Il Capitano dell’allegria
Nei giorni scorsi sono stato a Cutro, per partecipare alla seconda edizione di “A scattatu Carnalivari: processione funebre in maschera per le asfaltatissime strade dell’accogliente, onesta ed esteticamente invidiabile città di Cutro“, ideata e animata da Pierluigi Virelli, musicista, ricercatore e promotore della cultura di matrice orale calabrese, che ha deciso di riportare a Cutro una tradizione antica e, come molte altre cose, dimenticata.
Pierluigi è un eretico come pochi. Quella che, apparentemente, poteva sembrare una semplice sfilata carnevalesca, si è rivelata invece un’operazione di riconciliazione sociale molto importante, sottile e intelligente. Per comprenderlo occorre inquadrare, innanzitutto, il luogo, lo scenario in cui tutto si è svolto.
Cutro è un piccolo centro della provincia di Crotone, situato su un altopiano che si erge sulle colline e le campagne circostanti (le dune gialle di Pasolini), vittima dello spopolamento, come gran parte dei comuni dell’interno ma, soprattutto, prigioniero delle proprie paure. Paura delle conseguenze, di ciò che può accadere se…
Non è il paese della libertà di espressione, è un luogo in cui le pulsioni vengono bloccate e, come spesso accade in contesti del genere, sfociano attraverso la violenza. Chi si sente inadeguato ha un solo modo per dimostrare il proprio valore, usare la forza.
Pierluigi conosce Cutro e i cutresi e ha agito con consapevolezza e straordinario tatto. Prima di organizzare la manifestazione ha tenuto degli incontri divulgativi nelle scuole per far conoscere i riti e gli strumenti tradizionali calabresi, avvicinare i giovani alle radici della propria identità e determinarne la consapevolezza culturale. L’ultima farsa carnevalesca risaliva a ben 45 anni fa, intere generazioni di cutresi non ne erano a conoscenza. Ha coinvolto i ragazzi che vivono nelle case popolari, provenienti da ambienti difficili, per impedire che si coalizzassero tra di loro rendendo difficile lo svolgimento dell’iniziativa ma diventassero protagonisti della sua buona riuscita. Ha coinvolto suonatori e collaboratori di vario genere (grafici, allestitori, sarti, fotografi e videomaker) provenienti da tutta la regione, ha scritto i testi della farsa effettuando ricerche storiche, attraverso le testimonianze degli anziani del paese, adattandola ai giorni nostri attraverso la grottesca rappresentazione dei personaggi principali: il sindaco, il prete, il medico, il notaio, la moglie di Carnalivari e le amanti che piangono (più che il morto) il suo organo sessuale.
Lui in testa al corteo funebre, raggiante come il sole, colorato come un arcobaleno, moderno Capitano dell’allegria, che scaccia la tristezza e la negatività dalle vie cittadine e trascina con sè la Cutro migliore. Ancora una volta sono contento di scoprire un cittadino che, brandendo una passione, è riuscito a farsi istituzione. Lui, da solo, vale un esercito. Alla prima edizione, lo scorso anno, poche le persone in maschera, quest’anno sono state molte di più, il prossimo anno saranno sempre più numerosi quelli che vorranno esserne protagonisti. Il cambiamento è anche questo.
La farsa itinerante ha attraversato volutamente i quartieri più difficili della città, quelli più disagiati. I luoghi simbolo si sono trasformati in un teatro a cielo aperto dove i personaggi hanno recitato rigorosamente in dialetto cutrese. In una delle tappe il corteo si è radunato di fronte al Municipio, dal quale il vero sindaco, Salvatore Divuono, e alcuni assessori della sua giunta, sono scesi in piazza ad accogliere il “sindaco personaggio” della farsa. Un gesto simbolico e di riconciliazione, nel giorno della derisione dei poteri e delle cariche politiche.
Infine, nella piazza principale, il Capitano Pierluigi, a conclusione dlela sfilata, ha lanciato il suo messaggio di speranza ai cutresi, utilizzando l’allegoria e lo spirito satirico, per dimostrare come si possano creare momenti di bellezza e di serenità quando si costruisce invece di distruggere, quando si sceglie di sorridere invece di piangere, quando si sceglie la fiducia invece della diffidenza, quando l’individualismo lascia spazio al senso di comunità.
Un grande falò, al centro della piazza, ha accolto tra le sue fiamme la salma del Carnevale. Bruciandolo i cutresi hanno dato fuoco alla negatività, hanno simbolicamente ridotto in cenere il pessimismo e sollevato un fumo di speranza, quella di risvegliarsi in una nuova Cutro più positiva e allegra che mai, sotto lo sguardo sorridente del suo Capitano.
Massimiliano Capalbo
Foto di: Oreste Montebello
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