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Con il brodo primordiale era meglio farci una zuppa?

L’idea del brodo primordiale è legato all’ipotesi dell’origine della vita sulla Terra. Si suppone che circa 3,5 miliardi di anni fa, in un ambiente ricco di sostanze basiche, si siano verificate reazioni chimiche che hanno portato alla formazione di molecole organiche complesse. Questo ambiente ricorda un brodo di sostanze chimiche primitive. L’ipotesi scientifica suggerisce che molecole organiche come aminoacidi e nucleotidi, molecole fondamentali della vita, abbiano cominciato a formarsi in questa brodaglia primordiale. Gradualmente, queste molecole avrebbero formato strutture più complesse, come proteine e acidi nucleici, dando origine ai primi organismi viventi.
Nel 1953 il chimico Stanley Miller condusse un esperimento provando a riprodurre in laboratorio le condizioni presunte della Terra primordiale, riuscendo a generare aminoacidi, i mattoni fondamentali delle proteine, attraverso scariche elettriche, simulando l’energia dei tuoni, in una miscela di gas. Questo esperimento fornì un sostegno iniziale all’ipotesi del brodo primordiale, dimostrando che, in determinate condizioni, composti organici potevano formarsi da semplici ingredienti.
Forse per questa ragione, ancora oggi, simulando le condizioni iniziali che ci hanno fatto crescere ed evolverci noi umani quotidianamente quando ci alimentiamo mescoliamo gli ingredienti, quindi amminoacidi carboidrati, lipidi e altro, come in una zuppa primordiale. In fondo non siamo altro che acquisizioni di modelli, e prove e riprove esperienziali su stanchezza e polvere di secoli. Anche se lo facciamo inconsciamente ci siamo sempre modellati su archetipi, dal greco Arkhétypon, ovvero plasmiamo la forma dal modello iniziale.
Dopo la scoperta del fuoco, nella preistoria, e la necessità di cucinare i cibi per renderli più commestibili e digeribili, le donne e gli uomini iniziarono a preparare le prime zuppe. Molto probabilmente cucinavano ingredienti come carne, verdure, radici e cereali facendoli bollire in acqua. In molte culture antiche, le zuppe erano una parte importante della dieta quotidiana. Ad esempio, gli antichi Romani preparavano zuppe con orzo, legumi e vegetali, spesso vegetariane, per i legionari.
Nel corso del tempo, le ricette per le zuppe si sono evolute e adattate alle risorse locali e alle tradizioni culinarie. In diverse parti del mondo, le zuppe hanno assunto varie forme e sapori unici. Quindi, l’invenzione della zuppa è un vero e proprio processo graduale che coinvolge diverse culture e periodi storici.
In Asia e in Cina in particolare, la tradizione della zuppa si perde nella notte dei tempi. Si ritiene che la zuppa sia stata parte integrante della dieta cinese utilizzando ingredienti come carne, pesce, verdure, funghi, spezie e erbe aromatiche. In questo vasto paese la cultura della zuppa è ricca e diversificata, riflettendo la storia culinaria delle varie regioni attraverso i secoli. Fino alla sciagurata zuppa di pipistrello, rinomata nella provincia di Wuhan, che ha in parte e improvvisamente cambiato la storia recente.
Un aneddoto, di cui sono venuto a conoscenza pochi giorni fa, sulla zuppa in Cina è legato al Tangyuan una sorta di pallina di riso glutinoso spesso servita in zuppe dolci durante il Festival delle Lanterne, che conclude le celebrazioni del Capodanno cinese. La parola Tangyuan suona simile a tuanyuan che significa riunirsi in lingua cinese. La tradizione vuole che condividere Tangyuan con la famiglia e gli amici durante il Festival delle Lanterne porti fortuna e unità familiare. Quindi, oltre a essere un piatto delizioso, ha anche una connessione culturale, sociale e simbolica significativa.
[…mentre scrivo queste parole sono seduto in un ristorante a Taipei, Taiwan e ho appena ordinato una zuppa. La zuppa è da sempre uno dei miei piatti preferiti ovunque mi trovo. Un brodo caldo, dopo un lungo viaggio o una stancante camminata, riesce a rimettermi di nuovo in carreggiata. La mia favorita è la zuppa con i ravioli, dumplings soup in inglese o húntun tāng in cinese. Ma questa è un’altra storia che racconterò la prossima volta.]

Dario Scavelli

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