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Quel patrimonio prezioso, in tempo di virus, che non sappiamo raccontare

La crisi da Coronavirus che abbiamo di fronte lascia presagire una stagione turistica da dimenticare ma non in tutti i comparti. Certamente non vedremo le spiagge affollate, le file per entrare nelle discoteche e tutti quegli assembramenti che, a prescindere dall’attuale emergenza, non mi sono mai piaciuti e che caratterizzavano le località balneari e la gestione di locali e lidi con un approccio quantitativo (dozzinale) e non qualitativo. Quelli che a mio avviso non subiranno grandi ripercussioni saranno, invece, gli operatori turistici di montagna, che operano in prossimità di parchi naturali dove gli spazi sono più ampi e la clientela meno numerosa.
La domanda di natura e il turismo naturalistico sono in continua crescita e dopo questa emergenza subiranno un’impennata. Da diversi anni le esperienze nella natura, il trekking, il cicloturismo, il turismo lento, quello naturalistico, quello dei piccoli borghi, si stanno ritagliando una sempre più ampia fetta di mercato. L’overturismo sta danneggiando l’intero settore turistico per la sua insostenibilità e l’ecoturismo si pone come alternativa più sostenibile.
Ampia e crescente è anche la bibliografia che racconta da tempo i benefici del contatto con la natura e in particolare con i boschi. Le ultime scoperte degli scienziati, i neurobiologi vegetali, ci dicono che le piante hanno effetti benefici sull’organismo. Passeggiare in un bosco, trascorrere del tempo nella natura migliora l’umore, rinforza il sistema immunitario, rilassa la mente e tutto questo rappresenta un presidio contro malattie post-moderne di vario genere, epidemie di virus comprese. L’aria pura e l’ambiente incontaminato rappresenteranno lo scenario ideale per trascorrere le prossime vacanze estive e anche quelle dei prossimi anni a venire per molta gente. Le strutture che sapranno comunicare questi benefici e che sapranno mettere in risalto i vantaggi di una vacanza nella natura, in tempo di virus, saranno certamente premiate rispetto a quelle che non sapranno farlo. E qui siamo costretti a toccare la nota dolente dell’incapacità, tutta calabrese, di fare marketing dei tesori naturalistici che si possiedono. La Calabria avrebbe potuto ottenere un vantaggio competitivo enorme quest’anno se, invece di andare dietro al modello dell’industria della montagna proposto dal Nord, che ha generato negli anni scorsi masterplan irricevibili, avesse saputo puntare per tempo sulle caratteristiche del territorio e anche sulle opportunità createsi e le scoperte avvenute negli ultimi anni che lasciavano immaginare un modello di turismo montano più sostenibile e slow.
Prima fra tutte la notizia dell’aria più pulita d’Europa, rilevata nel 2009 dai dottori Montanari e Gatti, massimi esperti mondiali di nanopatologie, nel parco avventura “Orme nel Parco nel cuore della Sila Piccola, in località Tirivolo, (priva tra l’altro di inquinamento elettromagnetico). Il sottoscritto, tra i soci fondatori del parco, invitò in Sila i dottori che erano alla ricerca di campioni d’aria pura, con livello di inquinamento vicini a zero, per alcuni studi sul particolato atmosferico. Effettuarono i campionamenti utilizzando appositi filtri che trattenevano la polvere e questi furono poi osservati sotto un microscopio elettronico a scansione, che permise di identificare i granelli di polveri sia per la morfologia che per la composizione chimica. Un altro campionamento d’aria era stato raccolto alle isole Svalbard, in Norvegia, lontano da zone industriali e da potenziali inquinanti. In entrambe i casi non furono trovate molte polveri ma, quello che apparve loro subito singolare, fu che mentre in Sila sui filtri si era depositata solo della normale polvere, alle Svalbard erano state rilevate delle particelle di piombo. Da li la notizia dell’aria più pura d’Europa che qualsiasi altra regione italiana avrebbe utilizzato ampiamente per fare del marketing mirato, rivolto verso quel crescente numero di persone sempre più attente alla salute e all’ambiente, e invece nulla. A parte il parco avventura Orme nel Parco e qualche isolato operatore silano, nessuno mise in rilievo questa preziosa notizia. I risultati di quelle analisi furono inseriti in una banca dati, che fa parte del rapporto finale di un Progetto Europeo di nanotossicologia chiamato DIPNA (Development of an integrated platform for the nanoparticles risk assessment) (FP6-NMP-2006-09) e li rimasero.
Successivamente, le ricerche condotte dagli entomologi Antonio Mazzei, Teresa Bonacci e dal Prof Brandmayr dell’UNICAL nella Foresta Eterna di località Caritello – Viperaro di Magisano CZ), tra il 2013 e il 2014, dopo aver accertato la presenza di Rosalia alpina e di Cucujus cinnaberinus confermarono anche la presenza di un terzo coleottero raro, l’Osmoderma italicum. La scoperta, di grande rilievo scientifico e naturalistico, confermò che la Sila, e in particolare quella Piccola, meno antropizzata e sfruttata, nell’ultimo decennio aveva migliorato le sue condizioni forestali. La presenza di questi bioindicatori era segno che la foresta era avviata verso un recupero ambientale del manto forestale e dei suoi naturali equilibri ecologici. Queste scoperte rappresentano un caso unico in Italia (forse europeo) in cui nella stessa località è segnalata la compresenza di tre specie entomologiche protette da leggi speciali. E ancora, nel 2017, una scoperta ancora più eclatante, sempre in località Tirivolo, quella di un nuovo coleottero battezzato “Agonum tulliae Mazzei, Brandmayr 2017” presente solo in località Tirivolo, un relitto biogeografico unico al mondo che vive esclusivamente in quella parte della Sila, una specie nuova precedentemente del tutto ignota alla scienza, ritrovata nell’area dove ricade il parco avventura, che si confermò ancora una volta dall’altissimo valore naturalistico e conservazionistico. Ma, a parte l’ampio risalto dato sul sito di Orme nel Parco, nessuno pensò di poter sfruttare quelle notizie per promuovere quelle località per finalità turistiche.
Infine, nel 2018, la notizia dell’albero più vecchio d’Europa “Italus” (1230 anni) di cui sia stata rilevata l’età scientificamente, nel parco Nazionale del Pollino, per opera di un team di ricercatori italiano, guidato da Gianluca Piovesan (Università della Tuscia), il cui lavoro fu pubblicato sulla rivista Ecology, Ecological Society of America mentre, uno dei massimi esperti al mondo di medicina forestale, il medico immunologo giapponese Quing Li indicò, nel suo libro “Shinrin – Yoku, immergersi nei boschi”, tra i quaranta siti mondiali dove è possibile praticare l’immersione nei boschi quello dell’Archiforo di Serra San Bruno, considerato ideale per questo tipo di attività, per le sue caratteristiche. Quello stesso bosco che il sottoscritto, assieme ad altre migliaia di persone, con un’iniziativa chiamata “Ambientiamoci” nel 2014, difese dal taglio che l’allora amministrazione comunale di Serra San Bruno voleva effettuare per rimpinguare le casse del comune. Anche in quell’occasione la notizia finì nel dimenticatoio. Perle ai porci direbbe qualcuno.
Scienziati, ricercatori, studiosi, naturalisti, famiglie, salutisti, appassionati di natura, film commission, fotografi, sportivi, anziani, sono tanti i target a cui ci si potrebbe rivolgere se sapessimo riconoscere il valore del patrimonio naturalistico presente in Calabria e se sapessimo offrire a ciascuno di loro i servizi che ricercano. Il valore della Calabria coincide con il valore di quelle montagne che ci hanno sempre preservato dal peggio e che contribuiscono a rendere il clima e l’ambiente nel quale viviamo, nonostante le violenze e le devastazioni dei suoi abitanti, quel paradiso dal valore inestimabile che tutti ci invidiano e di cui nessuno ci ha insegnato ad essere orgogliosi e gelosi.

Massimiliano Capalbo

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