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La corsa eretica di Giorgia contro il cancro

L’abbiamo scritto e detto più volte in questi anni. Il concetto di impresa eretica non è necessariamente legato al soggetto giuridico di natura economica. Eretica può essere considerata anche l’impresa umana, in quanto sfida innanzitutto a se stessi e poi al resto del mondo. L’eretico non si conforma, batte nuove strade, tenta di misurarsi con i propri limiti, dà l’esempio per primo. Proprio come Giorgia Buselli.
Giovane e intraprendente fundraiser bolognese, che ha deciso di lanciare la sua personale sfida: correre per raccogliere fondi a favore di un ente no profit, la LILT (Lega Italiana per la Lotta contro i Tumori).
Giorgia si sta allenando per prendere parte a due gare, l’11 maggio nella sua città alla Strabologna e il 20 agosto, a San Francisco, alla Fog City Run a simboleggiare un ponte che unisce Italia e Stati Uniti nella lotta contro il cancro. “Bologna e San Francisco – ci confessa – sono due città per me importanti. In una ci sono nata e cresciuta, la vivo ogni giorno nel lavoro, nel tempo libero, nelle amicizie. L’altra è la città dei Giants (squadra di Major League Baseball – ndr), la vivo ogni notte o quasi attaccata alla TV, guardando le partite in collegamento streaming perché il baseball è la mia passione.
Ha preferito osare utilizzando uno stile di raccolta fondi prettamente anglosassone in Italia, “dove ancora pensiamo – spiega – che donare voglia dire fare l’elemosina al barbone all’angolo della strada senza nemmeno guardarlo in faccia o dare un euro in chiesa o mettere del denaro in un’urna per le offerte, senza sapere come verranno usate e spesso senza nemmeno leggere il logo dell’associazione a cui andranno. Tutte cose in realtà buone, non le condanno, ma che non ci coinvolgono. Non solo diamo del nostro superfluo in termini monetari, il che secondo me è giustissimo perchè tutti dobbiamo campare, ma diamo del superfluo anche in termini di noi stessi, non partecipiamo, spesso non ci interessa nemmeno.”
L’eresia, quindi, di metterci la faccia, di dare il proprio contributo impegnandosi fisicamente, di prendere posizione, farsi carico in qualche modo delle fatiche altrui. “E’ un modo per dedicare ai malati il mio tempo, le mie energie, i miei pensieri, accoglierli nella mia vita, non passare oltre senza guardarli in faccia, accettare che ci sono situazioni in cui non posso fare nulla, ma posso esserci, “stare” non solo “fare”. Quando corro, mi alleno, io corro davvero per loro, penso a loro, a chi conosco e a chi non ho mai nemmeno incontrato.
Per promuovere l’iniziativa ha aperto un blog (http://giorgia55.blogspot.it/2014/03/non-solo-corsa.html) in cui ne spiega il senso, racconta la sfida e raccoglie le donazioni.
Come è nata l’idea? “Parlando con degli amici che vivono a Oxford, Ilaria corre ogni anno la Race for life e mi sono detta, perchè non io? Perchè non per la LILT? Perchè non ora? Avevo deciso di passare le vacanze estive a San francisco per via della squadra di baseball e mi sono cercata una corsa lì. Mi piaceva l’idea del ponte, delle due nazioni, continenti uniti contro il cancro che non conosce confini e quindi anche noi dovremmo combatterlo senza confini e mi sono iscritta anche alla Strabologna: due corse, due continenti, uno scopo.” Da quando ha iniziato è come una piccola staffetta inarrestabile: amici che coinvolgono colleghi, che coinvolgono amici che coinvolgono parenti e così via verso il traguardo.

Massimiliano Capalbo

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