Missione compiuta
Per comprendere e vivere in simbiosi con il territorio è necessario guardarlo dall’alto, è necessario cambiare punto di osservazione, osare dove gli altri non osano e scavare nella sua storia. Ecco perchè, assieme ad un amico, decido di scalarlo questo monte Moscio che sovrasta, quasi a volerla proteggere, una delle località marine più affascinanti della Calabria: Copanello di Stalettì.
Partendo dal Museo Libero Gatti (oggi chiuso e fatiscente) ci inerpichiamo sulla montagna, seguendo a tratti alcune strade sterrate che attraversano boschi di Eucalipti e Pini Marittimi e, infine, arrampicandoci direttamente sulle rocce seguendo il costone della montagna che affaccia sul versante nord.
Man mano che si procede verso l’alto ci si rende conto che le uniche cose apprezzabili non sono opera dell’uomo, ci si rende conto che molto è stato fatto per deturpare un paesaggio che, ai tempi dello sbarco di Ulisse, sarà stato a dir poco lussureggiante. Si comprende che la decadenza della nostra epoca è tutta qui, nell’incapacità di osservare e assecondare la vocazione del territorio. Ci si rende di conto di quale possa essere il risultato finale del banchetto, apparecchiato unicamente per arraffare il più possibile a discapito di tutto e tutti.
Questo tratto di costa calabra ha una storia che da sola avrebbe dovuto consentire alle popolazioni che ci vivono di prosperare senza grandi sforzi, se opportunamente rispettata, valorizzata e tutelata.
Oltre alle bellezze naturalistiche (dal mare ai suoi abitanti, dalla vegetazione alle grotte) in questo angolo di Calabria si trovano numerose testimonianze archeologiche di epoca tardo-romana, come i resti della piccola cappella triabsidata di S.Martino, unica vestigia paleocristiana calabra, per molto tempo identificata come la tomba di Cassiodoro, personaggio storico originario della vicina Squillace che qui fondò il Vivarium (detto così per la presenza di vasche a mare per l’allevamento del pesce) e un’antica Fontana realizzata in un luogo considerato sacro. Qui si fermò, una notte, Giuseppe Garibaldi ospite della famiglia Fazzari.
Negli anni 60 Copanello rappresentava la residenza estiva più ambita in Calabria, con la realizzazione del villaggio Guglielmo e del locale La Rotonda (che ispirò una famosa canzone al cantante Fred Bongusto) iniziò un decennio strepitoso. Nacquero numerosi altri locali come il Rendez-vous, l’Hamilton, il “Rebus”, il Bilbò e il Blu70 e questo tratto di costa raggiunse il massimo della sua notorietà in tutta Italia al punto da ospitare l’esibizione di artisti del calibro di Gloria Gaynor, Franco Califano, Gino Paoli, Rocky Roberts, Rita Pavone e Frank Sinatra.
Dagli anni 80 in poi fu solo abusivismo edilizio e nulla più, di cui oggi restano numerosi scheletri, a testimonianza del fallimento di un modello di sviluppo turistico che non è stato guidato da null’altro che non fosse la speculazione. Era veramente difficile riuscire nell’impresa di creare il deserto intorno a luoghi di questo fascino e con questa storia ma noi ci siamo riusciti. Missione compiuta. Oggi Copanello ha un’aria dismessa, quasi nostalgica, l’unico modo per sfuggire a questo sentimento è salire su, in cima a quella montagna. Da lassù le brutture rimpiccioliscono, si può ancora immaginare come poteva essere all’epoca dello sbarco di Ulisse, si può avvertire l’odore del mare e gli echi lontani delle notti estive.
Massimiliano Capalbo
Mia madre scrisse una canzone a metà degli anno quaranta … Non ricordo la prima strofa … Qualcosa come n’angule e parafise aggie truvate, ‘o mare notte e juorne sempe … E na scugliera e ulive degradanti …. La seconda … Veco comme a no suonne e sto scetata ncoppa a scugliera mille e cchiù bagnante, e miezz’a chill’olive inargentate ‘na scalinata e case luccicante. Ce purtarriano allora e manduline, tutte guaglione cu na vocca doce, ma cchiù nun cantarria cu chesta voce e nun terria into ‘o core chesta pace