Il futuro è qui ma non sappiamo perché
Giovedi 6 ottobre sono stato invitato, presso la Camera di Commercio di Catanzaro, per partecipare ad un open day dedicato alla presentazione di Biotecnomed, una società consortile composta da enti pubblici di ricerca (come ad esempio l’Università della Calabria) e da imprese private specializzate nei settori della medicina e della tecnologia. Non avrei mai immaginato che un giorno, vicino casa, in un territorio da sempre considerato marginale, sarebbe sorto un Polo di Innovazione delle Tecnologie della Salute e delle Biotecnologie al servizio delle imprese che vogliono fare innovazione.
Biotecnomed è nata nel 2011 ed è il soggetto gestore del Polo di Innovazione Tecnologie della Salute realizzato con contributi POR FESR Calabria 2007-2013 e del Distretto ad Alta Tecnologia Salute dell’Uomo e Biotecnologie, finanziato dal PON “Ricerca e Competitività” 2007-2013. Dispone di 19 laboratori e 48 aziende associate e offre strumenti, idee e risorse alle imprese, alle università e ai centri di ricerca regionali per favorire la crescita e lo sviluppo dell’innovazione. A titolo esemplificativo: se sei una startup puoi ususfruire di spazi, infrastrutture e tecnologie per lanciare e testare la tua idea imprenditoriale; se sei un’azienda che vuole sviluppare un nuovo prodotto/servizio offre consulenza nella prototipazione, sperimentazione e sviluppo di soluzioni innovative in ambito biomedico e delle scienze della vita; analisi e test di laboratorio nei campi della neuromotoria e nutraceutica; servizi di tutela di marchi e brevetti; organizzazione di eventi e corsi di formazione. Le aree di applicazione sono quattro: medicina rigenerativa, diagnostica avanzata, riabilitazione neuromotoria, nutraceutica e alimenti funzionali.
Al termine della conferenza stampa abbiamo fatto una visita guidata nella sede di Germaneto, a pochi passi dalla cittadella regionale, e ho visto laboratori tecnologicamente avanzati, maker space (dotati di stampanti 3D), umanoidi e robottini, protesi bioniche, sensori ergonomici indossabili e tutto quanto le più avanzate tecnologie consentono oggi di realizzare nelle aree di applicazione citate.
Ho conosciuto giovani calabresi estremamente preparati e professionali (che non sono emigrati) che ci lavorano e un ambiente molto friendly che offre questi servizi a prezzi molto inferiori rispetto a quelli di mercato, dunque alla portata anche di piccole e medie imprese che vogliono investire in innovazione e ricerca. Se poi si tiene conto dei numerosi bandi che periodicamente vengono pubblicati in questa regione i costi, per chi vuole fare impresa veramente, diventano irrisori. Fin qui quello che ho visto e sentito. Non ho visto partitici, e questo è un fattore positivo, se saranno in grado di tenerli alla larga e (a parte i finanziamenti pubblici con cui sono partiti) sapranno restare sul mercato e competere sulla base della loro bravura, potranno avere davanti buone prospettive e fornire un importante contributo allo sviluppo delle aziende calabresi. Gli utili di questa società consortile, ci hanno spiegato in conferenza stampa, vengono reinvestiti nella gestione, ricerca e innovazione della struttura stessa. Se qualcuno ha informazioni diverse da queste e attendibili si pronunci.
Tutto molto bello, tutto molto positivo. Dunque, se così è, da domani questa regione dovrebbe cominciare a fare un salto di qualità notevole, le aziende dovrebbero fare la fila per innovare i propri prodotti/servizi e diventare competitive sul mercato e dovremmo risolvere tutti i nostri problemi. Temo, però, che non sia così lineare il processo, come tutti i processi umani.
Il primo grande ostacolo, infatti, è costituito dalla mentalità, non tanto quella meridionale che siamo abituati a considerare erroneamente diversa rispetto alle altre, quanto quella generale della nostra società. E’ opinione diffusa, infatti, credere e pensare che l’innovazione sia un discorso solo di carattere tecnologico, legato al sapere e alla conoscenza e che sia sufficiente al raggiungimento del tanto agognato progresso o cambiamento che dir si voglia. In sintesi, il ragionamento che si fa è sempre il seguente: bisogna puntare sull’innovazione per ottenere quel vantaggio competitivo nei confronti dei concorrenti che consenta di raggiungere l’obiettivo finale, lucrare sul lancio di idee innovative, possibilmente recintandole (attraverso un brevetto o una qualsivoglia altra forma di tutela commerciale) per impedire che gli altri ne possano godere dei vantaggi (non solo economici). Alla crescita esponenziale dell’innovazione tecnologica non corrisponde mai un’innovazione in termini di pensiero, di senso, di significato, tutto finisce per ridursi al solito mero profitto, unico vero obiettivo finale di tutti questi sforzi e investimenti. E’ il progresso sociale? E gli altri? Perchè in tutti questi discorsi non compaiono mai? Perchè ci muoviamo a prescindere dagli altri? Perchè nessuno punta all’innovazione sociale? Come non comprendere che il cambiamento avviene se siamo in grado di cambiare il nostro modo di ragionare e di agire?
Il futuro è qui ma non sappiamo perchè. E’ arrivato anche da noi ma ci coglie impreparati. Avere i mezzi e non sapere perchè usarli, infatti, può essere molto pericoloso.
Massimiliano Capalbo
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