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Delinquere a favore di telecamera

A seguito degli arresti che, nei giorni scorsi, hanno visto coinvolti alcuni ragazzi che si sono resi protagonisti delle violenze di Capodanno in piazza Duomo, a Milano, il sindaco Sala ha dichiarato al Tg1: “c’è da fare molto di più sul lato sicurezza…” annunciando che aumenterà i sistemi di videosorveglianza e che porterà in giunta, nei prossimi giorni, “una delibera per assumere cinquecento vigili…” perché “serve più gente sul territorio“. A seguito degli atti di vandalismo compiuti in due scuole del catanzarese, la Patari-Aldisio e la Rodari, il sindaco di Catanzaro Abramo ha disposto l’installazione di un sistema di videosorveglianza, perché questi atti non si ripetano più.
Le uniche risposte che le istituzioni sanno dare ai fenomeni di violenza che prendono corpo nella nostra società sembrano essere solo di ordine sanzionatorio. Tutte le persone di buon senso e “di mondo”, come si diceva un tempo, sanno che le telecamere non servono a prevenire ma al massimo ad individuare e colpire i responsabili una volta compiuto l’atto, spesso più per fornire un bersaglio ai diffusori di odio e per sollecitare la voglia di vendetta che anima l’opinione pubblica e circola in tv e sui social, che per fare giustizia. Il recente atto di vandalismo che ha interessato la famosa Scala dei turchi, in provincia di Agrigento, ne è solo una conferma. La video sorveglianza non tutela i cittadini da futuri episodi di violenza di cui potrebbero essere vittime ma accresce solo la smania di controllo da parte dell’autorità che, in questi ultimi anni, sembra essere accresciuta. Un potere che aumenta sempre più la vigilanza è un potere che tratta i cittadini come bambini e non come adulti. La partitica ha deciso da tempo di deresponsabilizzarsi, di demandare alla tecnologia gran parte del compito che un tempo le istituzioni si prefiggevano, quello di migliorare la qualità della vita dei rappresentati. Si può continuare a delinquere ma sotto l’occhio attento delle telecamere che potranno fornire immagini eccitanti ai media, per i tanti voyeur della cronaca quotidiana, dopo lo spot pubblicitario.
L’unica risposta che i rappresentanti delle istituzioni sanno dare a questi fenomeni sembra essere quella dell’inasprimento dei controlli e delle pene, ovviamente per i reati che non li riguardano, per fornire agli elettori una dimostrazione della loro “efficienza”, nascondendo invece le proprie responsabilità, la propria collaborazione alla creazione di una società sempre più malata e distopica. A nessuno interessa comprendere perché dei giovani si rendono protagonisti di tali atti, a nessuno interessa veramente fare qualcosa per impedire che episodi del genere riaccadano, l’importante è che questi fatti non turbino l’opinione pubblica, che non disturbino i manovratori, che non interrompano la corsa verso la crescita, lo sviluppo, l’arricchimento e tutti gli altri vuoti obiettivi che si sono posti a prescindere dal contesto che li circonda e che contribuiscono a determinare gli episodi in questione. Anzi, una volta accaduti, possono rappresentare un’occasione per dimostrare la propria inflessibilità, per rinforzare un’immagine autoritaria che alcuni percepiscono erroneamente come di sicurezza e di protezione.
La mania del controllo e della sorveglianza è tipica di chi si sente la coscienza sporca, di chi ha qualcosa da nascondere, di chi ha paura di perdere qualcosa, di chi si sente quantomeno corresponsabile della situazione in cui vive ed è alla ricerca di un capro espiatorio sul quale riversare anche le proprie di responsabilità. In Italia le leggi non servono a impedire che le cose accadano (vale anche per gli incidenti sul lavoro e per tutte le altre normative sulla sicurezza ad esempio) ma per trovare, a disastro avvenuto, un colpevole, che è quello che fa il giudice quando indaga, e che solitamente corrisponde col più debole, con l’ultimo anello della catena delle resposabilità. Invece di prevenire, di metterci in ascolto per comprendere, di analizzare i sintomi e mettere in campo iniziative di prevenzione continuiamo a sanzionare e ad inasprire, illudendoci che funzioni da deterrente per la prossima barbarie… a favore di telecamera.

Massimiliano Capalbo

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