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L’economia dittatoriale

La morte di Kim Jong-il, presidente della Corea del Nord, avvenuta ieri è passata un pò velocemente sotto i nostri occhi, quasi inosservata, se non fosse per quelle immagini di pianto collettivo dei suoi sudditi che abbiamo visto passare sugli schermi dei nostri televisori.
Eppure la sua morte ha messo in allarme Corea del Sud, Giappone e Stati Uniti mentre la borsa di Tokyo ha chiuso con una perdita dell’1,26% per paura di una crescita dell’instabilità dell’area.
Il direttore della Caritas internazionale, Duncan MacLaren, di ritorno dalla Corea del Nord nel novembre 2010, denunciò: “Kim Jong-il è semplicemente il proprietario di una nazione; il titolare indiscusso dei beni dell’intera Corea del Nord. Si tratta del Paese più isolato del mondo, è sottomesso alla dittatura della famiglia Kim e del suo entourage militare completamente indifferenti alle sofferenze della popolazione e interessati solo a mantenere il potere.
Eh si, cari amici, la finanza richiede stabilità e la stabilità può essere garantita o dalle dittature (quella Coreana, in particolare, farebbe impallidire Hitler e Stalin messi insieme) o da Paesi economicamente ricattabili (come quelli dell’area Euro).
Ma l’aspetto più grave di tutta la faccenda è dato dal fatto che ci troviamo ad un bivio, ad una svolta, una grande svolta epocale. I cambiamenti portano instabilità, incertezza e paura.
E, proprio nella fase in cui ci sarebbe bisogno di cambiare, la finanza mondiale preme perchè nulla cambi.
Secondo Pekka Himanen, docente all’Università di Helsinki e di Berkeley, “quando l’idea della società consiste nella massimizzazione del denaro, la realizzazione di quest’idea non richiede alcun cambiamento reale nel mondo.” Perché per fare denaro c’è bisogno di stabilità. Nei Paesi in cui non vi è stabilità politica e sociale gli operatori finanziari non sono disposti a rischiare i propri soldi, le aziende non sono disposte ad investire e l’economia va in crisi. La prima preoccupazione dei governi è che le differenze esistenti, tra coloro che hanno e coloro che non hanno, non accrescano l’instabilità sociale. Perché l’instabilità sociale porta al disordine e all’incertezza. C’è bisogno dunque di ordine e di certezze e si opera in questa direzione sempre e dovunque con qualsiasi mezzo. Il modello economico imperante prospera e dialoga molto meglio con i regimi dittatoriali che con quelli democratici, potremo affermare che stiamo assistendo alla nascita di un’economia dittatoriale, basata sulla dittatura del dio denaro, al quale piegare ogni logica e in nome del quale elevare ogni sacrificio.
Queste due forze, la richiesta di cambiamento che viene dalle società democratiche e la richiesta di stabilità che proviene dal mondo economico, stanno premendo l’una contro l’altra e maggiore sarà la pressione maggiori saranno le conseguenze di questa pressione. Se non emerge al più presto una nuova idea di società, una visione condivisa e più equa del mondo e dell’economia lo scontro sarà inevitabile.

Massimiliano Capalbo

Commenti

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1 commento
  1. marco bertelli
    marco bertelli dice:

    Personalmente io ho sempre pensato che i regimi dittatoriali di vecchio stampo, isolazionisti e "impermeabili" alla globalizzazione, esistessero come naturale e ovvia contrapposizione al resto del mondo, che si serve di questi regimi definiti "oscuri" e potenzialmente pericolosi per mantenere e giustificare il proprio potere. E' un po' l'immagine di un leone che ruggisce davanti ad una zanzara per affermare la propria superiorità e, lo so, è una visione forse superficiale.
    Ma tant'è, così la vedo io, tanto più che è proprio in questo periodo che si parla tanto di strutture sovranazionali che controllano l'economia e la politica del mondo occidentale, e pensare che siano queste strutture sovranazionali che dialogano (magari in modo "non ufficiale") con questi regimi di cui "non si sa nulla", non mi pare poi così campato in aria.
    Le conclusioni dell'articolo sono senza dubbio condivisibili. Deve emergere, come sostiene Massimiliano, "una visione condivisa e più equa del mondo e dell'economia", ma, secondo me, non per evitare lo scontro, ma per dare un senso più "alto" alle nostre vite e alla vita del pianeta. Si tratta di evoluzione pura e semplice.

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