E’ incredibile come i governi (di qualsiasi colore partitico) di questo paese siano capaci di riproporre lo stesso schema, periodicamente, senza che la maggior parte dei cittadini se ne renda conto. Ci cascano tutti puntualmente. Ci sono cascati ieri, ci stanno ricascando oggi, ci ricascheranno domani. E’ su questa incapacità di leggere gli schemi che basano il proprio illusorio potere, è questa certezza di impunità che non gli fa avvertire l’urgenza di prevenire ma solo di somministrare pseudo-cure palliative a posteriori.
Quando scoppiò la pandemia da Covid si scoprì che non avevano fatto il loro dovere, quello per cui vengono votati e pagati profumatamente, ovvero scrivere e attuare i piani pandemici per prevenire il disastro, e gli oneri e le responsabilità furono scaricate sui cittadini che furono messi l’uno contro l’altro (no vax contro pro vax) attraverso una campagna mediatica vergognosa. La fecero franca come non mai. Lo stesso schema si sta ripetendo oggi nella vicenda Ramy ma potremmo parlare anche della strage di Cutro e di tante altre nefandezze.
Inseguitori e inseguiti non si rendono conto di essere solo pedine di uno schema ben congegniato. Il dibattito si concentra sul momento dell’impatto della macchina col motorino, nel momento e nel luogo in cui è troppo tardi per sbrogliare la matassa. Ma non bisognava aspettare l’impatto. Molte situazioni si avvertono prima, sono nell’aria, si comprendono se si sta tra la gente e non nel chiuso dei palazzi. Un governo che si possa definire tale, deve governare (appunto) i processi per ridurre al minimo le possibilità che si arrivi a un qualsiasi tipo di impatto, scontro, contrapposizione sociale. E’ eletto per questo, per agire prima non dopo, altrimenti non serve a nulla. Si scrivono norme, sanzionatorie, sulla spinta emotiva di fatti di cronaca circostanziati, che risultano incapaci di essere lungimiranti e preventive. Inseguitori e inseguiti sono entrambi vittime dell’incapacità di prevenire, quindi di governare, ma non se ne rendono conto. Se poi consideriamo che, ormai, l’azione dei governi è solo funzionale alla creazione di ulteriori problemi, ci rendiamo conto che ci troviamo, è il caso di dire, in una strada senza uscita.
Inseguitori e inseguiti sono messi l’uno contro l’altro da uno schema, ben oliato, perché ha già funzionato in passato, che sposta l’attenzione dalle gravi responsabilità politiche alla inesistente (finchè non viene generata ad arte) contrapposizione tra cittadini. Quando assisto a questi dibattiti senza uscita mi sembra di assistere ai combattimenti tra animali. Quei polli, non combatterebbero l’uno contro l’altro se non fossero istigati a farlo. Lo schema serve solo a far nascere e crescere questa contrapposizione, a smuovere gli istinti più bassi, a creare nemici che non esistono. Loro, intanto, osservano lo spettacolo dai loro comodi scranni e pensano a come strumentalizzarlo a proprio vantaggio. Con una popolazione così prona non è difficile. Una volta generato il clima giusto il passo successivo è creare il ring, lo spazio di combattimento. La frustrazione di chi si trova in prima linea ad affrontare i problemi creati dal potere politico, spinge a invocare strumenti di repressione maggiori e i governi sono ben lieti di offrirli per consentirgli di scaricare questa rabbia sui più deboli e usarli a proprio favore. E’ così che nascono le ingiustizie sociali e le società illiberali. Sono edificate sulla frustrazione, la menzogna, la paura e la rabbia dei contrapposti. Basta pilotare bene questi sentimenti negativi per ottenere il risultato voluto.
A qualcuno daranno l’illusione di aver fatto il proprio dovere, di aver assicurato alla giustizia il povero disperato che aveva rubato una collanina d’oro, di aver contribuito alla sicurezza del paese, mentre quelli che spostano enormi capitali, e che la mettono a repentaglio quotidianamente, potranno continuare ad agire indisturbati perchè i media, sotto il loro controllo, saranno impegnati ad osannarli. Invece di auspicare la caduta di un sistema di potere corrotto e incapace continuerete ad accontentarvi di godere della caduta di un motorino qualsiasi, ad un angolo di strada, finché una sera non scoprirete che a bordo, questa volta, si trovava vostro figlio.

Massimiliano Capalbo

Sono le 12.30 e sono in fila presso uno sportello CUP per effettuare una prenotazione per una visita specialistica per mia madre. Prima di me solo un paio di persone. Quando è il mio turno entro e, ancora prima di sedermi nell’ufficio, la persona che sta dietro lo sportello, un signore dallo sguardo e dalle movenze flemmatiche, mi chiede quante persone ci sono ancora dopo di me. Rispondo nessuna ed esclama: “ah, che giornata oggi!” come per rendermi partecipe delle “fatiche” del suo lavoro.
Consegno l’impegnativa, la guarda e prima ancora di controllare sul computer mi fa: “ah per queste parliamo almeno di novembre, dicembre!” Faccio notare che mia madre ha una certa età e che necessita della visita in tempi ragionevoli. “Cercherò di espandere la ricerca nel raggio della regione” mi fa. Rispondo che non ho alcuna intenzione di sottoporre mia madre a lunghi viaggi ed aggiungo: “lei verifichi che disponibilità c’è in zona, poi se non dovesse esserci, siccome per legge siete tenuti ad erogare il servizio entro 30 giorni per le visite specialistiche, vorrà dire che mia madre andrà a visita da un privato e poi si farà rimborsare le spese dal servizio sanitario.” Al che il funzionario mi risponde: “ah guardi, questo non lo so, però l’ho sentita dire questa cosa, ma non sono sicuro..” Replico: “non si preoccupi, sono sicuro io“. Dopo una breve ricerca sul computer compare una disponibilità, a pochi metri da casa, esattamente a distanza di 30 giorni. Miracolo? Magia? Lascio a voi ogni considerazione. Io la mia ce l’ho da tempo e questo episodio non ha fatto altro che confermarmela.

Massimiliano Capalbo

Nonostante gli sforzi (direi quasi l’accanimento politico-mediatico) profusi negli ultimi venti anni per accendere i riflettori sulla Calabria come meta turistica, la nostra regione è riuscita a scamparla anche quest’anno. L’assalto non c’è stato, il territorio ne è uscito indenne. Le strade, i ristoranti, i lidi, le spiagge semideserte sono lì a testimoniare il fallimento dell’ennesimo tentativo d’industrializzazione forzata del comparto. Lei osserva distaccata e sorride. Sembra quasi predersi gioco di questi novelli profeti della modernità che pensano di poterla governare osservandola sulle mappe geografiche e di poterla plasmare a proprio uso e consumo, costringendola a prostituirsi culturalmente e mediaticamente attraverso questa o quella kermesse, questo o quel testimonial. Lei li osserva come gli indigeni osservavano i colonialisti appena sbarcati su un territorio a loro sconosciuto ed estraneo, ignari dei rischi che li attendevano.
Se sono arrivata fin qui indenne, se ho resistito per secoli ai terremoti, ai tentativi di unificazione, all’industrializzazione forzata, all’omologazione consumistica, pensate che non possa resistere alla narrazione falsa ed edulcorata che state tentando di attribuirmi da alcuni anni a questa parte? Sembra rispondere a chi si stupisce del suo immobilismo. Ma sta proprio qui il suo valore, nella sua capacità di resistere alle forze idiote della modernità, è questa capacità che l’ha preservata fino ad oggi e che potrà preservarla anche domani in attesa che qualche nuova saggezza riemerga dal caos della stupidità. Solo il silenzio e l’oblio, infatti, potranno riconsegnarla integra alle generazioni (ci auguriamo più consapevoli) che verranno.
La farsa del turismo in Calabria è andata in scena anche quest’anno ma non ha sortito alcun effetto, se non quello di confermare di essere appunto una farsa. L’arrivo degli emigrati da fuori e lo spostamento dei residenti che vanno in ferie crea ogni anno questa illusione. Non può esserci destagionalizzazione se la nostra vita è programmata in questo modo, se facciamo tutti le stesse cose negli stessi giorni, se la nostra esistenza è priva di un pizzico di romanticismo e di curiosità.
Il fenomeno turistico nella nostra regione assomiglia sempre di più agli avvistamenti del mostro di Loch Ness, c’è sempre qualcuno che giura di averlo visto ma quando vai a verificare di persona devi accontentarti di intravedere uno specchio d’acqua in mezzo alla nebbia e continuare a credere che un giorno potrebbe spuntare. E’ questa illusione a convincere ancora molta gente a investire (con i soldi dello stato ovviamente) nella realizzazione di b&b, ristoranti e lidi che funzionano per quindici giorni all’anno e che vengono gestiti tirando a campare tra lavoratori in nero e allacci abusivi. Il miraggio è lì, potenzialmente a portata di mano, ma ogni volta all’arrivo della stagione scompare, in attesa del prossimo avvistamento.
Il silenzio generale che circonda l’ennesimo fallimento sa di complicità, di connivenze, di contributo collettivo al raggiungimento del risultato. Ci hanno creduto e ci credono ancora tutti all’illusione, dai partitici agli imprenditori, dai residenti ai giornalisti, e di fronte all’evidenza non resta loro che tacere e fare finta di nulla. Nell’attesa di trovare l’ennesimo alibi e l’ennesimo capro espiatorio da utilizzare in autunno per giustificare l’ennesimo fallimento e la conseguente ennesima crisi: i cambiamenti climatici, l’inflazione, le infrastrutture, la guerra …

Massimiliano Capalbo