I volti della speranza e il fallimento degli enti
“Massimiliano veniamo a trovarti i primi di luglio, ci affidiamo a te, vogliamo vivere una bella esperienza di viaggio in Calabria.” E’ questa la richiesta che un gruppo di amici pugliesi mi esprime in primavera. E il mio pensiero va subito lì, quando voglio emozionare e stupire qualcuno penso alla vallata dello Stilaro, un concentrato di storia, arte, cultura, enogastronomia, natura, spiritualità, come in pochi altri luoghi al mondo.
Anche questa volta decido di portarli in quel triangolo mistico formato da tre comuni: Stilo, Pazzano e Bivongi. La concentrazione di elementi attrattivi in questi luoghi ha pochi eguali: le miniere borboniche, la via dei mulini storici, i bagni termali di Guida, la centrale idroelettrica del Marmarico, il Monte Consolino, il monastero di San Giovanni Theristis, il centro storico di Stilo, l’eremo di Monte Stella, la Cattolica, la Cascata del Marmarico, la Ferdinandea. Basta spostarsi, poi, di pochissimi chilometri per aggiungere a quest’elenco anche: i megaliti di Nardodipace, la Certosa di Serra San Bruno, l’area archeologica dell’antica Kaulon, le cascate San Nicola di Caulonia, la cascata dell’Assi e l’archeologia subacquea a Monasterace Marina.
L’ultima volta che avevo messo piede da queste parti era il 2012, anno in cui, con il progetto Calabria Jones, avevo portato in gita una scolaresca catanzarese. All’epoca avevo trovato un territorio trascurato (come in tutti i luoghi dove l’assistenzialismo è assurto a modus vivendi) ma autentico, abbandonato ma non alterato.
Anche questa volta la prima tappa ha coinciso con le Cascate del Marmarico, le cascate naturali più alte del Sud Italia. A permetterci di raggiungerle, a bordo delle sue jeep, il buon Francesco Murace, un’istituzione da queste parti, senza di lui questo posto sarebbe appannaggio solamente di pochi appassionati escursionisti esperti. Il declino è lento ma inesorabile, mi spiega, “una volta si lavorava molto di più, oggi le presenze sono sensibilmente diminuite“. La strada che conduce alle cascate ogni anno è soggetta a frane e smottamenti e Francesco si dà da fare, nonostante tutto, per dare continuità al servizio di trasporto potando i rovi, tenendo pulito il sentiero e sistemando il ponticello di legno che serve per attraversare lo Stilaro. Nessun intervento serio di sistemazione della strada è stato fatto dalla prima volta che misi piede qui, circa dieci anni fa, da parte di enti o istituzioni. Trascorriamo la mattinata in questo paradiso naturale, dove nonostante il trascorrere del tempo la natura resta padrona e rientriamo all’ora di pranzo.
Ci aspettano a Bivongi, nel Borgo della longevità, impresa eretica creata da Francesco Carnovale tre anni fa dalla sapiente ristrutturazione di alcune casette del centro storico trasformate in paese albergo con annessa trattoria. Ci accolgono due ragazzi, Domenico e Alessandro, rimasti qui perché credono nel progetto e nel territorio e vogliono creare le condizioni per rinascere e vivere di turismo sostenibile. E’ Domenico in particolare a colpirci quando, parlando del fratello che “purtroppo se n’é andato a cercare qualcosa di meglio al nord”, ci rivela la sua strategia “io invece sono rimasto per cercare di costruire qualcosa qui e sono sicuro che mio fratello tornerà, mi ha detto che tornerà, sto lavorando anche per lui. Così quando tornerà troverà qualcosa“.
Al termine del pranzo ci portano in giro per il borgo, a bordo di due splendidi calessini Piaggio, sotto gli occhi attoniti degli anziani del paese, fino a raggiungere il magnifico monastero di San Giovanni Theristis. Ricordavo una strada difficile (ma non impossibile) da percorrere in auto come invece è diventata oggi, impraticabile senza un fuoristrada. Scopriamo che la chiesa in gran parte non è visitabile, la Soprintendenza ha scoperto degli affreschi e ha interdetto l’accesso ai visitatori da circa 5 anni e nessuno sa quando sarà riaperta.
Ritorniamo a Bivongi, salutiamo i nostri amici e risaliamo verso Monte Stella, uno degli eremi più suggestivi della Calabria. Dopo aver spiegato ai miei amici quelle poche informazioni apprese e scaturite, negli anni, dalla voglia di conoscere la storia della mia regione, mi accorgo che l’unico signore presente nella grotta mi ascolta e osserva attentamente a distanza, poi si avvicina e, ad integrazione di quanto detto fino a quel momento, ci spiega che lui è il restauratore dell’altare e ci svela come lo stesso fosse collocato, precedentemente, più avanti rispetto a dove si trova oggi, perché la Madonna ha lo sguardo rivolto verso l’alto quindi verso l’apertura della grotta che lascia intravedere uno squarcio di cielo, in direzione del pianeta Venere. Lo spostamento dell’altare ha coperto alcuni affreschi bizantini presenti alle sue spalle.
Da Monte Stella riscendiamo verso Stilo alla volta della Cattolica. Scopriamo che da questa primavera, finalmente, si paga un biglietto per visitarla (3 euro) dopo che per decenni da questo tesoro non si era riusciti a ricavare nulla. Affidataria della gestione la Cooperativa San Giorgio del giovane Gianluca Crea che, attraverso di essa, intende promuovere e rilanciare Stilo. Ha atteso circa un anno e mezzo, dalla sottoscrizione del contratto di concessione alla primavera di quest’anno, per ottenerne la gestione mentre per il Castello Normanno non gli è stata ancora formalizzata la consegna. Arriviamo tardi, sono le 19.40, la Cattolica chiude alle 20.00 ma nessuno ci avvisa di questo, facciamo il biglietto e chiediamo se all’interno c’è una guida e ci dicono di si. Entriamo e al suo interno c’è il solito custode, stipendiato dal MIBACT, che però non è guida e si guarda bene dal dare informazioni di alcun genere. Gli chiediamo se può spiegarci qualcosa e risponde che oltre ad essere stanco (siamo a fine giornata) non è pagato per quello ma solo per fare la guardia, avvisandoci che abbiamo poco tempo a disposizione perché lui alle 20.00 deve chiudere. Tiro fuori il cellulare, cerco sul Web le informazioni sulla Cattolica e comincio una guida ad orologeria. Mentre io leggo ad alta voce lui guarda l’orologio attentissimo a non sforare neanche di un minuto. Alle 19.50 ci avvisa che il nostro tempo è scaduto perché alle 20.00 lui deve aver già chiuso tutte le porte e i cancelli.
Usciamo e ci consoliamo con una granita al bergamotto nel chiosco antistante l’ingresso della Cattolica. Al termine, decidiamo di spostarci per raggiungere l’ultima tappa della giornata: l’area archeologica di Kaulon, lungo la spiaggia di Monasterace. Non prima però di fermarci ad ammirare il panorama sul borgo di Stilo che si gode dal rettilineo che lambisce la Chiesa di San Francesco. Accostiamo l’auto, scendiamo, attraversiamo la strada e non faccio in tempo a dire “da qui possiamo ammirare il centro storico di Stilo” che i miei occhi cadono su un obbrobrio (che scopro successivamente essere stato realizzato nel 2013 dall’amministrazione comunale dell’epoca) che sta li a sfregio della storia, del territorio, del buon senso, dal gusto, dell’estetica e di quanto altro ogni essere umano sano di mente potrebbe avere a cuore.
Mi viene in mente che i comuni oltre che essere sciolti per mafia, (in un paese come l’Italia dal ricco patrimonio storico, paesaggistico e architettonico), dovrebbero essere sciolti per vandalismo e inettitudine. Dovrebbe essere un reato gravissimo deturpare un panorama (con costruzioni impattanti), sfregiare un monumento (con ristrutturazioni improbabili), diffondere depressione (con opere visivamente angoscianti), influire sul clima e l’ecosistema (con incendi e disboscamenti) perché il paesaggio influisce sull’umore degli abitanti.
Tutto ciò che di buono e positivo ho visto in questa giornata non è opera delle cosiddette “istituzioni” ma di appassionati che si sono fatti istituzione. Tutto ciò che lascia intravedere un barlume di speranza ha dei volti ben precisi, si tratta di persone in carne ed ossa con nomi, cognomi e bei sorrisi. Al contrario, tutto ciò che ha deturpato e stravolto o reso difficilmente fruibile questo territorio si nasconde vigliaccamente dietro sigle, enti, apparati, sovrastrutture.
L’unico modo per preservare questi luoghi dalla devastazione che incombe su di loro è dare fiducia ai vari Francesco, Domenico, Alessandro, Gianluca che ogni giorno si fanno istituzione, l’unico modo è andare a trovarli, farli lavorare, farli crescere, aiutarli e migliorare, non lasciarli soli perché sono circondati da depressione, apatia e negatività.
Proseguiamo oltre in direzione del mare. E’ quasi buio, arriviamo sulla spiaggia di Kaulon con ancora una luce sufficiente a captare le sagome del tempio dorico e delle costruzioni adiacenti. La luna è piena e disegna una scia luminosa sul mare quasi a tracciare un sentiero, direzione est. Avverto un bisogno impellente, immagino di percorrerla questa scia luminosa, di camminare sull’acqua come un novello Gesù, per tornare indietro, lì dove tutto ha avuto origine, alla ricerca della bellezza che quelle civiltà sapevano creare, apprezzare e restituire.
Massimiliano Capalbo
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