Crucoli Torretta e la cortesia. La relazione si instaura nel 2014, quando il neo-eletto sindaco Domenico Vulcano ordina ai commercianti di esporre una frase di cortesia e chiede a turisti e compaesani di votare via e-mail l’attività più cortese dell’anno. In tre anni, solo il Bar sportivo e la Macelleria Caruso si aggiudicano il contest. Poi la Via Marina diventa “della cortesia” e gli amministratori promuovono l’Hotel Cortesia e il “passaggio di cortesia”.
Tanto basta per convincere Ferdinando Ciccopiedi, consulente in marketing e comunicazione con sangue crucolese, a pubblicare “Crucoli, Il paese della cortesia – cortesia e storia, storie di cortesia.” Un libretto di trentotto pagine, una sorta di breve saggio sui costumi popolari contaminato di aneddoti. Dopo aver citato gli esempi di cortesia del poeta Dante, dei poemi omerici dell’Iliade e l’Odissea e averne spiegato il significato, legato alle buone maniere e alla solidarietà, la narrazione di Ciccopiedi si tuffa nella tradizione del suo paese originario. Crucoli paese della cortesia. A Crucoli, era ed è cortese chiamare “zu” (zio) una persona adulta, uccidere il maiale, non buttarne via niente per darlo ai vicini di casa o recitare le frazze per il gusto di far ridere gli spettatori e ottenere qualcosa da mangiare.
Pagina dopo pagina, le testimonianze degli anziani raccolte e i luoghi menzionati (A scaccera, la bettola dei quattro denari) cercano di conservare un vecchio modo di intendere la vita. Lo scrittore interviene spesso nel racconto e divaga con nostalgia, criticando quell’era dei social che secondo la sua stessa ammissione, rischia di impoverire i rapporti umani (il rischio, per il lettore, è invece quello di perdere di vista il tema fondante dell’opera). Il paese della cortesia ha una scrittura semplice, con qualche intrusione dialettale e si può leggere anche sotto l’ombrellone. Chissà se, con il tempo, potrà influenzare la penna di altri autori, interessati a scavare nella storia di un paese che ha ancora molto da dire.

Francesco Cerminara

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