L’attesa (vana) del turista e lo stupore dei residenti
“Massimilià che stai combinando? Hai deciso di fare una crociata? Che succede?” Questi alcuni dei commenti che in questi giorni sono stati pubblicati sul mio profilo FB o inviati, con messaggi privati, da amici e conoscenti, in seguito alla pubblicazione di alcune foto, seguite da commenti, che ho scelto per descrivere il turismo che non c’è in Calabria. In realtà non sto facendo niente di diverso da quello che faccio tutti gli anni (da dieci anni a questa parte) nei mesi di luglio e agosto, ovvero visitare personalmente circa 300 strutture ricettive (tra alberghi, villaggi, camping, agriturismi e b&b) in tutta la regione per promuovere il mio parco. So dirvi chi ha più clienti e chi ne ha di meno, chi lavora bene e chi ci fa fare figuracce, chi contribuisce ad accrescere il valore del territorio e chi lo sottrae, chi è frequentabile e chi no, chi è professionale e chi meno. Questo non fa di me un esperto di turismo (gli esperti nel 2018 non esistono se non per farsi pagare profumatamente dalle istituzioni) ne fa semplicemente una delle poche persone in grado di poterne parlare con cognizione di causa. Il turismo non si fa negli uffici con l’aria condizionata, si fa sotto il sole, sporcandosi le mani, sudando.
Qual è la differenza rispetto agli scorsi anni dunque? Semplice: mentre gli altri anni soffrivo in silenzio, quest’anno ho deciso di rendere pubbliche alcune (le più digeribili) delle visioni che sono costretto a sopportare in questi miei lunghi tour in giro per la regione. Vi ho risparmiato, infatti, la spazzatura sotto ogni cavalcavia in corrispondenza di fiumi o nelle piazzole di sosta per le auto, l’assenza di informazioni e indicazioni, l’incuria, l’abbandono e il degrado di luoghi e monumenti, le case incomplete e quelle che deturpano il paesaggio, l’assenza di manutenzione stradale e via trascurando, degradando e violentando. Nulla di nuovo dunque, l’unico cambiamento da registrare è il costante, ovvio e inesorabile declino della Calabria come meta non solo di vacanza ma, soprattutto, di residenza. Lo spopolamento di questa regione si nota facilmente, soprattutto in inverno.
La cosa che più mi stupisce è il vostro stupore che nasce probabilmente dalla scarsa mobilità, dalla scarsa propensione ad attraversarla e viverla questa regione, ad amarla. I calabresi non conoscono la Calabria, altrimenti non emigrerebbero, solo un pazzo lo farebbe, la difenderebbero e la valorizzerebbero, non si stupirebbero. Perché vi stupite? Cosa è stato fatto fino ad oggi perché non fosse così? Cosa ha fatto ciascuno di noi perché ciò si evitasse? Abbiamo abbellito i nostri quartieri? Abbiamo contribuito a valorizzare un monumento o un’area archeologica? Abbiamo piantato degli alberi o dei fiori? Abbiamo provato ad elevare il livello culturale del nostro paese? Abbiamo evitato di lasciare rifiuti per strada? Ci siamo battuti per evitare che costruissero una centrale inquinante? Abbiamo denunciato abusi edilizi o danni all’ambiente? Abbiamo creato imprese turistiche? Si lo so che adesso il 20% di voi comincerà ad elencare quello che ha fatto. Non basta! Manca l’80% (al quale mi sto rivolgendo) altrimenti non saremmo ridotti così. Se non ci credete voi perché dovrebbero crederci gli altri, i turisti? Se le nostre vite sono tristi e depresse perché dovrebbero allettare un potenziale visitatore?
Quest’anno c’è una strana atmosfera nei luoghi di villeggiatura, un’atmosfera di attesa. I gestori/titolari delle strutture attendono (ad agosto iniziato) che arrivino i turisti ma, mi domando, perché? Perché dovrebbero arrivare dei turisti? Cosa è stato fatto perché oggi si possano attendere degli arrivi? Quale immaginario dovrebbe spingere dei potenziali visitatori a raggiungere la nostra terra se manca il narratore interno e siamo costretti a subire narrazioni esterne stereotipate e false? Perché ci sediamo a tavola e pretendiamo di mangiare se nessuno ha cucinato?
E’ stato fatto un lavoro di squadra in questi ultimi decenni che, come tutti i lavori di squadra, ha portato i suoi frutti, quelli che sono sotto gli occhi di tutti. Perché il lavoro di squadra non funziona solo in positivo, funziona anche in negativo. Al raggiungimento dell’obiettivo hanno contribuito tutti: istituzioni, imprenditori, residenti. La Calabria è una puttana e noi siamo i magnaccia che ogni giorno consentono che venga stuprata a vari livelli. E adesso ci stupiamo perché ha perso la verginità? Ognuno di voi ha risposto alle mie provocazioni partendo dal proprio orticello, ha assunto una visione parcellizzata per commentare un fenomeno molto ampio, quello del turismo. Il proprio orticello come metro di misura del mondo. Le foto sono state utilizzate a piacimento come arma per colpire il proprio personale nemico: il politico, il cliente, l’imprenditore, il tempo, la sfiga, le infrastrutture. Alibi, sempre e solo alibi, di cui ci nutriamo quotidianamente per giustificare la nostra ignavia e allontanare da sé le responsabilità. Nessuno è stato capace di fare autocritica di esprimere la volontà (concreta) di fare qualcosa domani mattina, di mettersi in gioco, di rischiare. Anche quando parliamo di noi stessi (i calabresi) ci tiriamo fuori, come se fossimo di un’altra regione, abbiamo la capacità di dissociarci ed auto-assolverci da ogni colpa. I calabresi sono gli altri. Ci sono tanti modi per farlo: fuggire, voltarsi dall’altra parte, stare a guardare, diffondere false credenze, essere complici, criticare. Nessuno ha una visione sistemica del territorio. Ognuno gioisce del fallimento dell’altro dimenticando di essere parte di quel fallimento, di non potersi tirare fuori. Ci comportiamo con le persone così come ci comportiamo con la natura. Pensiamo che sia sufficiente rendere agibile il mare per vivere bene fino a quando il fiume non trascina a valle i detriti della montagna che abbiamo abbandonato.
Ho pubblicato le foto per fare informazione, quella che i giornalisti(?) non sanno più fare, perché a loro basta alzare un telefono per chiamare il funzionario della Regione (che non dirà mai ovviamente che la situazione è disastrosa) per parlare con cognizione della Calabria e del turismo che, secondo loro, c’è perché hanno passato una notte a Tropea ad agosto a spese della Regione (quindi nostre). Trascorriamo le nostre giornate ad appuntare gli spilli della nostra rabbia sulle bambole woodoo che i media confezionano quotidianamente per noi, per sviarci dai problemi reali che abbiamo sotto casa, perché possiamo trovare tanti alibi per non agire. Anche questo articolo sarà usato come alibi da alcuni.
Qualcuno ha scritto che il deserto è bello perché non c’è rumore sulle spiagge e c’è meno inquinamento. Si, molto bello, se esistesse già un turismo alternativo e sostenibile ma, soprattutto, costituito da una rete di operatori sparsi sul territorio che dialogano, collaborano e fanno massa critica soprattutto in termini economici. Ma tutto questo ancora stenta a incidere concretamente sul benessere di questa regione. In una normale località turistica non è il gestore della motivazione di viaggio (del cosa fare) ad andare a proporsi al gestore di servizi collaterali (alberghi, ristoranti) ma il contrario. Il turista non viene a mangiare e a dormire viene a fare delle attività, a mettere in gioco delle passioni, quelle che i residenti spesso non hanno. Se il mio parco, così come altre attività per il tempo libero, non esistessero non cambierebbe nulla nella vita di alberghi e ristoranti della nostra regione. Questa è una prova del fatto che viviamo in un falso libero mercato dove è tutto finto, che stiamo giocando a fare gli imprenditori turistici. Infatti spesso i titolari fanno altri mestieri, perché in Calabria di turismo non si campa, al massimo ci si trastulla nei mesi di luglio e agosto. Ma si tratta di un gioco al massacro che porta gli hotel di categoria superiore a giocare al ribasso, a fare i prezzi delle strutture di categoria più bassa per rubare clienti in quei 15 giorni di affluenza all’anno con la complicità dei clienti che mercanteggiano pretendendo poi la qualità.
Il nuovo turismo c’è già ma è in fase embrionale e vive di vita propria, è un arcipelago formato da tante isolette, tanti feudi, eccellenti se presi singolarmente ma che non riescono a competere nei mercati del settore perché l’individualismo è nel dna dei calabresi e ha decretato e continua a decretare il nostro fallimento. Vorrei sapere, quindi, come intendono arrivare a primavera, restando in Calabria, quelli che affermano che il deserto sulle spiagge e nei centri di villeggiatura è bello o che si accontentano di portare a casa il risultato della loro piccola struttura, col reddito di cittadinanza? Con i call center? O sperando che un nuovo neocolonialista venga ad impiantare una nuova Pertusola, Marlane o SIR? Come pensano di contribuire a finanziare il mantenimento di ospedali, scuole, comuni? Con le royalty delle multinazionali che hanno infilzato di pale eoliche il nostro territorio? E tra il deserto e un turismo di massa che inquina e devasta non esiste una via di mezzo? Certo, ma va costruita.
“Massimilià stai dando una pessima immagine della nostra regione” scrive qualcun altro, “la tua bacheca la leggono anche i non calabresi, non rischi di fare pubblicità negativa?” Premesso che sulla mia bacheca ho sempre pubblicato sia il bello che il brutto di questa regione (trovatemi un territorio senza punti di debolezza che mi ci trasferisco domani) anche volendo non potrei riuscire in questa impresa, perché in questi dieci anni sono stato surclassato da fatti di cronaca che definire disastrosi, per l’immagine della nostra regione nel mondo, è un eufemismo. Così tanti che ho dovuto pubblicare ben due libri per contenerli tutti. E poi non temete, perché i turisti, nonostante tutto, amano la nostra regione molto più di quanto la amiamo noi, loro si che la conoscono e si stupiscono di quanta incapacità, inettitudine e indifferenza sia vittima quotidianamente.
“Massimilià che ti succede? Sei sempre stato ottimista.” No cari, non sono mai stato ottimista, sono sempre stato realista. Se ho scritto un libro dal titolo “Fatti foste a vivere di turismo” non è perché sono un romantico nostalgico ma perché sono assolutamente, concretamente e realisticamente convinto che questa terra sia vocata a ciò. Se dieci anni fa ho deciso di investire tempo e soldi in questo territorio (vi assicuro che la situazione era ben peggiore di quella odierna) è perché ci credevo e continuo a crederci. Ma la realtà non si subisce, si costruisce, e per farlo non servono solo le azioni ma anche le riflessioni come quella che vi ho appena regalato, utile per chi saprà farne tesoro, che andrebbe letta e riletta in silenzio. Sarebbe bello se invece di pubblicare commenti a caldo su questo scritto ognuno lo portasse con sé in vacanza e ci meditasse su, mentre mangia al ristorante, si tuffa in acqua, passeggia sul lungomare, visita un monumento, ammira un panorama di questa nostra straordinaria regione. Sfruttateli questi quindici giorni d’aria che avete per pensare. Basterebbe trasformare ognuna di queste problematiche in opportunità per creare lavoro, ricchezza, benessere. Non vi ho elencato dei problemi vi ho indicato delle opportunità ma occorre avere gli occhi (e la mente sgombra) per riconoscerle e saperle coglierle.
Massimiliano Capalbo
Hai colpito il bersaglio. Bravissimo. Il problema della Calabria siamo i calabresi. Cito il titolo di una canzone di Mino Reitano: “amara terra mia”.
Grazie per gli spunti di riflessione.