Estrema attenzione
Un uomo si da fuoco davanti ad una caserma dei Carabinieri, in Calabria, e gli italiani scoprono improvvisamente il pudore e la strumentalizzazione. Come per il 99,9% delle notizie che ci raggiungono quotidianamente anche in questo caso ognuno ha cercato di dare una spiegazione al gesto scegliendo la versione dei fatti più vicina alle proprie convinzioni. Ma quelli che strumentalizzano sono sempre gli altri. Trascorriamo le giornate a vedere e a condividere video che riprendono pestaggi, violenze, atti di bullismo, atti di esibizionismo, che la maggior parte dei media che oggi ostentano pudore diffondono per catturare la nostra attenzione e guadagnare con la pubblicità, e di fronte alle immagini dell’uomo avvolto dalle fiamme siamo improvvisamente diventati discreti e rispettosi.
Come giustamente ha fatto notare Giuliano Buselli in un commento su FB: “quando un uomo decide di darsi la morte in modo così plateale (il termine qui significa pubblico, all’aperto, platea è la piazza) significa che cerca l’attenzione generale, che intende chiamare a sè tutti gli esseri viventi.”
Il protagonista del gesto, infatti, ha deciso di catturare la nostra attenzione, quella risorsa sempre più scarsa in un mondo sempre più distratto caratterizzato, ormai, da un rumore di sottofondo che impedisce a chiunque di accorgersi di qualcosa e di prestarvi attenzione. Quel rumore che risucchia le nostre voci, le nostre richieste di aiuto. Se avesse voluto farla finita senza disturbare avrebbe scelto modalità diverse, meno appariscenti e cruenti. E’ per questo che ne scrivo, per assecondare e rispettare la sua scelta. Nel rumore di fondo ci siamo voltati e ci siamo accorti di lui, ha catturato la nostra attenzione e adesso che siamo in ascolto vogliamo sapere il vero perché di questo gesto. Darsi fuoco è un atto di comunicazione, estremo certamente, ma lo è. Comunicare significa entrare in relazione e se lui ha scelto questa modalità limite per farlo, che lo ha condotto al limite dell’esistenza, voltarci dall’altra parte, tacerne, sarebbe più doloroso delle ustioni che adesso segnano il suo corpo.
Nonostante il sottoscritto si sia fermato di fronte al mistero (attendo da giorni di capirne di più) la maggior parte dei commenti sulla vicenda, come sempre, si è concentrata sul dito invece che su quello che il dito indicava. E’ morto, non è morto, era no-vax, non era no-vax, era normale, era depresso, il giornale è serio, il giornale non è serio e così via. Come se queste ragioni giustificassero o mutassero la sofferenza che si cela dietro il gesto, come se servissero a tranquillizzarci e mantenerci con la coscienza a posto. Quell’uomo ha voluto scuoterci e non ci sono appigli ai quali aggrapparci, al di là delle ragioni che lo hanno mosso c’è riuscito.
Quello che è grave è che non emergano chiarimenti, che a distanza di due giorni non ci sia certezza ma solo un rincorrersi continuo di conferme e di smentite, in perfetto stile giornalistico italiano, che hanno come unico risultato quello di creare ulteriore confusione. E quando mancano le notizie certe si lascia spazio alle fake news, alle supposizioni, alle narrazioni fantasiose, alle strumentalizzazioni. Nascondere queste motivazioni, celarle, tacerle va contro la sua volontà, questo gesto interroga e ci costringe a farlo con estrema attenzione “ed è solo dopo essersi interrogati – conclude Buselli – che viene il silenzio“.
Massimiliano Capalbo
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