Il teatrino dei migranti e la mossa decisiva
Assistiamo ormai da tempo a periodiche messe in scena sui migranti che non fanno altro che certificare la disorganizzazione che regna nelle istituzioni nazionali e il fallimento di quelle europee. Gli attori in scena sono molteplici, ognuno con obiettivi diversi, ma tutti chiusi nel proprio individualismo. Le istituzioni, a vario titolo, con l’obiettivo di strumentalizzare politicamente le disgrazie altrui a proprio vantaggio, le ong interessate a perpetrare a lungo una situazione che altrimenti non le vedrebbe protagoniste, gli immigrati illusi di dare una svolta in meglio alla propria vita raggiungendo quello che gli è stato raccontato essere un paradiso.
Un teatrino, che va avanti da alcuni decenni, cui nessuno pare intenzionato a porre fine, non perché la fine non ci sia ma perché il problema spesso può far comodo a tanti, può rappresentare un’occasione di visibilità, di consenso elettorale, di carriera, di strumentalizzazione.
L’ultima versione della sceneggiatura, in ordine di tempo, vede da un lato il governo proseguire nella sua battaglia per affermare un principio sacrosanto che è quello della equa ripartizione dei migranti e del coinvolgimento dell’intera comunità europea nella risoluzione del problema, che appare comunque più coerente di un’opposizione che, nel periodo in cui è stata al governo, ha creato le condizioni perché i migranti divenissero un problema invece che un’opportunità, mentre adesso che è all’opposizione li usa per strumentalizzarli a fini ideologici (illudendosi che difendere i migranti possa portare consenso elettorale). Eppure al governo basterebbe introdurre un piccolo stratagemma per far cadere in un colpo solo il velo di ipocrisia che cela l’agire dell’opposizione da un lato e risolvere il problema alla radice dall’altro.
Il fenomeno dell’immigrazione è un fenomeno epocale che ha preso il via, secoli fa, come effetto collaterale dell’opera di colonizzazione e di conquista europea che continua in forme e metodi diversi tutt’oggi e non riguarda solo l’Europa riguarda il Nord (leggi paesi industrializzati) del mondo. Chi è stato ridotto alla fame nel proprio paese, saccheggiato e devastato, da tempo va a bussare a casa del saccheggiatore a chiedere quello che gli è stato sottratto, illudendosi di poter cambiare la propria vita semplicemente aderendo al modello socio-economico imposto dal colonialista (una doppia sconfitta praticamente).
La prima questione che occorrerebbe chiarire, se ci fosse una reale volontà di trovare una soluzione una volta per tutte al problema, è se attualmente i migranti rappresentino un problema o una risorsa. Fatto questo, il passo successivo e più naturale, dovrebbe essere quello di permettere l’accesso dei migranti sul proprio territorio solo a condizione che ci siano dei cittadini (quelli convinti, ad esempio, che rappresentino una risorsa) disposti a offrire loro ospitalità, lavoro e opportunità concrete. Ovvero se ci fosse una reale e sincera solidarietà, un reale interesse, oltre che semplice volontà di rimediare al danno commesso magari perché spinti dal senso di colpa. Questo non spetta ai governi, spetta ai singoli individui che di quei governi (e di quelle politiche colonialiste) sono stati e sono tutt’ora i mandanti. Mi rendo conto che non tutti i cittadini di una nazione sarebbero disposti a farlo (e questo perlomeno smaschererebbe la solidarietà ipocrita che sentiamo sbandierare a voce e per iscritto sui media) ma certamente una buona minoranza si, perché dunque non lasciarglielo fare? In questo modo non vedremmo migranti che gironzolano per le strade senza sapere cosa fare e dove andare o alla mercè della malvita organizzata, sparirebbero i lager di Stato costruiti da quella stessa opposizione che oggi etichetta il governo come “senza cuore”, non vedremmo quelle processioni ridicole al capezzale delle navi a favore di telecamera e finirebbe questa solidarietà istituzionale che pretendiamo sostituisca la nostra personale solidarietà, faremmo qualcosa di concreto per integrarli e dargli un’opportunità reale di realizzazione personale e, in qualche modo tentare di ricucire dei rapporti storicamente squilibrati. Sentirsi “altruisti a spese dello Stato”, come ha scritto tempo fa Giuliano Buselli su questo sito, è troppo comodo. L’accoglienza o è personale o non lo è. Anche elargire grandi somme di denaro da governo (colonizzatore) a governo (colonizzato) serve a lavarci la coscienza e ad alimentare quei governi corrotti, amici dell’Occidente, perché tutto resti così com’è. Non intendo affrontare qui problemi di politica internazionale perché sono più grandi di noi e richiedono tempo e volontà che al momento non si intravedono. Mi limito, pertanto, a proporre una soluzione al problema contingente.
Se il migrante, come molti affermano (e io ne sono straconvinto) è una risorsa, allora occorre dargli un’opportunità concreta per esprimersi. Se l’incontro con l’altro è foriero di creatività, di innovazione, di crescita sociale e culturale, di integrazione, di benessere (e io ne sono straconvinto) allora perché considerarlo un problema? Per far si che i presunti carnefici in questa vicenda scompaiano, è sufficiente smettere di fare le vittime. Nessuno può perseguire qualcuno che non si senta una vittima. A meno che il carnefice non faccia comodo a qualcuno, non serva per strumentalizzare il problema e per vestire i panni del salvatore. Non ho mai visto qualcuno chiedere aiuto per spartirsi un valore. Di solito si sta ben attenti a non farselo sottrarre. Se crediamo, quindi, che i migranti siano un valore allora bisogna correre ad accaparrarseli, se crediamo siano un problema allora sarebbe più coerente agire perché non partano dai loro paesi. Ovviamente questa dovrebbe essere una strategia europea ma, in assenza di ciò, anche un singolo paese (come l’Italia che ne è direttamente investito suo malgrado) potrebbe cominciare a dare l’esempio. Questa si che sarebbe una mossa intelligente in grado di fare piazza pulita dell’ipocrisia, della falsa solidarietà, della strumentalizzazione politica e della retorica di cui sono pieni giornali, tv e Web.
Massimiliano Capalbo
Per lo più d’accordo con te.
Intendo dire che credo fortemente che una corretta gestione del fenomeno (anche a livello europeo) possa spostare l’asticella da problema a opportunità.
Non credo che si possa lasciare il fenomeno solo alla (vera) solidarietà e iniziativa dei singoli, vista la portata del fenomeno.
Un aiuto istituzionale dovrebbe esserci, non in termini di assistenzialismo economico(!), ma semplicemente portando un datore di lavoro a poter valutare l’assunzione di un immigrato tranquillamente, senza migliaia di orpelli burocratici (e lo stesso si può dire per i centinaia di orpelli per il lavoratore italiano). Per esperienza personale, questo ora non è vero. Fatto (almeno) questo, nessuno potrà più dire che lo stato non fa nulla, potrebbe iniziare a guardarsi allo specchio e dire: forse non sono così pieno di solidarietà come pensavo..