Sono le 12.30 e sono in fila presso uno sportello CUP per effettuare una prenotazione per una visita specialistica per mia madre. Prima di me solo un paio di persone. Quando è il mio turno entro e, ancora prima di sedermi nell’ufficio, la persona che sta dietro lo sportello, un signore dallo sguardo e dalle movenze flemmatiche, mi chiede quante persone ci sono ancora dopo di me. Rispondo nessuna ed esclama: “ah, che giornata oggi!” come per rendermi partecipe delle “fatiche” del suo lavoro.
Consegno l’impegnativa, la guarda e prima ancora di controllare sul computer mi fa: “ah per queste parliamo almeno di novembre, dicembre!” Faccio notare che mia madre ha una certa età e che necessita della visita in tempi ragionevoli. “Cercherò di espandere la ricerca nel raggio della regione” mi fa. Rispondo che non ho alcuna intenzione di sottoporre mia madre a lunghi viaggi ed aggiungo: “lei verifichi che disponibilità c’è in zona, poi se non dovesse esserci, siccome per legge siete tenuti ad erogare il servizio entro 30 giorni per le visite specialistiche, vorrà dire che mia madre andrà a visita da un privato e poi si farà rimborsare le spese dal servizio sanitario.” Al che il funzionario mi risponde: “ah guardi, questo non lo so, però l’ho sentita dire questa cosa, ma non sono sicuro..” Replico: “non si preoccupi, sono sicuro io“. Dopo una breve ricerca sul computer compare una disponibilità, a pochi metri da casa, esattamente a distanza di 30 giorni. Miracolo? Magia? Lascio a voi ogni considerazione. Io la mia ce l’ho da tempo e questo episodio non ha fatto altro che confermarmela.

Massimiliano Capalbo

Tramontato il miraggio della SA-RC come volano di sviluppo della Calabria, visto che non ha prodotto (come si paventava durante la sua realizzazione durata mezzo secolo) alcun cambiamento né in termini di aumento dei flussi turistici (ricordo le polemiche sulle file in autostrada ai caselli) né in termini di crescita della vivacità economica della regione, si è passati a crearne uno nuovo: la SS106 TA-RC definita la “strada della morte”. Perché il nostro vittimismo, la nostra continua ricerca di alibi, ha raggiunto livelli tali che siamo riusciti a trasferire le colpe e le responsabilità degli incidenti provocati da distrazioni, alta velocità e altre disattenzioni umane alla strada. Per alimentare questa narrazione vittimistica è nata anche un’associazione che non perde occasione per farlo attraverso i media. Pare, infatti, che non esistano altri soggetti titolati a parlarne. Perché in Calabria ci si appropria dei temi e ci si autonomina portavoce senza aver ricevuto l’investitura da nessuno. Secondo questa narrazione la nuova SS106 servirà ad impedire che nuovi incidenti possano accadere. Ma chi si è recato sul posto, dove sono in corso i lavori del nuovo tratto, ha potuto constatare, oltre all’ennesima devastazione ambientale e paesaggistica di una delle aree rurali più belle e incontaminate della Calabria, che la nuova strada è appunto una nuova strada, un nuovo tracciato, che non andrà a migliorare quella esistente riducendone la pericolosità ma semplicemente a sovrapporsi, per cui la strada della morte continuerà a mietere vittime anche una volta conclusa la nuova. Avremo, dunque, due strade una della morte e una della devastazione. Nel frattempo, la stessa associazione, è così preoccupata degli incidenti che capitano sulla vecchia strada della morte da aver presentato ben quattro esposti, rispettivamente alle procure della Repubblica di Castrovillari, Crotone, Catanzaro e Reggio Calabria in merito ai sistemi di rilevamento della velocità posti sulla stessa strada, che dovrebbero proprio servire a ridurre gli incidenti (anche se non a norma). Sembra, dunque, che l’obiettivo di questa associazione sia più quello di prendere a pretesto qualsiasi occasione per ricercare visibilità che dare coerenza alle proprie azioni e alle proprie dichiarazioni. Un modo di fare molto diffuso nella nostra regione ma che, in questa vicenda, raggiunge livelli prossimi al paradosso.

Massimiliano Capalbo

Nonostante gli sforzi (direi quasi l’accanimento politico-mediatico) profusi negli ultimi venti anni per accendere i riflettori sulla Calabria come meta turistica, la nostra regione è riuscita a scamparla anche quest’anno. L’assalto non c’è stato, il territorio ne è uscito indenne. Le strade, i ristoranti, i lidi, le spiagge semideserte sono lì a testimoniare il fallimento dell’ennesimo tentativo d’industrializzazione forzata del comparto. Lei osserva distaccata e sorride. Sembra quasi predersi gioco di questi novelli profeti della modernità che pensano di poterla governare osservandola sulle mappe geografiche e di poterla plasmare a proprio uso e consumo, costringendola a prostituirsi culturalmente e mediaticamente attraverso questa o quella kermesse, questo o quel testimonial. Lei li osserva come gli indigeni osservavano i colonialisti appena sbarcati su un territorio a loro sconosciuto ed estraneo, ignari dei rischi che li attendevano.
Se sono arrivata fin qui indenne, se ho resistito per secoli ai terremoti, ai tentativi di unificazione, all’industrializzazione forzata, all’omologazione consumistica, pensate che non possa resistere alla narrazione falsa ed edulcorata che state tentando di attribuirmi da alcuni anni a questa parte? Sembra rispondere a chi si stupisce del suo immobilismo. Ma sta proprio qui il suo valore, nella sua capacità di resistere alle forze idiote della modernità, è questa capacità che l’ha preservata fino ad oggi e che potrà preservarla anche domani in attesa che qualche nuova saggezza riemerga dal caos della stupidità. Solo il silenzio e l’oblio, infatti, potranno riconsegnarla integra alle generazioni (ci auguriamo più consapevoli) che verranno.
La farsa del turismo in Calabria è andata in scena anche quest’anno ma non ha sortito alcun effetto, se non quello di confermare di essere appunto una farsa. L’arrivo degli emigrati da fuori e lo spostamento dei residenti che vanno in ferie crea ogni anno questa illusione. Non può esserci destagionalizzazione se la nostra vita è programmata in questo modo, se facciamo tutti le stesse cose negli stessi giorni, se la nostra esistenza è priva di un pizzico di romanticismo e di curiosità.
Il fenomeno turistico nella nostra regione assomiglia sempre di più agli avvistamenti del mostro di Loch Ness, c’è sempre qualcuno che giura di averlo visto ma quando vai a verificare di persona devi accontentarti di intravedere uno specchio d’acqua in mezzo alla nebbia e continuare a credere che un giorno potrebbe spuntare. E’ questa illusione a convincere ancora molta gente a investire (con i soldi dello stato ovviamente) nella realizzazione di b&b, ristoranti e lidi che funzionano per quindici giorni all’anno e che vengono gestiti tirando a campare tra lavoratori in nero e allacci abusivi. Il miraggio è lì, potenzialmente a portata di mano, ma ogni volta all’arrivo della stagione scompare, in attesa del prossimo avvistamento.
Il silenzio generale che circonda l’ennesimo fallimento sa di complicità, di connivenze, di contributo collettivo al raggiungimento del risultato. Ci hanno creduto e ci credono ancora tutti all’illusione, dai partitici agli imprenditori, dai residenti ai giornalisti, e di fronte all’evidenza non resta loro che tacere e fare finta di nulla. Nell’attesa di trovare l’ennesimo alibi e l’ennesimo capro espiatorio da utilizzare in autunno per giustificare l’ennesimo fallimento e la conseguente ennesima crisi: i cambiamenti climatici, l’inflazione, le infrastrutture, la guerra …

Massimiliano Capalbo