Si è celebrata, in questi giorni, una data cinematografica che ai più giovani può non dire nulla ma che per quelli della mia generazione dovrebbe rappresentare un’occasione di riflessione. Nel secondo capitolo del film di Robert Zemeckis “Ritorno al futuro”, proiettato con successo negli anni ’80, i protagonisti Doc e Marty viaggiavano nel tempo arrivando fino al 21 ottobre 2015. Il film, come molti altri prodotti culturali hollywoodiani dell’epoca, era un classico esempio di diffusione di massa di una retorica, quella del sogno americano, costruita su una cieca fiducia nel progresso (soprattutto tecnologico) fatto di lusso e serenità che ha caratterizzato quegli anni di boom economico.
Nessuno dei protagonisti del film poteva immaginare che il vero 21 ottobre 2015 sarebbe stato così deludente, che si sarebbero trovati catapultati indietro, nel futuro, scoprendo un pianeta flaggellato ancora dalle guerre e dal terrorismo, da una crisi economica senza precedenti, da un’impoverimento generale culturale e sociale prima che economico, da un’inquinamento crescente, da cambiamenti climatici epocali, prigioniero dei fondamentalismi, depresso e incapace di immaginarlo questo futuro, senza navicelle spaziali ed effetti speciali.
Proprio in quei mitici anni ’80, mentre il presente cambiava senza che ce ne rendessimo conto, il nostro sguardo era rivolto al futuro, un futuro carico di aspettative che ha disatteso tutte le previsioni. Mentre eravamo intenti a fantasticare su mirabolanti tecnologie, prendeva corpo e struttura l’unica tecnologia che avrebbe, di lì a poco, rivoluzionato veramente il nostro modo di vivere, lavorare, comunicare e relazionarci senza che ce ne accorgessimo e senza che nessuno ne annunciasse l’avvento. Una rivoluzione vera, lenta e silenziosa, quella di Internet. Alla fine del secolo scorso, prima che il crollo delle torri gemelle ci catapultasse indietro di qualche secolo, come la macchina del tempo di Doc, qualcosa di rivoluzionario stava avvenendo nella società intenta ad inseguire il sogno americano, qualcosa che fino ad oggi non siamo ancora riusciti forse a cogliere e comprendere in pieno, a dimostrazione del fatto che non è (e non sarà) la tecnologia in sè a determinare il progresso dei popoli ma le motivazione ed i contenuti che decideremo di veicolare attraverso di essa. Anzi è forse proprio la cieca fiducia nella tecnologia ad aver ridotto la nostra capacità di sognare e di immaginare, così come avviene con i bambini circondati da troppi giocattoli. La tecnologia oggi è in grado di mostrarci ciò che va oltre l’immaginazione e a noi non resta che recitare il ruolo di spettatori passivi, ai quali l’unica attività constentita è quella di aprire la bocca per manifestare il proprio stupore.
La rivoluzione dunque c’è stata ma sembriamo non essercene accorti perchè distratti dall’unico obiettivo rimasto da quando sono crollati, assieme ad un muro, anche gli ideali: fare denaro. Ed è proprio sull’altare del profitto senza fine che sono state sacrificate, all’inizio del nuovo Millennio, tutte le idee più giovani e innovative che l’avvento di Internet aveva generato. La rivoluzione non c’è stata non perchè non ce ne fossero le condizioni materiali o storiche ma perchè il denaro è stato ancora una volta messo in cima ai pensieri di chi, giovane e meno giovane, aveva osato sognare. All’inizio del nuovo Millennio un gap di conoscenza aveva dato un vantaggio competitivo ad una generazione di giovani, addomesticati poi dal desiderio di ricchezza materiale, che non è stata capace di generare quel progresso sognato.
La cieca fiducia nel progresso è così svanita, si è sgonfiata assieme alla bolla economica di Internet. Il progresso doveva renderci più liberi e così stava avvenendo, ma questa libertà non solo non siamo stati capaci di usarla ma ci ha anche spaventati. Ha perso la sua accezione positiva trasformandosi in una fonte di inquietudine, di disorientamento. Condannati alla libertà di scelta ci siamo trovati di fronte a nuove responsabilità che non ci siamo voluti assumere. Il destino era e continua ad essere nelle nostre mani e dipende solo da noi, ma fino a quando il cambiamento ci farà paura continueremo a voltarci indietro, nel futuro.

Massimiliano Capalbo

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