con gli esseri viventi, apparentemente per prevenire problemi ma sostanzialmente per crearli, andando ad interferire con i processi biologici.
La natura è perfetta ma l’uomo crede che ci sia bisogno del suo intervento, di aggiustamenti, perché il suo antropocentrismo e la sua sete di controllo e di dominio non conoscono confini. Il prof. Joseph Tritto, nel suo libro Cina Covid-19: la chimera, ci spiega come “trasformazioni rapide e drastiche degli stili di vita dell’uomo non solo stanno influenzando lo stato di salute della biosfera, ma probabilmente anche la stessa salute umana in seguito ai cambiamenti all’interno dell’ecologia microbica“. L’uso indiscriminato di antibiotici, per esempio, non solo sotto forma di medicinali per la cura di infezioni batteriche ma anche per prevenire le malattie negli allevamenti intensivi, “le diverse sorgenti di inquinamento del suolo, degli oceani, dell’atmosfera, le tecnologie che utilizzano le differenti frequenze dello spettro elettro-magnetico hanno determinato uno shift, uno spostamento massivo del microbioma terrestre dai microbi o batteri, ai virus“. Un processo partito fin dal dopoguerra che ha causato la progressiva sostituzione dei batteri, nel bioma terrestre, con i virus. A fronte di 1 trilione (dieci alla dodicesima) di specie microbiche si stima l’esistenza di 10 nonimilioni (dieci alla trentesima) di virus. Il prof. Tritto ci spiega che i batteri comunicano tra di loro attraverso segnali elettromagnetici emessi dal loro DNA; sono gli spazzini degli oceani perché fissano l’anidride carbonica e sono in grado di trasformare anche la plastica, erano gli organismi più abbondanti nel mare e oggi sono soppiantati dai virus che li divorano; i batteri interagiscono con i virus e di fronte ad un’infezione contagiosa è importante comprendere questa interazione per adeguare i trattamenti farmacologici e non; il ruolo dei batteri è fondamentale per lo sviluppo del sistema immunitario e prevenire la colonizzazione di agenti patogeni batterici, perché creano biofilms sulle mucose umane proteggendo dell’invasione virale. I virus, dall’altro lato, stanno riprogrammando il plancton oceanico, modificando il modo in cui immagazzinano il carbonio; stanno alterando la formazione delle nuvole e quindi del clima perché gli aerosol marini formati dalle particelle biologiche prodotte in seguito alle fioriture del fitoplancton influiscono sulla formazione del clima; i virus hanno addirittura raggiunto ambienti prima incontaminati come la stratosfera; comunicano tra di loro come fanno i batteri ma mentre in passato avevano bisogno di un intermediario per infettare l’uomo (un batterio o un animale) oggi lo fanno direttamente e sono in grado di decidere se infettare o uccidere. In sostanza sono avviati verso la colonizzazione e il controllo del pianeta. Essendo arrivati sul pianeta con la comparsa dell’uomo è facile intuire che sono i nostri regolatori, quei microorganismi inviati da Madre Natura per tenerci a bada, perché il virus più pericoloso da quando è comparso sul pianeta è sempre stato l’uomo. Finchè c’è un virus c’è speranza.

Massimiliano Capalbo

Lo scorso 8 febbraio la Camera ha definitivamente approvato il disegno di legge di riforma degli articoli 9 e 41 della Costituzione in materia ambientale. La legge costituzionale attende solo la promulgazione da parte del Capo dello Stato. Non sarà necessario, infatti, in questo caso, il referendum confermativo, perché la legge è stata approvata, così come prescrive l’art. 138 ultimo comma della Costituzione, con doppia deliberazione e con la maggioranza dei due terzi dei componenti delle camere.
Segnalo, subito, l’assoluta assenza di dibattito pubblico e di informazione durante il concepimento e la discussione della riforma, nonostante si tratti, in assoluto, della prima revisione di uno dei “Principi fondamentali” della carta (l’art. 9 appunto) nella storia della Repubblica. Dibattito e informazione che vi sono sempre stati, invece, in casi di precedenti revisioni costituzionali (come la riforma, poi abortita, delle norme sul bicameralismo perfetto di renziana memoria), oppure in occasione della discussione di normali disegni di legge (come il DDL Zan, anch’esso prematuramente scomparso). La mancata informazione può essere dovuta a due fattori: o la distrazione dei media nazionali (ma tenderei ad escluderlo) o la volontà politica di calmierare l’influenza dell’opinione pubblica sul Parlamento: in altri termini, per evitare polemiche che avrebbero potuto condurre al nulla di fatto, come accadde nei due esempi sopra richiamati.
L’altra cosa singolare è che, per la prima volta, una legge così importante viene approvata con una incredibile tempestività e praticamente all’unanimità. Per altro su un tema che è sempre stato altamente divisivo: l’ambiente. Non ricordo un solo caso in cui un disegno di legge con risvolti ambientali non abbia avuto la netta opposizione di qualche partito politico o di qualche lobby. Inoltre, tutto è stato fatto appena prima che inizi la grande operazione di spesa del PNRR, destinata in gran parte alla costruzione di impianti di produzione energetica e di infrastrutture. E poiché il denaro dell’Europa dovrà essere speso rapidamente, sarebbe davvero strano che il Parlamento abbia inteso, proprio ora, complicare la vita al governo e ai privati, introducendo una tutela ambientale più stringente.
Le reazioni sono caute da parte dei giuristi, che conoscono bene l’argomento, ed entusiastiche, invece, da parte di alcune associazioni ambientaliste che vorrebbero intestarsi la riforma.
Ma vediamo di che si tratta. L’art. 9 della Costituzione venne posto dai costituenti a promozione della cultura e della ricerca scientifica (primo comma) ed a tutela del paesaggio e del patrimonio storico e artistico della Nazione (secondo comma). Furono Concetto Marchesi ed Aldo Moro – il primo, letterato comunista, il secondo, giurista di ispirazione cattolica – a difendere strenuamente, in sede costituente, l’originaria formulazione di questa importante norma. Racconta la lunga e complessa vicenda dei prodromi della formulazione dell’art. 9 e della sua travagliata approvazione Salvatore Settis in un suo libro fondamentale: “Paesaggio, Costituzione, Cemento”, Einaudi 2010. Proprio grazie all’art. 9 si è potuta costruire, in tutti questi anni, la tutela giuridica congiunta dei beni culturali ed ambientali, sulla base di ripetuti interventi interpretativi da parte della Corte Costituzionale e dell’emanazione del Codice dei Beni Culturali e del Paesaggio (Decreto Legislativo n. 42 del 2004).
Per fortuna, i due commi di cui era composta la norma non sono stati in alcun modo toccati dalla riforma. È stato aggiunto, invece, un terzo comma che così recita: “[La Repubblica] tutela l’ambiente, la biodiversità e gli ecosistemi, anche nell’interesse delle future generazioni. La legge dello Stato disciplina i modi e le forme di tutela degli animali”. In sostanza, accogliendo proprio le interpretazioni venute dalla Corte Costituzionale e uniformandosi alla legislazione comunitaria, il legislatore ha “chiarito” che oggetto di tutela non è solo il paesaggio ma anche l’ambiente (aria, terra, acqua etc.), la biodiversità (tutte le forme di vita) e gli ecosistemi (ambiti di territorio in relazioni dinamiche fra le varie forme di vita che li popolano e fra esse e l’ambiente).
Nel caso dell’art. 9 l’intervento del legislatore, benché rappresenti quasi un atto dovuto, si può guardare senza sospetto all’integrazione di cui alla riforma. L’ambiente (che già la Corte Costituzionale aveva ricompreso nel termine “paesaggio”), la biodiversità e gli ecosistemi divengono soggetti di tutela costituzionale e non semplici “oggetti”. Ma, ripeto, molto si era già fatto, anche, ad esempio, nel 2015, con la riforma dei reati ambientali.
L’articolo 41 si trova, invece, nel titolo III della Carta intitolato “Rapporti economici” ed è noto per il testo del primo comma, di stampo tipicamente liberale: “L’iniziativa economica privata è libera”. I successivi due commi furono posti a mitigazione del principio generale: nel secondo, la riforma ha introdotto “la salute e l’ambiente” fra i limiti che già la Carta aveva imposto a tale liberà, la quale “non può svolgersi in contrasto con o in modo da recar danno a …”, e “i fini ambientali” – oltre che quelli sociali (che preesistevano nel testo) – verso i quali l’attività economica deve essere indirizzata e coordinata. Benché le aggiunte apportate al testo originario appaiano come conseguenziali al nuovo valore costituzionale riconosciuto all’ambiente con il già citato art. 9, è proprio sulla riforma dell’art. 41 che, a mio parere, occorre porsi qualche domanda. Ad esempio: non sarà che con le parole “ambiente” e “salute” si sia voluto far dire alla nostra Carta che, ad esempio, l’energia nucleare – recentemente definita dalla UE fonte energetica necessaria per ridurre le emissioni in atmosfera – non finisca con l‘esser fatta passare – nel caso di costruzioni di nuove centrali – addirittura come uno strumento per tutelare la “salute” e l’ “ambiente” e così ottenere corsie preferenziali per l’autorizzazione alla realizzazione di nuovi impianti? E così per i parchi eolici (o le centrali idroelettriche, o quelle a biogas o quelle a biomasse etc.), che, proprio perché producono energia da fonti rinnovabili, possono essere più facilmente presentati come tutele per l’ “ambiente” e la “salute” e così essere agevolati nella loro marcia trionfale verso l’assalto ad ogni crinale delle montagne italiane rimasto ancora integro.
Per questi motivi non me la sento di unirmi al coro degli ottimisti che inneggiano alla grande vittoria ambientalista. Proprio da ambientalista (non integralista, ma nemmeno ingenuo) e da operatore del diritto mi preoccupo dinanzi a questa improvvisa folgorazione sulla via di Damasco dei nostri politici. Ben sapendo che gli attuali rappresentanti del popolo non sono proprio tutti dei San Paolo. E perché mi pare di vederli, multinazionali e speculatori vari, che già si fregano le mani in attesa della pioggia di miliardi (quasi tutta a loro vantaggio) del famoso – e fumoso – PNRR.

Francesco Bevilacqua