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Il demos e le condizioni per una dittatura

Quando tutti sono convinti che il pericolo possa giungere da una parte, ecco che si palesa invece da tutt’altra parte. Il pericolo, infatti, non sarebbe tale se fosse prevedibile, perché le potenziali vittime sarebbero in allerta e impedirebbero in qualche modo il suo palesarsi. E’ quello che è accaduto e potrebbe ancora accadere con le dittature, che non vengono mai annunciate come si crede ma si palesano nel momento in cui si creano le condizioni perché possano instaurarsi. Mentre per alcuni anni siamo stati costantemente allertati del pericolo teorico che, l’avvento al governo di partiti che fanno capo a Salvini e Meloni, può rappresentare per la democrazia, da alcuni mesi assistiamo invece all’assunzione di provvedimenti, concreti e reali, di limitazione delle libertà fondamentali della persona che, a ruoli invertiti, avrebbero generato come minimo girotondi di piazza. Da quasi un anno, a piccoli passi e con la tecnica della rana bollita, ci stiamo abituando ad accettare condizioni di limitazione delle libertà, ad orologeria, che mai avremmo immaginato possibili prima, non perché ci sia in circolazione un virus altamente letale e imbattibile ma perché i rappresentanti che abbiamo eletto, il sistema sanitario e i dipendenti pubblici che sono stati scelti per governarlo si sono dimostrati e continuano a dimostrarsi non all’altezza della situazione. I calabresi, per fare un esempio a caso, hanno dovuto subire per 40 giorni la zona rossa, perché alcuni funzionari pubblici, affetti da uno dei sette vizi capitali, l’accidia, si sono rifiutati di utilizzare il software che era stato predisposto allo scopo, per inviare i dati corretti al ministero. Governanti e governati giocano su tavoli diversi la loro partita contro un virus che invece fa e continuerà a fare solo il suo lavoro, quello per cui madre natura l’ha generato.
I Greci batterono i Persiani a Salamina non perché numericamente e tecnologicamente superiori ma perché diedero fiducia ad un leader, Temistocle, che aveva una strategia chiara e condivisa (rischiosa ma rivelatasi poi vincente oltre che uno straordinario esempio di partecipazione di massa) e soprattutto perché erano una società (il demos) unita e disposta a tutto (sacrificarono Atene per attuare la strategia) pur di mantenere intatta la propria autonomia.
Le condizioni perché le dittature possano instaurarsi si creano, invece, quando la maggior parte dei cittadini delega (leggi scarica) la risoluzione dei problemi (leggi responsabilità) ad uno sparuto gruppo di rappresentanti, chiedendo loro di trovare una soluzione (preferibilmente indolore e rapida) al problema. Da quel momento in poi l’obiettivo del rappresentante diventa quello di dare la percezione, nel più breve tempo possibile, di averlo risolto il problema e la maniera più rapida che si prefigura all’orizzonte in questo momento è il vaccino. Sono tutti convinti, infatti, governo e cittadini, che il vaccino rappresenti la soluzione, che dal giorno dopo l’iniezione di massa ci ricorderemo di questo 2020 solo come di un anno sfigato. Quando la soluzione è unica diventa un dogma e il dogma si trasforma in metodi coercitivi, chi non si adegua diventa un pericolo, perché rischia di mettere in discussione il dogma, quindi la soluzione, quindi il mandato di chi è stato prescelto per trovare la soluzione. Le tensioni generate dalla cattiva gestione del problema, dall’enfasi della comunicazione veicolata dai media, dalla pressione dell’opinione pubblica e dall’incapacità della stessa di autogestirsi in una società allevata in cattività da uno Stato-chioccia, non possono che generare paura e la paura è una delle cause che generano decisioni non democratiche.
Quando la paura si impadronisce di chi governa, i rimedi per fronteggiarla possono contemplare la possibilità di sopprimere delle libertà, se poi ad essere spaventati sono anche i governati allora non c’è bisogno neanche della forza per instaurare l’autoritarismo, come stiamo osservando in questi mesi. Le democrazie non sono forme di governo adeguate ad affrontare le emergenze perché richiedono una cittadinanza (un demos) matura e capace di assumersi delle responsabilità, non alla ricerca di scorciatoie per tirare a campare come quelle nelle quali viviamo. Per affrontare le emergenze si rivelano maggiormente efficienti i regimi totalitari, con organizzazioni verticistiche che danno ordini da eseguire e dove chi sbaglia viene eliminato rapidamente e sostituito, basta confrontare la gestione dell’emergenza Covid in Cina per capirlo.
Non riusciremo a prevedere l’avvento della prossima dittatura a causa anche dell’opinione di molti circa la natura del bene e del male. E’ convinzione diffusa, infatti, che l’essere cattivi o l’avere una propensione per la negatività sia una prerogativa degli altri, come è emerso nella puntata di Eretica TV del 9 dicembre, siamo convinti cioè che esistano delle persone buone o cattive per natura. La realtà e la storia, invece, ci dimostrano che cattivi (così come buoni) si diventa, che basta averne l’occasione e che spesso questa si presenta quando le condizioni ambientali e il contesto nel quale agiamo lo consentono (leggi favoriscono). E’ così che si spiegano le dichiarazioni di alcuni giornalisti(?) come l’Annunziata, comunemente considerata “di sinistra”, a favore dell’obbligo di vaccinazione o di alcuni membri del governo come il viceministro della sanità Sileri che questa mattina, intervistato nel corso della trasmissione Agorà, non ha escluso l’ipotesi di pensare a delle forme di obbligatorietà qualora il numero di vaccinati non raggiungesse percentuali soddisfacenti.
Le condizioni per una dittatura, dunque, ci sono tutte: un governo incapace e schiavo dell’opinione pubblica, dei governati immaturi e incapaci di assumersi dei rischi e delle responsabilità, dei media schizofrenici e squilibrati, sullo sfondo la paura che ci accomuna tutti. Con un demos così i Persiani non troveranno grandi ostacoli sulla loro strada.

Massimiliano Capalbo

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