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Gli altri barbari

Mentre li attendevamo, annunciati dai media, con lo sguardo e i radar rivolti verso Sud, i barbari sono scesi dal civilissimo Nord, quello portato ad esempio di civilità, come modello al quale tendere e assomigliare, e sono entrati tranquillamente a Roma, senza alcun preavviso, sotto lo sguardo attonito dei suoi abitanti.
Non abbiamo bisogno di attendere che arrivi l’Isis per imparare a sfogare i nostri istinti più bassi, decenni di trasferte calcistiche hanno dimostrato che i barbari sono già in mezzo a noi. Quel centinaio di colpi inferti alla fontana della Barcaccia, in piazza di Spagna, sono il prezzo che meritiamo di pagare per aver messo al centro delle nostre vite non la cultura, intesa nel senso etimologico del termine, che significa “coltivare” (per esempio passioni e saperi) ma, ad esempio, banalità come il calcio che non è più uno sport da tempo, nonostante molti continuino ancora ad illudersi che possa ritornare un giorno ad esserlo, sacrificato come tutte le cose troppo attenzionate dall’essere umano sull’altare del denaro.
Giovedi Roma non attendeva turisti in visita ai Musei Vaticani ma attori di un circo che, come nell’antica Roma, viene finanziato (da partitici e imprenditori) per tenere buono il popolo. “L’espressione Panem et Circenses alludeva ad un meccanismo di potere influentissimo sul popolo romano, era la formula del benessere popolare e quindi politico; un vero bozzo/strumento in mano al potere per far cessare i malumori delle masse” (da Wikipedia). Non c’è bisogno che “i poteri forti” o “il sistema” facciano qualcosa per limitare le nostre libertà, perchè lo facciamo già autonomamente, siamo già li tutti in fila per comprare l’ultimo modello di smartphone, per entrare allo stadio, per accaparrarci il primo capo a saldo della boutique, composti e ubbidienti, siamo già un gregge che segue il pastore del momento e che, come il serpente, si lascia ipnotizzare dal flauto del fachiro.
L’ex Belpaese che lascia crollare Pompei e che lascia nel degrado più assoluto lo straordinario patrimonio storico e architettonico che possiede, da ieri è improvvisamente interessato alla sua salvaguardia e grida allo sfregio, chiedendo risarcimenti agli altri barbari. Chi è causa del suo mal pianga se stesso.
L’unico provvedimento che può porre fine a questa barbarie può venire solo dagli sponsor (quelli che agiscono secondo un’etica ovviamente). Smettendo di finanziare il circo e dirottando le risorse magari su un bene culturale da restaurare e restituire allo sguardo ottenebrato dell’uomo post-moderno o a discipline sportive minori che faticano ad assurgere agli onori della cronaca, nonostante i successi ottenuti, potranno contribuire in un colpo solo a far cessare questi spettacoli, ad elevare culturalmente le persone e a far risparmiare molti soldi alle comunità.

Massimiliano Capalbo

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