Stato di calamità permanente
Con sempre maggiore frequenza la gran parte delle notizie che vengono portate alla nostra attenzione riguardano disgrazie causate da fenomeni considerati, fino a ieri, naturali: pioggia, vento, mareggiate. Pare, infatti, che improvvisamente la natura sia diventata cattiva e si accanisca contro di noi. Se così fosse non avrebbe tutti i torti, viste quante ne ha dovute sopportare fino ad oggi. Ma, per fortuna, si tratta solo di una lettura “umana” degli accadimenti, che come sempre non ha alcuna attinenza con la realtà.
L’essere umano post-moderno resta sempre più spesso vittima dei fenomeni naturali, non c’è stagione ormai che lo risparmi. D’estate la siccità e gli incendi, d’inverno le alluvioni e il gelo. Agricoltori, allevatori, albergatori, sindaci, imprenditori un giorno si ed uno no chiedono lo stato di calamità naturale.
Il fenomeno naturale travestito da killer, che tiene banco in queste ultime settimane, è la neve. La notizia che ha riempito i tg, da Capodanno ad oggi, ha riguardato il fatto che a gennaio nevica e fa molto freddo. Fatte salve alcune località costiere poco abituate al fenomeno, quello che colpisce di più è constatare la stessa impreparazione nelle località interne, dove la neve dovrebbe essere non solo considerata normale ma anche attesa.
“Ci sono cose che sono da sempre e che vivono nell’eternità della propria essenza ciclica – scrive Davide Sapienza – la neve è una di quelle“. I nostri avi, nonostante non avessero la tecnologia di cui disponiamo oggi, sopravvivevano ad inverni molto più rigidi e lunghi dei nostri. La protezione civile non esisteva perchè esisteva la conoscenza, l’esperienza ed il buon senso in ciascuno. Quando sul suolo si depositavano 2-3 metri di neve che isolavano per settimane (se non mesi) i nostri centri storici, gli abitanti non morivano, perchè avevano costruito e fatto rifornimento sapientemente e uscivano da soli dal primo piano delle abitazioni per continuare a vivere, a mangiare, ad andare a scuola, a lavorare. Oggi sono sufficienti 5 cm di neve per bloccare un’intera metropoli, chiudere le scuole, bloccare le metro, smettere di lavorare, se non addirittura lasciarci le penne.
Ci siamo allontanati dalla natura al punto tale da non riconoscerla più e da avvertirla come un nemico, come qualcosa di strano, di incomprensibile. Viviamo in uno stato di calamità permanente che certifica l’assoluta assenza di progresso (bensì di regresso) che caratterizza le nostre società. L’aumento delle intolleranze sociali non è altro che uno dei sintomi di questa incapacità di riconoscere e adattarsi.
Oggi non facciamo più esperienza di nulla, siamo bravi sulla carta, viviamo in una società altamente tecnologica e con un’elevata percentuale di gente istruita con tanto di attestato che lo certifica ma, contemporaneamente, non siamo stati mai così fragili e indifesi. E’ per questo che i provvedimenti presi dai governi sono, nella migliore delle ipotesi inefficaci, se non addirittura controproducenti, perchè manca il contatto con la realtà. Ecco perchè viviamo nella paura costante che ci possa accadere qualcosa. Ecco perchè le nostre scelte sono dettate dalla paura piuttosto che dalla fiducia. La paura nasce dall’ignoranza, dalla non conoscenza, dalla mancanza di esperienza diretta. Così come abbiamo affidato ad altri la gestione della res-pubblica (partitici) abbiamo affidato ad altri quella della nostra spiritualità (sacerdote, guru), della nostra salute (medico), del nostro talento (datore di lavoro), della nostra sicurezza (forze dell’ordine) e così anche la gestione della nostra incolumità (la protezione civile, il soccorso alpino etc.). Non controlliamo più nulla, dipendiamo sempre di più dagli altri di cui, spesso, non ci fidiamo.
“Il tradimento degli elementi naturali, che non sappiamo più amare se non in funzione dei nostri bisogni – scrive ancora Sapienza – è la rinuncia collettiva alla riserva di immaginario che andrebbe invece custodita come ispirazione preziosa per la sopravvivenza della specie. Che repulsione provo quando sento chiamare neve e pioggia maltempo. Per me il maltempo sono le motoslitte, il caos delle stazioni sciistiche e chi chiama fuoripista lo sci escursionismo: non la pioggia e la neve. L’umanità vampirizza le sorgenti della vita, poi le disprezza se crede che non le siano utili“.
Massimiliano Capalbo
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