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Il Case Fatality Rate della democrazia

Lo definiscono “Case Fatality Rate” quelli dell’Istituto Superiore di Sanità, in perfetto linguaggio epidemiologico e in ossequio al colonialismo culturale inglese, ma non è altro che il tasso di letalità, ovvero la proporzione, espressa in percentuale, dei decessi sul totale dei soggetti ammalati di una determinata malattia (in questo caso il Covid-19) in un ben definito arco di tempo. A leggere l’ultimo bollettino dell’ISS (datato 13 ottobre 2021) questo CFR sarebbe in linea con quello di una normale influenza stagionale. Non si sarebbe trattato, quindi, della peste nera, come già aveva capito fin dal primo minuto chi è riuscito a mantenere integra la capacità di ragionamento e non si è lasciato sviare dall’allarmismo mediatico ma di un’epidemia molto contagiosa, certo, ma poco letale.
Dall’inizio dell’epidemia, su quasi 5 milioni di casi Covid, per fortuna, solo 130.000 persone sono state registrate come morte con il Covid e non per il Covid. La maggior parte erano anziane e avevano patologie che le avrebbero condotte comunque alla morte in tempi più o meno brevi. Nonostante l’assenza di piani pandemici, di dispositivi di protezione individuale, di strutture sanitarie pronte ad accogliere i casi più gravi, di vaccini e dei ritardi nell’adozione di strumenti di rilevamento dell’epidemia (tamponi) il Covid non ha prodotto la strage che i media compiacenti ci hanno raccontato. Abbiamo fermato il mondo per il panico generato da un’influenza poco conosciuta. Giusto nella prima fase, meglio essere prudenti di fronte a ciò che non si conosce. Ma dopo? E, soprattutto, adesso? E’ scattato quello che si chiama “capacità di cogliere al volo le opportunità” quando si presentano. Multinazionali e istituzioni, hanno adeguato i loro piani alla nuova situazione, hanno creato lo scenario ideale per rendere plausibili le proprie scelte, a partire dallo stato di emergenza che continua ad essere prorogato senza alcuna reale motivazione sanitaria.
E’ stata scambiata (volutamente?) la contagiosità per letalità, è stato creato un allarmismo ingiustificato e sproporzionato rispetto alle reali conseguenze, è stato prorogato lo stato di emergenza e sono state limitate le libertà personali per qualcosa che fa molti meno morti dell’inquinamento atmosferico.
L’unico Case Fatality Rate in crescita è stato, in questi due anni, quello della democrazia perché manca il cane da guardia, mancano i giornalisti, quelli veri, liberi e indipendenti capaci di rappresentare quel quarto potere in grado di riequilibrare i rapporti di forza tra le parti e fissare dei punti fermi, dei dati incontrovertibili su quello che sta accadendo. Il cittadino più scaltro e impegnato, che si sente vessato dalle scelte dei governi attuali, non sa a chi rivolgersi. Per l’UE la supremazia del diritto europeo vale solo per la Polonia, se gli scrivete per denunciare gli abusi commessi dal governo italiano nell’applicazione delle norme sul green pass vi rispondono che non hanno potere, che dovete rivolgervi al difensore civico regionale, se la situazione non fosse seria ci sarebbe da ridere. Se Julian Assange, uno dei pochi veri giornalisti ancora viventi, non fosse detenuto in un carcere inglese e fosse stato libero di agire chissà cosa avremmo scoperto nel leggere i cablo che istituzioni, media e big pharma si sono scambiati in questi ultimi due anni. Ma Assange fa più paura dell’ISIS ed è stato messo in condizioni di non nuocere.
Lo scenario nel quale ci si muove è peggiore di quello di una dittatura, perché durante i regimi dittatoriali ci si poteva rivolgere ad altri Paesi che non fossero nella sfera di influenza del regime e sperare in un intervento armato, ma oggi la narrazione dominante è unica, non c’è via di scampo. I governi sono ostaggio delle multinazionali e i loro rappresentanti sono i loro amministratori delegati. La globalizzazione coincide con l’appiattimento del pensiero, delle coscienze e la riduzione a consumatori (anche di salute) della maggioranza dei cittadini che, cresciuti nel benessere e nelle comodità, non sono più in grado di riconoscere i pericoli, opporsi per impedire che si diffondano perché incapaci di rinunciare a quel benessere. C’è una minoranza, invece, sulla quale l’effetto di questo scenario è opposto, sta contribuendo ad accelerare il passaggio a scelte di vita più consapevoli, l’antagonista è il loro migliore alleato, anche perché il dopo Covid (semmai ci sarà) non potrà essere come il prima. Non hanno bisogno del consenso o dell’accordo con le istituzioni per farlo e lo stanno facendo. Forse, per la prima volta nella storia dell’umanità, il cambiamento ha scelto una strada nuova per affermarsi.

Massimiliano Capalbo

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