Nonostante gli sforzi (direi quasi l’accanimento politico-mediatico) profusi negli ultimi venti anni per accendere i riflettori sulla Calabria come meta turistica, la nostra regione è riuscita a scamparla anche quest’anno. L’assalto non c’è stato, il territorio ne è uscito indenne. Le strade, i ristoranti, i lidi, le spiagge semideserte sono lì a testimoniare il fallimento dell’ennesimo tentativo d’industrializzazione forzata del comparto. Lei osserva distaccata e sorride. Sembra quasi predersi gioco di questi novelli profeti della modernità che pensano di poterla governare osservandola sulle mappe geografiche e di poterla plasmare a proprio uso e consumo, costringendola a prostituirsi culturalmente e mediaticamente attraverso questa o quella kermesse, questo o quel testimonial. Lei li osserva come gli indigeni osservavano i colonialisti appena sbarcati su un territorio a loro sconosciuto ed estraneo, ignari dei rischi che li attendevano.
Se sono arrivata fin qui indenne, se ho resistito per secoli ai terremoti, ai tentativi di unificazione, all’industrializzazione forzata, all’omologazione consumistica, pensate che non possa resistere alla narrazione falsa ed edulcorata che state tentando di attribuirmi da alcuni anni a questa parte? Sembra rispondere a chi si stupisce del suo immobilismo. Ma sta proprio qui il suo valore, nella sua capacità di resistere alle forze idiote della modernità, è questa capacità che l’ha preservata fino ad oggi e che potrà preservarla anche domani in attesa che qualche nuova saggezza riemerga dal caos della stupidità. Solo il silenzio e l’oblio, infatti, potranno riconsegnarla integra alle generazioni (ci auguriamo più consapevoli) che verranno.
La farsa del turismo in Calabria è andata in scena anche quest’anno ma non ha sortito alcun effetto, se non quello di confermare di essere appunto una farsa. L’arrivo degli emigrati da fuori e lo spostamento dei residenti che vanno in ferie crea ogni anno questa illusione. Non può esserci destagionalizzazione se la nostra vita è programmata in questo modo, se facciamo tutti le stesse cose negli stessi giorni, se la nostra esistenza è priva di un pizzico di romanticismo e di curiosità.
Il fenomeno turistico nella nostra regione assomiglia sempre di più agli avvistamenti del mostro di Loch Ness, c’è sempre qualcuno che giura di averlo visto ma quando vai a verificare di persona devi accontentarti di intravedere uno specchio d’acqua in mezzo alla nebbia e continuare a credere che un giorno potrebbe spuntare. E’ questa illusione a convincere ancora molta gente a investire (con i soldi dello stato ovviamente) nella realizzazione di b&b, ristoranti e lidi che funzionano per quindici giorni all’anno e che vengono gestiti tirando a campare tra lavoratori in nero e allacci abusivi. Il miraggio è lì, potenzialmente a portata di mano, ma ogni volta all’arrivo della stagione scompare, in attesa del prossimo avvistamento.
Il silenzio generale che circonda l’ennesimo fallimento sa di complicità, di connivenze, di contributo collettivo al raggiungimento del risultato. Ci hanno creduto e ci credono ancora tutti all’illusione, dai partitici agli imprenditori, dai residenti ai giornalisti, e di fronte all’evidenza non resta loro che tacere e fare finta di nulla. Nell’attesa di trovare l’ennesimo alibi e l’ennesimo capro espiatorio da utilizzare in autunno per giustificare l’ennesimo fallimento e la conseguente ennesima crisi: i cambiamenti climatici, l’inflazione, le infrastrutture, la guerra …
Massimiliano Capalbo