Quella sicurezza che ci rende schiavi
Non capisco tutto questo clamore per la morte di Dj Fabo (di cui nessuno aveva mai sentito parlare prima e delle cui sofferenze nessuno si è mai minimamente interessato). Fiumi di commenti per condannare lo Stato, per ribellarsi (a parole) contro delle istituzioni che ricerchiamo quotidianamente, che abbiamo elevato al di sopra degli uomini e dalle quali dipendiamo psicologicamente prima che materialmente anche per le piccole scelte quotidiane.
Non si capisce perchè, se lo Stato può controllare i miei averi (fisco), la mia sicurezza (forze dell’ordine), il mio lavoro (Inps e Inail), la mia incolumità (protezione civile), la mia formazione (scuole), la mia opinione (media), i miei consumi (Istat), le mie relazioni sentimentali (legge sulle unioni civili), la mia salute (vaccini obbligatori) non debba decidere anche della mia morte. Lo sdegno di questi giorni ha del patetico.
Tutti questi paladini della libertà dell’ultim’ora ogni giorno sono alla ricerca di un’autorità alla quale sottomettersi, in ogni ambito della propria esistenza, e adesso che anche l’ultima fase della nostra esistenza di sudditi viene controllata si alza la voce.
Scriveva William Hazlitt, scrittore e saggista inglese, all’inizio dell’800: “le istituzioni pubbliche sono tanto peggio dei singoli individui di cui sono composte perchè sostituiscono la morale con l’ufficialità. I nervi che in origine erano abbastanza teneri e sensibili, e rispondevano naturalmente all’appello della pietà, dopo essere stati fissati in una macchina di questo genere diventano rigidi e insensibili, e non rispondono ad alcuno stimolo esterno cui vengano sottoposti… dai “risvegli di coscienza” i membri sono efficacemente protetti dalle regole e dai regolamenti della loro società e dallo spirito che la domina…. le istituzioni sono rivestite di una uniforme morale: non hanno sentimenti complessi, la debolezza è trasformata in sistema, “le malattie diventano merce”.”
La regolamentazione della nostra vita viene fatta (ci raccontano) per il nostro bene, per renderci più sicuri e quindi più felici. Ma “non c’è peggior egoista di colui che vuole fare per forza la felicità di tutti – ammoniva Jean Giono – sembra sacrificarsi per gli altri, in verità sacrifica impietosamente gli altri ai propri bisogni” concludendo che “il fine dello Stato moderno non è l’uomo, è lo Stato.”
La vera libertà è insita nelle persone disposte a rinunciare ai privilegi, alle comodità, alla sicurezza che invece i membri della nostra società ricercano affannosamente. Chi insegue la sicurezza per prima non troverà mai la libertà ma solo la schiavitù.
“La vera libertà è nella mente e i suoi proseliti sono solo pochi – scriveva John Warr – molti uomini si danno all’idolo-interesse della prerogativa, o del privilegio, in quanto più piacevole per la carne e il sangue. E una volta che la libertà è messa in rotta, non è facile per essa radunare le sue forze o riscattarsi, perchè viene imprigionata nel sotterraneo più oscuro e addirittura incatenata con giuramenti e impegni servili, con i forti paletti delle leggi umane a tenerla in soggezione. E tutto viene reso più sicuro con una pietra tombale, un sigillo e una sorveglianza, mentre l’oppressione cavalca trionfante la schiena del popolo.“
Massimiliano Capalbo
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