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Quel buon (e mai così avversato) governo

L’unico protagonista serio, maturo e competente di questa crisi di governo non è stato eletto dagli italiani. E’ emblematico, oltre che ovvio, per chi conosce le dinamiche partitiche che generano consenso elettorale in Italia. D’altronde è un pò quello che succede ogni giorno nella maggior parte degli enti pubblici di questo Paese dove, a fronte di una maggioranza di assunti per raccomandazione che ne mina l’andamento c’è, invece, una minoranza seria e competente, assunta per merito, che si prodiga per tenere in piedi la baracca.
Giuseppe Conte ha tenuto un bel discorso ieri, un discorso programmatico al Paese, che mi sento di condividere in toto. Se fossi ancora un elettore, e si candidasse, lo voterei. Il giorno della sua elezione esclamai: “finalmente un essere umano al governo”. Mi colpì la prima cosa che fece, quando scese dalla macchina e si recò immediatamente presso alcuni cittadini assiepati li vicino, per rassicurarli e ascoltarli, mi apparve immediatamente empatico, discontinuo, in un mondo, quello partitico, composto sempre più da avatars.
Mi era piaciuta anche questa figura nuova, terza, svincolata dai partiti, una sorta di tutore (prima del Presidente della Repubblica) da affiancare ad una generazione di partitici immaturi, effimeri e vanagloriosi ma, soprattutto, a tutela degli interessi nazionali. Il suo discorso, infatti, è stato anche una ramanzina nei confronti dei due fratellastri che ha dovuto tenere a bada per un anno e mezzo, attenuandone gli eccessi finché è stato possibile.
Ecco perché i rimproveri al suo indirizzo (perché non hai reagito prima?) non hanno senso. Il suo compito era quello di tenere in piedi una coalizione improbabile (ma legittima), creata in parlamento (come il nostro ordinamento prevede) sulla base di un contratto (anche questa soluzione è stata un’innovazione importante) e molto eterogenea che, se avesse avuto come leaders due persone mature e responsabili, avrebbe potuto conseguire i migliori risultati possibili, proprio perché fuori dalle vecchie logiche. Conte ha provato a farlo con discrezione, senza platealismi, con grande spirito di mediazione e di collaborazione. Un uomo del Sud che ha messo in campo l’atteggiamento migliore da cui il Sud dovrebbe trarre ispirazione. La sua comunicazione non verbale, anche ieri, è sempre stata opposta a quella altrui. Calmo, sereno, pacato anche nelle affermazioni più dure, sguardo verso l’interlocutore, contatto diretto (mano sulle spalle per richiamare gli interlocutori) tipico di chi è maturo, ha la coscienza a posto, è trasparente e non teme il confronto. Esattamente opposta rispetto a quella del destinatario principale del suo discorso: respiro affannato, viso paonazzo, tono di voce elevato, gestualità eccessiva, tipico del bambino che tenta di negare l’evidenza.
A tutto questo bisogna aggiungere che, dal primo giorno di vita, a questo governo non è stato riconosciuto da nessuno (media in primis e poi opposizioni) il diritto/dovere di governare (senza dimenticare le riserve del Presidente della Repubblica), nonostante l’ampio consenso elettorale ottenuto dai singoli partiti che ne componevano la maggioranza. Un atteggiamento vergognoso, che non ha precedenti nella storia del Paese. Non ricordo mai un’avversione di principio nei confronti di un governo come quella che si è creata nei confronti di questo, accusato di tutto tranne che di disonestà (perché oggettivamente non c’era trippa per gatti).
Dalla saccenza di sinistra (non è possibile avere governi competenti all’infuori dei nostri) alla frustrazione della destra (è finita la pacchia, non possiamo più speculare su nulla) non è passato giorno senza ricordare agli italiani che questo governo non aveva il diritto/dovere di governare. E, invece, nonostante i limiti dei due fratellastri, i risultati elencati ieri da Conte in appena un anno e mezzo di governo sono di tutto rispetto, considerando che le politiche di un governo richiedono molti anni di stabilità per poter essere valutate nella loro efficacia. Invece, in questo continuo evocare le elezioni, non solo le responsabilità degli uni (quelli che hanno governato prima) si confonderanno con quelle degli altri (che sono arrivati dopo) ma tutto il lavoro sarà reso vano, ancora una volta. Gli unici a pagare saranno come sempre gli italiani. Se la logica diventa questa, e dovessimo perpetrarla per il futuro, dovremmo richiedere le elezioni ad ogni variazione di sondaggio (leggi umore), questo renderebbe il Paese ingovernabile, i provvedimenti inapplicabili (semmai ci fosse ancora margine) e lo strumento del voto logorato. Detto da uno che non è andato a votare e che non crede più da tempo nell’efficacia di questo strumento è tutto dire.

Massimiliano Capalbo

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