Innamorarsi di un problema e diventarne la soluzione
La dittatura delle coscienze è già realtà. Non c’è bisogno che il governo faccia ricorso all’esercito o ad altre forme di coercizione per convincerci a fare alcune cose piuttosto che altre, bastano i media. Le cronache di questi mesi ce ne stanno dando, semmai ce ne fosse bisogno, conferma. E’ sufficiente che scrivano una sceneggiatura perché poi gli spettatori si trasformino in attori per assumere ciascuno la propria parte nella recita e prestarsi alla manipolazione. In un paese di vittime non è difficile far materializzare dei carnefici, qualsiasi alibi può andare bene: dalla disoccupazione alla crisi economica, dalle scritte sui muri alle dichiarazioni rilasciate a favore di telecamera.
Non vedremo mai il cambiamento se continueremo a fare due errori fondamentali: attenderlo e ricercarlo fuori da noi.
Così come attendiamo che passi la crisi economica alla stregua di una perturbazione atmosferica allo stesso modo immaginiamo che le cose possano cambiare per inerzia o per iniziativa di qualcun altro. Finché continueremo a delegare ad altri il nostro futuro e ad immaginare che possa dipendere da altri, continueremo a fare la fortuna di questi altri disperati alla ricerca di consenso che, sulla nostra ignavia e apatia possono continuare a costruire indisturbati le proprie ricche carriere, semplicemente cambiandosi d’abito a seconda della circostanza.
L’unico cambiamento vero e duraturo che possiamo attuare è quello interiore ma questo presupporrebbe uno slancio di libertà che, al contrario di quanto affermiamo quotidianamente, non vogliamo perché ci fa paura, ci terrorizza, perché fa rima con responsabilità. E’ molto più semplice accusare qualcuno o qualcosa della nostra incapacità o sfortuna. Le nostre menti sono schiave, prigioniere delle nostre paure, paralizzate. La condizione ideale perché possano essere manipolate e strumentalizzate.
“La felicità è uno stato di coscienza che dipende dalla nostra buona comprensione delle cose” affermava O.M. Aivanhov. La maggior parte delle persone oggi è alla ricerca di un modo per sollevarsi da qualsiasi tipo di responsabilità: genitoriale, sociale, imprenditoriale, didattica, politica, spirituale etc. Ma se non ci imbattiamo nei problemi, se non li affrontiamo, se non li attraversiamo, non potremo mai essere felici perché “la felicità consiste nell’essere in grado di attraversare le prove senza capitolare, uscendone più ricchi e più forti.”
Se vogliamo lasciare un segno del nostro passaggio su questa terra dobbiamo innamorarci di un problema e diventarne la soluzione. Innamorarsi significa sacrificarsi per quel problema. Così come chi ama veramente vuole la felicità dell’altro e non la propria, chi si innamora del problema vuole la sua soluzione e non strumentalizzare il problema a proprio vantaggio.
Occorre collaborare per creare la giusta atmosfera psichica. Basta lamentele, non diamo spazio alla negatività, al pessimismo e alla rassegnazione, oggi abbiamo molto più potere di ieri per farlo. L’accesso ai social network ha trasformato ciascuno di noi in un media, un personal media. Possiamo scegliere a cosa dare spazio e a cosa no. Siamo noi i primi a prestare il fianco alla propaganda e a far si che i peggiori sentimenti si diffondano e si moltiplichino nella Rete e diventino notizia, le fake news ne sono un chiaro esempio. Esistono perché abbiamo smarrito la buona comprensione delle cose.
“Se l’atmosfera psichica nella quale l’essere umano è immerso non fosse così inquinata, egli riuscirebbe a neutralizzare tutti i veleni esterni. Il male si trova prima di tutto all’interno.” Occorre dunque lavorare all’interno e per farlo occorre solitudine e silenzio, ricerchiamoli e ritroveremo noi stessi, la nostra coscienza e la nostra libertà.
Massimiliano Capalbo
Cercare il problema di cui innamorarsi richiede non poco coraggio, lo stesso sforzo che porta a lasciare ogni cosa per seguire un amore impossibile invece che accontentarsi di un comodo e confortevole matrimonio di convenienza. E allora il quesito che s’impone è solo uno, forse, come far venir fuori il coraggio