La cultura e la frattura che sfuggono ai media
È rimbalzata, sui giornali italiani, la notizia della “movida” a Madrid. Come sempre, prevale l’immagine stereotipata della Spagna paella & sangria. Si prende a modello un quartiere affollato di Barcellona o di Roma, e si proietta su tutto il Paese. Ma ci sono tante Spagne, così come ci sono tante Italie. Tante Europe lontane da Bruxelles. “Pasqua, dai picnic ai negozi: cosa si può fare” è un titolo rivolto a chi vive in città, in un appartamento, e quando si dirige a un parco urbano ben recintato dice – è convinto – di andare a rilassarsi in natura. La pandemia rende ogni giorno più evidente la frattura tra chi vive in un’area metropolitana e chi altrove, dove però l’altrove è la maggioranza del territorio.
I due simpatici anziani ritratti nella foto sono gli unici avventori di un bar in un pueblo di Castiglia. Li ho fotografati un paio di anni fa. Se non fosse per la bandiera, potrebbe essere il bar di un paese della Carnia o della Basilicata. Nessuna “movida” laggiù, mai esistita. Nessuna conoscenza del picnic, cioè del pasto all’aria aperta, perché laggiù all’aria aperta si sta già tutto il giorno, a potare le viti o sistemare muretti a secco. Lo shopping, boh. Mai pervenuta la corsetta. Mai pervenute molte delle parole che si affastellano nei giornali. Laggiù vivono i nostri nonni, soli e silenti.
L’altro giorno, camminando in Carso, sono arrivato in due paesi minuscoli. Alcuni abitanti mi hanno subito avvisato del passaggio dei poliziotti. Erano venuti a controllare che non ci fossero assembramenti in due bar deserti. Più o meno come quello ritratto in questa foto. Bar e uomini molto lontani da Madrid, da Roma, o da Bruxelles.
I nostri giornali parlano delle feste e degli ubriachi per le strade di Madrid. Non ci dicono però che a Madrid i luoghi della cultura non sono mai stati chiusi dalla scorsa estate: musei, teatri, cinema, tutto aperto anche durante la seconda e la terza ondata. L’Assessorato alla Cultura della Regione ha dichiarato pochi giorni fa che da quando è ripresa l’attività culturale più di 550 mila persone hanno assistito ad eventi e non è stato registrato alcun focolaio. El Real si è convertito nell’unico teatro lirico aperto in Europa durante la pandemia. Nei cinema sono stati adottati dei sistemi di sterilizzazione ideati dalla NASA. Il 25 marzo scorso il Dantedì è stato celebrato all’Auditorio Nacional con un concerto di Nicola Piovani. Piovani e Dante, in Spagna sì, in Italia no.
A ottobre 2020, mentre il Ministro Dario Franceschini chiudeva sale da teatro, da concerto e cinema, dichiarando “lavoreremo perché la chiusura sia più breve possibile”, il suo omologo spagnolo, José Manuel Rodríguez Uribes, lanciava una campagna social intitolata “La cultura è sicura”. Quindi la domanda è: perché la cultura è sicura in Spagna e in Italia no? E poi: perché Franceschini è ancora Ministro della Cultura?
Luigi Nacci
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