La sospensione dell’incredulità e il green pass
Ore 10, gli studenti dell’Università di Bologna no-green pass hanno organizzato davanti alla casa di Carducci una lezione all’aperto su “Filologia, anarchia, libertà”. Parla il prof. Francesco Benozzo docente di filologia all’Università di Bologna, sospeso dall’insegnamento e dal percepire il relativo stipendio perchè non ha il green pass. Due ore di alta cultura, al sole e nel silenzio della piazza, tra filologia, filosofia, antropologia, storia, letteratura. Ci sono i ragazzi e ci sono anche tanti cittadini che sono venuti appositamente o che transitavano nei paraggi.
La lezione ruota attorno al concetto di libertà: non va vista, dice Benozzo, come un affrancamento da vincoli esterni, un’assenza di vincoli, la libertà è congenita all’essere umano, ha a che fare con ciò che è originario. Aspirare alla libertà è quindi una nostalgia di qualcosa che abbiamo già dentro e che pertanto nessuno ci può togliere.
Nel corso della lezione all’aperto il prof. Benozzo è ricorso a un carattere della semiotica per spiegare il processo di accettazione da parte della maggior parte dei cittadini della narrazione dominante sulla pandemia: la “sospensione dell’incredulità” o del dubbio (suspension of disbelief) di cui per primo parlò, nel 1817, il poeta S. T. Coleridge. Il lettore o lo spettatore mettono da parte il proprio scetticismo o dubbio circa lo svolgimento di una storia o di una rappresentazione teatrale e accettano di credere a ciò che gli viene raccontato, sospendono le proprie facoltà critiche per ignorare le incongruenze del racconto e godere così pienamente dell’opera letteraria o dello spettacolo.
Se all’epoca di Coleridge il fenomeno poteva riguardare la ristretta cerchia di lettori e spettatori di teatro è evidente che due secoli di diffusione su scala planetaria di spettacoli cinematografici, televisivi, pubblicitari ha creato una massiccia propensione a sospendere l’incredulità e ad accettare le narrazioni dominanti, ci si sente confortati e accolti in una zona di sicurezza.
Grandi fenomeni storici di massa, quali fascismo, comunismo e anche alcuni periodi delle democrazie, sono stati affetti da più o meno gravi forme di “sospensione dell’incredulità”. Vivere di media porta a sospendere il proprio rapporto con la vita e ad affidarsi al racconto che viene da fuori.
Per uscire da questa sospensione occorre un racconto che venga da dentro, fare esperienza del reale e poterlo così raccontare in proprio. Più persone racconteranno in proprio il tempo che viviamo, più entrerà in crisi la narrazione dominante affidata ai media.
Alla lezione hanno fatto seguito domande e risposte e, alla fine, la sensazione è di aver assistito più che a una forma originale di protesta, a un assaggio di quello che diventerà la cultura nei prossimi decenni, aperta, luminosa, coraggiosa.
Giuliano Buselli
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