Home banking: gli effetti desocializzanti della tecnologia.
Un tempo il direttore di banca era una sorta di divinità locale, capace di concedere mutui, finanziamenti e prestiti e, quindi, di decidere il destino di privati ed imprese.
Per ovviare l’onnipotenza dell’uomo direttore, le banche hanno inventato il “sistema”, un complesso cervellone elettronico che scheda tutti e di tutti tutto sa, offrendo giudizi di affidabilità e di rischio in automatico, talché la decisione viene spostata dall’uomo alla macchina.
Non a caso, progressivamente il rapporto tra banca e cliente si è fatto più distante, anodino e meccanico. Oggi impera l’home banking, la possibilità di gestire il proprio conto e i servizi annessi direttamente da casa via pc. Grandissima comodità, vero. Ma con qualche piccola scomodità.
La “scomodità” consiste nella estrema solitudine che l’home banking ci garantisce. Non fare la fila, non dover aspettare, non dover fare sapere agli altri i fatti propri, non dover incontrare nessuno.
La tecnologia è comoda, ma di una comodità un pò inquietante perché ci sta privando di tanta, forse troppa umanità.
Qualsiasi ipotesi di contatto accidentale tra persone viene sostituita da una tecnologia accomodante. Vuoi parlare? C’è una chat. Vuoi guardare? C’è la cam. Vuoi vivere? C’è tutto un mondo virtuale.
Intanto, la tua vita diventa piatta come lo schermo del pc. Meno emozioni, meno disagio, meno odore, meno imbarazzo.
Con l’home banking, ad esempio, viene rimosso il disagio del rifiuto e l’incombenza della spiegazione: vuoi un finanziamento? No, il sistema ha detto no. Non puoi chiedere di più, né più ti è dato sapere. La macchina ha parlato, ooops, ha scritto!
Non sono un nostalgico e neppure un luddista. Non propugno un ritorno al passato o l’abolizione delle tecnologie.
Penso semplicemente che ci stiamo adeguando a modelli di vita diversi senza troppo pensarci, senza una ben che minima analisi e con una cieca attitudine fideistica nella razionalità della macchina. La tecnologia è strumento non fine. Eppure, troppe volte sta diventando la fine di tante piccole cose che ci rendono umani, come il rifiuto di un prestito, la spiegazione di un diniego e la comprensione delle ragioni grandi o piccole che si frappongono tra noi e la nostra sorte.
Fare la fila è caotico, noioso ed imprevedibile. Ti costringe a condividere spazi e dare spazio a colui che ti precede e ti segue. Fare la fila è umano. Da casa, nel silenzio di una stanza buia, puoi solo cliccare i tuoi tasti…
Nuccio Cantelmi
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