Le challenge degli altri
In questi giorni si discute delle challenge, ovvero delle sfide che i giovani lanciano attraverso i canali social per ottenere visibilità, consenso e di conseguenza guadagnare denaro. Dopo l’incidente in cui ha perso la vita un bimbo di 5 anni i media e i partitici si sono accorti (o fanno finta di accorgersi) del fenomeno. E ovviamente i commenti e le dichiarazioni a favore di telecamera sono di condanna, di stigmatizzazione, intrise di perbenismo di facciata. In realtà nessuno nota che non vi è alcuna differenza tra le challenge lanciate dai giovani e quelle lanciate quotidianamente dai partitici. Pensate alla challenge in questo momento più folle, quella della costruzione del ponte sullo stretto, non ha alcuna giustificazione razionale, né di natura economica, né di natura logistica, né di natura ambientale, eppure il governo sembra voler procedere verso questo ennesima provocazione. Ma potremmo parlare delle challenge contro i magistrati, contro i poveri, contro gli immigrati, le sfide sono ormai all’ordine del giorno. Queste operazioni, infatti, servono a ottenere le stesse cose che spingono i giovani a noleggiare un auto per trascorrerci decine di ore alla guida: visibilità, consenso e di conseguenza denaro. Ma mentre l’incoscienza di quei giovani ha impattato fortunatamente solo sui destini di una famiglia, le challenge dei partitici impattano sui destini di milioni di persone e sui destini di interi territori, lasciando segni e ferite per lungo tempo. E’ questa la logica che muove ogni azione oggi (che sia politica, imprenditoriale, social o di altro genere), sono questi gli obiettivi futili che rincorre la maggior parte della gente: visibilità, consenso, denaro. Ma quelle sbagliate, ovviamente, quelle da biasimare, sono le challenge degli altri. Dopo aver contribuito per decenni a creare e sostenere il personaggio-modello di questo approccio alla vita, il più bravo a trasformare le sfide in denaro, ormai defunto, media e partitici si meravigliano che dei giovani tentino di emularlo.
Massimiliano Capalbo
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