Parchi senza vita
A Squillace Lido c’è un luogo che si chiama “Parco Carabetta” dove le uniche piante vive sono gli alberelli che sono stati posizionati geometricamente, come avviene sempre nei contesti urbani, in vari punti del parco ma lontano dalle panchine (che non possono beneficiare della loro ombra) troppo grandi per essere falciati come invece avviene con tutto il resto. Non è l’unico spazio pubblico gestito così, nei contesti urbani è la prassi. Il risultato finale sono queste aiuole vuote e prive di vita, con alberelli isolati, che deprimono sia la vista sia i sensi e che accentuano il calore nelle giornate soleggiate riducendo il cibo per gli uccelli e aumentando l’evaporazione dell’umidità e quindi accrescendo il fabbisogno di acqua per le piante presenti. Uno spazio “funzionale” agli esseri umani è uno spazio privo di vegetazione e quindi di vita. Per l’amministrazione e per la maggior parte dei residenti adesso il parco è pulito, i bambini possono andarci senza correre rischi. Che strana la nostra società, vogliamo stare nella natura ma fino a un certo punto, quando si allarga abbiamo bisogno di arginarla. Eppure basterebbe poco per trasformarlo in un vero parco e i cittadini potrebbero collaborare, traendo enorme gratificazione da questo lavoro, senza ulteriori aggravi per l’amministrazione pubblica, imparando a comprendere l’importanza della biodiversità. È tempo di riappropriarsi degli spazi pubblici e di prendersene cura, di renderli più verdi e piacevoli. Sembra quasi che abbiamo timore di trarre piacere da qualcosa, quando la sensualità della natura bussa alla nostra mente ci ritraiamo, come se avessimo paura di compiere un peccato cedendo alla tentazione. Ma la sensualità della natura è terapeutica. Si tratta di una terapia benefica per chi la segue oggi e per chi ne fruirà domani.
Massimiliano Capalbo
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