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La pedagogia della paura

Dunque nel 2017 non è scoppiata la guerra mondiale nucleare. Lo aveva annunciato una decina d’anni fa nel suo sito un “guru” della rete, co-fondatore in Italia di un movimento politico on line. Non era l’unico, l’ipotesi circolava anche in altri siti legati alla finanza internazionale, sembrava che nei piani alti del potere ci si divertisse a pensare catastrofico.
La rete è piena di annunci di guerre mondiali, catastrofi, carestie, imbarbarimenti e abiezioni di ogni genere, i media educano poi giornalmente i bambini a vedere, concepire e quasi ammirare ciò che è mostruoso e deforme. Vedere il male, avvertiva Jung, rischia di rendere complici del male. Ben lo sa maestra tv.
I rivoluzionari vorrebbero lo scoppio di rivoluzioni in tutto il mondo e, non avendo seguito, accusano la massa degli uomini di essere “pecore”; ci sono poi gli esoterici che rimproverano agli uomini di non seguire gli insegnamenti illuminanti dei loro “maestri” e lanciano anche essi agli uomini l’accusa di essere “pecore”; ci sono i cultori della scienza e della tecnica (è un vero culto) che vorrebbero il mondo fosse regolato solo dalle macchine e dalla scienza e accusano gli uomini di non essere sufficientemente informati, scientizzati, scolarizzati, insomma degli ignoranti, “capre”; ci sono i fanatici religiosi che vorrebbero tutto il mondo uniformato e sottomesso alla “parola” del “loro” dio e annunciano ai peccatori terribili castighi, e cosi’ via.
E’ come se tutti costoro, non trovando gli esseri umani perfetti (cioè uguali a loro), volessero punirli. Annunciano la fine del mondo perché il mondo non va loro dietro, è la pedagogia della paura. Ho il dubbio che il catastrofismo (e i suoi derivati come l’austerity) sia una forma di perversione religiosa, quella che ha portato per secoli a pensare Dio come il vendicatore e il castigatore, cioè in una forma proto-umana.
Come sarà il 2018? A pensarlo male, male sarà perché, in ultima analisi, l’anno che viene sarà nutrito dalle nostre intenzioni. Non è esprimendo desideri e aspettative che si realizzeranno, o affidandosi alla sorte e al buon operare di altri, che pacchia!
Si tratta invece di sentire in profondità (prima che si manifesti) il bene possibile, come fa la pianta quando sente l’arrivo della bella stagione e si rianima ancor prima che essa arrivi. Se sentiamo il bene della vita che arriva, questo ha qualche possibilità di maturare. Matureremo insieme.

Giuliano Buselli

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