Don Tonino Vattiata

Don Tonino Vattiata è un sacerdote ed io vorrei che gli altri sacerdoti gli assomigliassero. Don Tonino Vattiata fa parte dell’associazione Libera che da anni si batte contro tutte le mafie. Don Tonino Vattiata è un sacerdote che si impegna quotidianamente nel vibonese per strappare alla n’drangheta pezzi di territorio. Don Tonino Vattiata è figlio di un ex poliziotto che fu tra i padri fondatori del sindacalismo autonomo ed indipendente della Polizia. Don Tonino Vattiata è un mio amico ed io mi ritengo un privilegiato per il solo fatto di averlo conosciuto qualche anno fa durante la manifestazione di Libera contro le mafie a Bari.
Lo rincontrai qualche mese più tardi, a Vibo Valentia, a fianco di Pino Masciari e della sua famiglia, quando ci trovammo a trascorrere insieme alcuni dei momenti più difficili di quella vicenda.
Don Tonino Vattiata ieri si stava recando a Sant’Onofrio per dare il suo sostegno al parroco Don Franco Fragalà vittima di intimidazioni (spari contro il cancello della sua parrocchia) in seguito alla decisione di evitare infiltrazioni mafiose nel rito dell’Affruntata che, per questa ragione, ha subito prima una cancellazione e poi un rinvio.
Giunto nella piazza del paese due persone, già note alle forze dell’ordine, lo hanno minacciato dicendogli: “stai attento che te la facciamo pagare”. Appena rientrato a Vibo Ton Tonino Vattiata ha sporto denuncia ed oggi il caso è stato riportato da stampa e tv locali.
Don Tonino Vattiata non si lascia intimidire, non fa parte di quella gerarchia ecclesiastica calabrese troppo tollerante, quando non connivente, che sa ma che continua a tacere e a permettere che certi riti (che appartengono più al regno del folklore che a quello della spiritualità) vengano “gestiti” da persone poco raccomandabili, ma di quella minoranza di sacerdoti che tenta di reagire e che magari (come accaduto per altri) quando da troppo fastidio viene trasferita altrove.
Don Tonino è tra i pochi sacerdoti che mi fanno ancora credere in una Chiesa nel nuovo Millennio. Vorrei continuare a credere insieme con lui. Qualcosa dobbiamo e possiamo fare per non lasciarlo solo. Si accettano suggerimenti.

Massimiliano Capalbo

Commenti

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3 commenti
  1. Tonino
    Tonino dice:

    Massimiliano, e che è successo? Qualche (in)(s)contro fa ho dovuto io farti qualche nome di preti contro e tu adesso mi vieni a fare il panegirico di Don Tonino?

    È per me una scoperta: benvenuto.

    Naturalmente la frecciatina alla “gerarchia ecclesiastica” calabrase che…

    Ti giuro Massimiliano, l’ho sentito io con le mie orecchie alla televisione il Vescovo di Mileto che diceva: un paesino di 2000 abitanti come fa a fare una festa da 150.000 euro? Da dove vengono tutti questi soldi?

    Ma credo che tu non l’hai sentito, impegnato com’eri a riascoltare le salaci deduzioni dell’ineffabile monsignore sul blog di Grillo, tanto per essere anche lui partecipe al coro degli osannanti al Papa ed ai Vescovi; o qualche sussiegoso impegnato a sculettare sul palcoscenico di Grillini tanto per essere anche lui a la page. (Grillo, Grillini, tanto per essere in tema di compagnia … cantante)

    Nel complesso però che ti debbo dire?

    Chapeaux!

    Con immutata (anzi aumentata) stima ed affetto

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  2. Giuliano
    Giuliano dice:

    Per aiutare questi "don" la cosa forse più importante sarebbe provare a sottrarli all'isolamento e al silenzio, rendere il loro operato sempre più conosciuto e visibile a credenti e non credenti. Però questi "don" sono spesso isolati all'interno della stessa Chiesa; non si tratta di stabilire chi è contro e chi è per, io mi chiedo: qual è il fondamento che rende tanta parte della gerarchia cattolica "connivente" con l'ordine esistente? Ho trovato una possibile risposta in questo articolo (che incollo) di Vito Mancuso : Mancuso sostiene che l'amore per l'istituzione soffoca nella Chiesa l'amore per l'uomo e che questo sia il più grave peccato teologico imputabile alla gerarchia. L'articolo discute il problema dei silenzi del Vaticano circa i casi di pedofilia, ma il ragionamento è a mio parere valido in tutte le realtà in cui la Chiesa "dimentica" che la giustizia è il primo suo dovere, senza il quale tutto il resto conta poco.

    Un aiuto a don Tonino? Aprire tra i credenti una discussione su fede e giustizia..

    VITO MANCUSO

    Quando si parla di «preti pedofili» si toccano due ordini di problemi che occorre tenere rigorosamente distinti: il reato di pedofilia commesso da alcuni esseri umani e la vita delle comunità ecclesiali dentro le quali questi reati sono avvenuti – e forse ancora avvengono.

    Il primo aspetto si occupa dei preti pedofili in quanto «pedofili» e come tale ha anzitutto un risvolto giuridico, per la precisione penale, consistente nel difendere i nostri figli da chi commette simili mostruosità, senza alcuna distinzione sull´identità dei colpevoli, siano essi preti, suore, vescovi, laici o che altro.

    Un pedofilo è prima di tutto un criminale che va isolato e punito. Sempre al primo aspetto del problema pertiene il risvolto antropologico e psicologico che affronta la questione di come sia possibile una tale sconcertante aberrazione, a cui, per quanto ne so, solo gli umani tra tutti gli esseri viventi possono arrivare: capire la causa di un male è il primo fondamentale passo per estirparlo. Questo primo ordine di problemi riguarda la società nel suo insieme, credenti e non credenti, soprattutto alla luce della terribile verità secondo cui la gran parte degli atti di pedofilia avviene tra le mura domestiche.

    Il secondo ordine di problemi scaturisce dal fatto che i pedofili in questione sono «preti» e in questa prospettiva i problemi riguardano in particolare la coscienza credente. Sono convinto che tutto dipenda dal chiarire che cosa significa credere in Dio. Intendo dire crederci realmente, non come una specie di condizione preliminare della mente per far parte di una grande associazione umana qual è (anche) la Chiesa cattolica, con la sua bella porzione di potere e di interessi nel mondo. Crederci come qualcosa di vitale, di esistenzialmente decisivo, oserei dire di bruciante. Che cosa significa credere in questo modo nel Dio vivente? Io penso che tale fede in Dio equivalga al credere nella giustizia quale dimensione suprema dell´essere. Giustizia e verità. Di fronte alla storia col suo inestricabile impasto di bene e di male, la vera fede sa che il bene è la realtà definitiva, ultima, assoluta, e come tale giudicante la storia e chi la vive. Il Cristo giudice di Michelangelo che troneggia nella Cappella Sistina alza il suo braccio non solo alla fine, ma anche in ogni momento della storia. E se c´è una qualità che caratterizza il Dio biblico, essa consiste nel diritto e nella giustizia perché «egli ama il diritto e la giustizia» (Salmo 32,5) e «diritto e giustizia sono la base del suo trono» (Salmo 88,15). Non a caso, tra le otto beatitudini di Gesù, solo la giustizia viene ripetuta due volte quale causa di beatitudine: «beati quelli che hanno fame e sete della giustizia», «beati i perseguitati per causa della giustizia». Ne viene che esercitare la giustizia è la prima fondamentale caratteristica del vero credente perché tale esercizio equivale a onorare il primo comandamento, non essendo «non avrai altro Dio all´infuori di me» nient´altro che il supporto teorico della prassi «non ti comporterai in altro modo all´infuori della giustizia». Non in modo tattico, accorto, prudente, diplomatico (strategie molto in uso nei palazzi del potere di ogni tempo); ma solo e semplicemente in modo giusto.

    La giustizia è rappresentata al meglio dall´immagine della bilancia. Oggi su un piatto ci sono le esistenze di migliaia di bambini in tutto il mondo (America, Australia, Europa) irreversibilmente devastate a un triplice livello: fisico, psicologico e spirituale. Che cosa è disposta a mettere sull´altro piatto la Chiesa cattolica perché la bilancia possa essere in equilibrio e quindi rappresentare al meglio la giustizia, umana e divina al contempo? Non penso che abbiano peso alcuno le dichiarazioni che gridano al complotto, agli attacchi, all´assedio, esercitando la medesima tattica disorientante spesso utilizzata dai potenti della politica. Occorre piuttosto guardare in faccia la terribile verità e trarne le giuste conseguenze. Torno quindi a chiedere: che cosa mettete sul piatto della bilancia, voi pastori della Chiesa, quando dall´altra parte ci sono l´innocenza e la fiducia di giovani vite che mai potranno più essere come prima? Non si tratta di difendersi davanti agli uomini come una qualunque associazione umana, si tratta di rispondere davanti a Dio. Sapendo peraltro che il mondo intero vi guarda, e che da come risponderete – cercando giustizia e verità, oppure no – si misurerà l´autenticità della vostra fede. E che dall´autenticità della vostra fede in questo terribile frangente dipenderanno per gran parte le sorti del cristianesimo in occidente.

    La peculiarità di questo scandalo non sta infatti nella pedofilia, forse neppure nel fatto che i pedofili in questione siano preti, quanto piuttosto nel fatto che voi gerarchie sapevate di questi crimini e che, per non indebolire il potere della struttura politica della Chiesa nel mondo, tacevate e insabbiavate. Non sto forzando i toni, è stato mons. Stephan Ackermann, vescovo di Treviri e incaricato della Conferenza episcopale tedesca per la questione abusi, a parlare di «insabbiamento» e di «occultamento» (Rhein Zeitung del 16 marzo scorso). Per interi decenni avete preferito l´onorabilità della struttura politica della Chiesa rispetto alla giustizia verso le vittime, e quindi verso Dio. Purtroppo le dichiarazioni di molti zelanti apologeti in questi giorni, comprese quelle del cardinal Sodano, appaiono esattamente in linea con la politica degli anni passati all´insegna dell´insabbiare e dell´occultare.

    Ancora una volta, non ci si preoccupa di essere all´altezza della giustizia divina e delle anime delle vittime, ma dell´onorabilità del papa, o per meglio dire dei papi (perché una cosa deve essere chiara: se Benedetto XVI viene descritto come il più solerte nemico della sporcizia della pedofilia, ciò non può non gettare un´ombra abbastanza cupa sui ventisette anni di pontificato di Giovanni Paolo II). Gli zelanti apologeti agiscono come se il papa avesse qualcosa da perdere a seguire semplicemente le parole di Gesù nel Vangelo: «È inevitabile che avvengono scandali ma guai a colui per cui avvengono. È meglio per lui che gli sia messa al collo una pietra da mulino e venga gettato nel mare piuttosto che scandalizzare uno di questi piccoli». Vogliono salvare la Chiesa, ma non capiscono che è proprio il loro atteggiamento a renderla sempre più distante dalla sete di giustizia che pervade il nostro tempo.

    (Tratto da: la Repubblica)

    http://www.antimafiaduemila.com/content/view/2717

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  3. Gloria Sirianni
    Gloria Sirianni dice:

    Tanti ne vorremmo di preti e vesovi e cardinali … più evangelici e meno 'gerarchici'! Forse la differenza è fra essere uomini di fede e essere uomini di potere …

    Rispondi

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