Grillo e il futuro della politica italiana

Me ne accorsi, che stava accadendo qualcosa di nuovo, all’indomani del secondo V-day, lo scrissi nel mio libro “Di là dal ponte” e ne ebbi la conferma quando partecipai al I° Incontro Nazionale delle liste civiche a Firenze, nel marzo dello scorso anno, quando Beppe Grillo presentò le liste civiche Cinque Stelle, tant’è che il giorno dopo scrissi un resoconto sul Meetup di Catanzaro che sento di dover riportare, alla luce dei risultati elettorali, all’attenzione di tutti.
Credo di aver avuto il privilegio di partecipare, ieri (8 marzo 2009), ad una giornata storica per l’Italia. Per la prima volta dal 1989 (ovvero, dal crollo del muro di Berlino) ad oggi un’aggregazione politica e sociale, senza nessuna caratterizzazione ideologica, che non si definisce “partito”, si è riunita in un luogo per discutere delle cose concrete da fare per il futuro del proprio Paese. Non si è discusso di schieramenti, coalizioni, equilibri e teorie pseudo-politiche che i nostri architetti e geometri della politica fanno sistematicamente nelle loro riunioni ma di: ambiente, energia, rifiuti, telecomunicazioni, rete, giustizia, acqua, mobilità, stile di vita. In sala non c’erano vecchi arrivisti, falliti della politica, gattopardi e riciclati. C’erano giovani allegri, preparati, intelligenti, pieni di energia e di entusiasmo. Quello stesso entusiasmo che sento ancora addosso oggi.
Finalmente nell’ambito della politica, in Italia, si inizia ad intravvedere qualcosa di nuovo. Iniziano ad affacciarsi sulla scena politica nuovi concorrenti: le liste civiche di Beppe Grillo. Il fenomeno Grillo ha ormai assunto dimensioni mondiali, l’ultima a riconoscere la portata del fenomeno, in ordine di arrivo, è stata la rivista Forbes che ha collocato al settimo posto delle Web-star mondiali proprio il comico genovese. Il futuro della rappresentanza politica in Italia potrebbe appartenere alle liste civiche di Grillo, o almeno a ciò che potranno diventare da qui a qualche anno, sostanzialmente per tre motivi principali: il primo è banale e consiste nel fatto che non esistono alternative, sono stati i primi nel loro genere in ordine di tempo, rappresentano quelli che, in tema di marketing, si chiamano i first mover (i primi a muoversi); il secondo motivo riguarda il fatto che rappresentano una novità assoluta nel panorama politico nazionale sia in termini di rappresentanza sociale che di contenuti e strategie comunicative; il terzo motivo riguarda il bisogno e la richiesta da parte del cittadino post-moderno di incidere maggiormente sulle scelte che determineranno la qualità della propria esistenza. Stiamo passando, infatti, da una democrazia rappresentativa ad una democrazia partecipata. I partiti non assolvono più in maniera efficace a questo compito. L’elettore post-moderno, non si fida più, non ha più intenzione di delegare un suo rappresentante per cinque anni disinteressandosi di ciò che una volta eletto andrà a fare, ma vuole partecipare, anche dopo averlo delegato, ai processi decisionali che determineranno le scelte che cambieranno la sua vita. Ha bisogno semmai di un funzionario che sbrighi le pratiche, che risolva i problemi, non di un monarca assoluto. Vuole avere voce in capitolo, lo pretende, perché ha i mezzi per farlo. Internet consente di tenere il fiato sul collo del candidato eletto, seguendo passo dopo passo le sue azioni. La libera circolazione delle informazioni consente non solo di essere maggiormente informati ma anche di incidere direttamente nella fase decisionale, di entrare in relazione diretta con chi è stato delegato a rappresentare una comunità, un territorio. Spesso l’elettore è più informato dell’eletto, può insegnargli molte cose.
Stiamo assistendo ad una rivoluzione epocale nel rapporto elettori/eletti. L’eletto si configura come un delegato a breve, brevissimo tempo. Non è più possibile, nell’era di Internet, accordare una fiducia di cinque anni senza effettuare dei controlli periodici. Il concetto di tempo, nell’era post-moderna, è cambiato. Le reti hanno accorciato sensibilmente i tempi di risposta e di interazione tra le persone e tra le persone e le istituzioni. Ma soprattutto i cambiamenti sono talmente rapidi che anche le opinioni cambiano e cambieranno con molta rapidità. I progressi della scienza, delle tecnologie, i mutamenti sociali e politici avvengono con una tale rapidità che non è possibile restare immobili sulle proprie posizioni per lungo tempo. I programmi elettorali non potranno cambiare più ogni cinque anni, ma con maggiore frequenza.
Le liste civiche di Beppe Grillo potrebbero rappresentare per l’Italia la prima forma di democrazia partecipata post-moderna veramente nuova, avulsa dal sistema politico-clientelare, con tutti i pregi e difetti delle aggregazioni umane, che sfrutta le potenzialità offerte dalle nuove tecnologie della comunicazione per creare le condizioni per una maggiore partecipazione alla vita sociale e politica di un territorio, una democrazia non più solo rappresentativa. Beppe Grillo ha il merito di aver compreso prima degli altri questi cambiamenti e come tutti i first mover ne sta pagando lo scotto in termini di attacchi. Le corporazioni della politica e del giornalismo italiano non solo sono state miopi e incapaci di leggere i cambiamenti in atto da tempo nella società italiana e di riconoscerne le nuove forme di espressione, salvo rare eccezioni, ma addirittura quando si sono materializzate (in occasione dei V-Day) le hanno etichettate come antipolitica, populismo e qualunquismo, facendo leva sul pregiudizio, le ideologie e lo stereotipo di cui erano e sono ancora sono intrisi. Hanno assunto l’atteggiamento tipico di quelle aziende che quando si accorgono che un concorrente si affaccia all’orizzonte storcono il muso con un atteggiamento snobistico come a voler dire: “come può pensare di poter competere con noi?” Solitamente queste aziende vengono spazzate via nel giro di breve tempo dai nuovi concorrenti, e così avverrà con i partiti. Il cambiamento ha preso il via dal basso, dalla gente comune.
D’altronde, la nascita di un nuovo paradigma, secondo Richard Brodie, “comporta delle fasi di sviluppo che rispecchiano i passaggi che ogni nuovo quadro concettuale deve superare per affermarsi” e precisamente quattro fasi: la fase di compiacenza-marginalizzazione, la prima fase in cui la nuova teoria viene considerata dalla maggior parte delle persone come bizzarra o fuori dal comune e quindi viene presa con simpatia, questa fase Grillo l’ha già attraversata quando ha iniziato a tenere i suoi spettacoli in giro per l’Italia; la fase di ridicolizzazione, quando chi non intende rinunciare alle proprie posizioni concettuali inizia ad ironizzare sul fenomeno e quindi l’iniziale compiacenza lascia il posto allo scherno e alla ridicolizzazione, e questa fase ha immediatamente preceduto l’organizzazione dei V-Day; la fase della critica, quando le nuove teorie iniziano e fare proseliti e questi si materializzano, questo suscita in chi non è disposto ad abbandonare le proprie convinzioni a favore delle nuove una reazione di paura e quindi l’attacco, il discredito, e questa fase ha coinciso con il periodo che è andato dal primo V-Day (alle elezioni regionali del 2010 aggiungo oggi); l’ultima fase è quella dell’accettazione, allorquando un numero sufficiente di persone si schiererà a favore del nuovo paradigma consentendo la sua accettazione all’interno della società, ma questo è ancora da venire e la sua riuscita dipenderà da ciò che succederà da qui in avanti.
Le liste civiche rappresentano un primo passo verso la formazione di un movimento nazionale, una rete che potrà unire le varie esperienze dei Meetup italiani. Non è detto che ciò avverrà in questa forma e in maniera lineare, senza ostacoli o incidenti di percorso, ma il processo ormai è stato avviato ed anche se questa esperienza non passerà indenne attraverso le difficoltà, ha già ottenuto dei risultati, ha già messo in moto un processo ormai inarrestabile. I Meetup, infatti, agiscono già da alcuni anni in ambito locale, conducono battaglie, ottengono risultati concreti a vantaggio dei territori in cui operano. Rappresentano un laboratorio politico e sociale, una palestra per riavvicinare la gente alla politica.
Grillo ieri (8 marzo 2009) ha detto una cosa molto bella e importante, ha detto grosso modo questo: “probabilmente non saremo neanche noi ad attuare le nostre idee, perché ce le ruberanno. Preparatevi a questo. Le nostre idee finiranno per essere rubate dai nostri avversari. Ma non fa niente, perché noi avremo vinto solo quando le nostre idee saranno state adottate.”
Le liste civiche di Grillo funzioneranno se si differenzieranno rispetto ai vecchi concorrenti, i partiti, e se sapranno adottare un approccio innovativo nel metodo e nella struttura, se riusciranno a trovare un terreno comune di valori condivisi che ancora manca, se riusciranno a liberare le persone e non a legarle come hanno fatto i partiti finora. Funzioneranno se riusciranno a condividere dei valori ma soprattutto se adotteranno un’etica comune, soprattutto su temi che toccano la coscienza individuale (aborto, eutanasia, fecondazione assistita etc). Non sappiamo ancora cosa diventeranno e cosa faranno domani, sappiamo che non rappresenteranno la soluzione a tutti i problemi ma sappiamo anche che hanno le potenzialità per rappresentare una speranza concreta di democrazia partecipativa post-moderna.

Massimiliano Capalbo


Commenti

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5 commenti
  1. Giuliano
    Giuliano dice:

    Rispetto a un anno fa e dopo i risultati elettorali risultano , a mio parere,due novità:

    – il successo emiliano del Movimento 5 stelle è legato più alla persona di Giovanni Favia che a quella di Grillo: immagine linguaggio comunicazione di Giovanni sono ben diverse da quelle di Grillo , occorrerebbe riflettere su questo aspetto. Giovanni è davvero un nuovo leader, Grillo no.

    – il successo è stato sorprendente solo in Emila Romagna, la cosa ha un signifcato: conta la rete, ma conta soprattutto un contesto sociale in cui la politica, il pensare in termini politici sono "nel sangue" dei cittadini. In qualche modo il successo emiliano viene dalla storia di questa terra segnata dalle esperienze sociali. Non è quindi facilmente riproducibile nelle regioni in cui la politica è sempre stata prevalentemente un "affare". L'Emilia era un territorio "predisposto" al Movimento grillino.

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  2. Pasquale
    Pasquale dice:

    Credo di condividere l’analisi di Giuliano, anche se non ho avuto modo di vivere in prima persona il modus operandi di Giovanni e di tutto il Movimento in Emilia Romagna. Ma stando ai fatti e da quello che traspare…

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  3. Rino
    Rino dice:

    Anche per me vale quanto detto da Giuliano. In realtà Grillo ha un merito, quello di aver sensibilizzato le coscienze di tanti di noi, ma poi, è prevalso il buon senso, la cultura, l'intellettualità e la comunicazione, che affiancata alla rivoluzione del momento, quindi la rete, la macchina è partita da sè. Ora è il momento della verità, secondo me non è stato molto difficile arrivare al punto dell'Emilia Romagna, il difficile sta nel mantenere o migliorare queste posizioni.

    Comunque io sono fiducioso in una vera rivoluzione politica, il Movimento 5 Stelle, potrebbe essere l'inizia di una nuova epoca politica italiana, però credo che Grillo ora dovrà fare ciò che anni fa disse: io non ho intenzione di candidarmi, sono loro, i giovani, che devono andare avanti. Allora spero vivamente che sia coerente, altrimenti rischiamo di aver creato un clone dell'IDV. Quindi, ben vengano tanti Giovanni Favia, e fortunatamente ce ne sono tanti, basta soltanto dar loro fiducia, hanno tanto da insegnarci, altro che esperienze di gente vissuta, sono finiti quei tempi!

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  4. Giuliano
    Giuliano dice:

    L'aspetto più interessante dell'esperienza bolognese è che dallo scorso anno, quindi da quando la Lista Grillo aveva appena il 3%,si è trovata al centro dell'attenzione politica. Durante il ballottaggio tra Delbono e Cazzola, l'unico dibattito pubblico tra i due è avvenuto per iniziativa grillina, lo scossone sulle infiltrazioni camorristiche in Hera è stato provocato da Ivan Cicconi con l'unico aiuto del consigliere Favia , in questi giorni alcuni dirigenti PD discutono solo dei 6 punti di programma proposti da Favia….non dei 10 di Di Pietro…

    Non voglio esaltare i ragazzi del Movimento (che hanno anche difetti e tentazioni tipiche dei partiti), constato semplicemente che la crisi dei partiti è cosi' profonda, che ormai hanno cosi' poche idee, che un piccolo gruppo vivo e vitale può avere un effetto valanga. Chi è vivo tra i moribondi suscita sorpresa e invidia.

    E' preparato il piccolo gruppo a gestire la valanga? Questo sarà il problema dei prossimi mesi e bisognerà far affidamento più sulle intuizioni dei vari Giovanni che sul vecchio Grillo. Molti non se ne sono ancora accorti: la nave ammiraglia della sinistra, il PD, sta affondando e non c'è possibilità di recuperarla, non è infatti il comandante il problema, è che la nave non può più navigare , ha fatto il suo tempo.

    de Magistris, Di Pietro, Vendola ecc. ecc parlano di un nuovo centro sinistra, di un nuovo PD…hanno lo sguardo rivolto al passato…quando la nave navigava ..

    E Grillo è preparato? lui non si è mai posto neppure il problema. Bisognerà imparare a fare da soli, sia i ragazzi del Movimento che chi movimento non è….

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  5. Nu
    Nu dice:

    Penso sempre di più che a parole nuove si debbano associare nuovi modelli di partecipazione. Le idee sono il grimaldello fondamentale per scardinare lo status quo partitico/istituzionale/mediatico. Contro le idee questi signori non hanno antidoto. Ma anche un modello di partecipazione diversa, che venga dal basso, è importante per una speranza di cambiamento.

    Credo che il tempo sia maturo per mettere in piedi questo nuovo modello di partecipazione. Credo sia tempo di finirla di correre dietro la politica dei partiti e di finirla con la contumelia istituzionale.

    Se abbiamo le idee, se possiamo pensare un nuovo metodo, mettiamoci alla prova senza troppi rimorsi.

    Almeno, non dovrò affrontare lo sguardo deluso di un figlio che mi chiederà, tra vent'anni, ma voi perché non ci avete provato???

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