Piano Piano il vero politico è diventato lui
Il 26 novembre scorso ha inaugurato il suo ottavo locale a Bologna. Si chiama “Piano Piano” e si tratta di un vero e proprio progetto di riqualificazione di una delle zone più centrali del capoluogo emiliano: all’angolo di palazzo dei Notai, tra piazza Maggiore 5 e via d’Azeglio 2. L’immobile ospita, al piano terra, un bistrò-caffé letterario, provvisto di Green night a impatto zero (che fa della sostenibilità un must, puntando all’abbattimento dei rifiuti, alle collaborazioni con produttori locali etc.) dove, assieme a diverse associazioni culturali e ai piccoli produttori del territorio, si fa cultura ed economia circolare mentre, al primo piano, un ristorantino di cucina bolognese lavora i prodotti del territorio, con annessa “Scuola del gusto”, una scuola di formazione di alta cucina bolognese.
Di chi sto parlando? Di Giovanni Favia, assurto agli onori della cronaca nazionale circa nove anni fa quando, da prediletto di Beppe Grillo per espugnare l’Emilia Romagna al PD, divenne il primo consigliere regionale del M5S. Essendo una mente pensante e brillante non poteva accontentarsi di marcire nei recinti della partitica, la sua onestà intellettuale gli costò l’espulsione dal Movimento e, alla luce dei risultati conseguiti fin qui, più che di un’espulsione si è trattato, per lui, di un lancio straordinario verso il successo personale e professionale.
Raggiunto telefonicamente, per congratularmi per il suo ennesimo progetto, mi ha raccontato come tutto è cominciato, nel 2015.
“Dopo l’espulsione dal Movimento in un primo momento ho pensato di tornare a fare il lavoro di prima (direttore della fotografia ndr) avendo sempre lavorato nel campo del cinema e degli audiovisivi, poi per caso assistetti alla chiusura di un immobile qui a Bologna, dove prima c’era una storica libreria che frequentavo da ragazzo e questa cosa mi ha scosso al punto tale da spingermi a prendere la decisione, ho avuto come una folgorazione.” Decide così di rilevare l’immobile di via delle Moline e di ridare vita a uno spazio che potesse unire letteratura e vini. Apre il suo primo locale, “Va Mo Là”, una librosteria restaurata con le sue mani che celebra la buona cucina bolognese e la sua cultura. Il successo è immediato e straordinario. “All’inizio eravamo in quattro, io e altri tre dipendenti, oggi nei sabati sera arriviamo ad essere anche in 14, da noi si mangiano tra le migliori tagliatelle di Bologna.” Inizialmente Giovanni non si limita ad essere socio ma, come tutti gli imprenditori all’avvio, opera in prima persona nella conduzione del locale, ma poi succede un altro episodio che lo costringe a cambiare nuovamente prospettiva.
“Ottengo l’affidamento di mia figlia e, non potendo più lavorare fino a tarda sera, mi sono trovato costretto a rivoluzionare il mio approccio nei confronti dell’attività. Ho dovuto imparare a misurarmi con aspetti quali l’efficienza, l’organizzazione, il controllo di qualità, la pianificazione della mia impresa, per poter conciliare vita privata e lavoro. Ho dato fiducia ai miei collaboratori e sono riuscito a diventare non indispensabile all’interno del locale, passando a gestire il lavoro più importante: quello del controllo di gestione e della pianificazione. Quello che in un primo momento poteva sembrare un problema si è rivelato essere una straordinaria un’opportunità. Ho potuto guardare l’azienda dall’esterno, comprenderne tutte le dinamiche interne, l’analisi dei numeri, gli acquisti, i costi del lavoro, quelli di gestione e le possibilità di investimento.”
Questo bagaglio di conoscenze ed esperienze, accumulato negli anni, lo ha trasformato in un grande imprenditore della ristorazione. Giovanni apre uno dietro l’altro altri 6 locali in giro per la città e, Piano Piano (è il caso di dire) conquista il cuore della città, Piazza Grande, al termine di una manovra di accerchiamento durata sei anni, ottenendo un’autorizzazione speciale dalla giunta comunale che ha riconosciuto come l’iniziativa presenti “una indubbia finalità di riqualificazione dell’area.”
Giovanni ha imparato da autodidatta, è diventato un imprenditore misurandosi sul campo con i problemi quotidiani. “Sono una persona curiosa, cerco di apprendere, di rubare e di imparare, ho imparato dalle persone che mi erano vicine. In questi anni ho capito che il mondo delle imprese è un mondo bellissimo a differenza di quello della politica. In politica ti aspetti che le persone siano lì perché mossi da ideali poi, invece, ti accorgi che prevalgono gli interessi materiali e rimani deluso. Nel mondo imprenditoriale, al contrario, i rapporti di forza sono chiari, si parte da rapporti di tipo materiale, con il fornitore che vuole venderti più prodotti possibili e il cliente che vuole la massima qualità al miglior prezzo, ma poi si trasformano in rapporti umani, di fiducia. Quello dell’imprenditore è un lavoro ad alto tasso di umanità. Misurandoti ogni giorno con il mondo delle imprese capisci che i politici non hanno la più pallida idea di cosa sia un’impresa, ti rendi conto di come legiferano senza sapere quello che stanno facendo.”
La storia di Favia è simile a quella di tanti altri giovani intraprendenti che hanno scelto la via dell’intrapresa personale per cambiare la realtà nella quale vivono. Conferma quanto predichiamo da oltre dieci anni su questo blog, ovvero che per cambiare la vita degli altri occorre cambiare prima la propria, che non è entrando nei palazzi che si acquisisce il potere di cambiare il mondo ma, al contrario, restando fuori e agendo fuori dagli schemi, misurandosi con i problemi quotidiani e mettendo a frutto i propri talenti e le proprie passioni. A distanza di dieci anni da quell’espulsione è sufficiente confrontare i successi di chi è rimasto fuori da quel sistema e i fallimenti di chi ha fatto di tutto per entrarne a far parte per rendersi conto che il potere e la libertà appartengono ai primi. Mentre gli ex compagni di partito di Favia sono costretti a promettere che faranno nella prossima legislatura quello che non hanno fatto nella passata, pur di salvare la poltrona e tirare a campare, lui è cresciuto professionalmente e umanamente, ha creato posti di lavoro, ha riqualificato aree della città che erano chiuse o abbandonate, ha contribuito a migliorare la qualità della vita dei bolognesi, contribuisce a sostenere le piccole imprese locali, insomma ha fatto tutto quello che da partitico non sarebbe mai riuscito a fare e oggi può guardare con fiducia e serenità al futuro. Giovanni è la dimostrazione che la forma è al servizio della verità interiore e non il contrario. Oggi scopre paradossalmente che, piano piano, il vero politico è diventato lui. Se il suo esempio fosse seguito da tanti altri e se questi tanti acquisissero la consapevolezza del potere che detengono allora nel giro di dieci anni l’Italia cambierebbe volto, senza bisogno di indebitarsi con il PNRR. Finché non nascerà una nuova classe imprenditoriale (che mi piace definire eretica) slegata dalle commistioni con la partitica (e dai suoi finanziamenti) questo Paese non registrerà alcun cambiamento. Perché gli imprenditori rappresentano l’unico contro-potere nei confronti della partitica e l’unico potere in grado di produrre cambiamenti, un potere diverso da quello a cui siamo abituati, fatto di dominio e sottomissione, un potere generativo che nasce dalla creatività e dalla passione, le stesse che hanno trasformato Giovanni e la sua Bologna.
Massimiliano Capalbo
Lascia un Commento
Vuoi partecipare alla discussione?Sentitevi liberi di contribuire!