Lo avevo già verificato nel mio piccolo e ne ho avuto la conferma più in grande ieri sera, nel corso della prima puntata del Festival di Sanremo. Se togli i social agli influencer o anche semplicemente alle migliaia di aspiranti tali che popolano il Web, svaniscono come neve al sole. Mi è capitato in questi anni di contattare persone che sui social erano sembrate intraprendenti, che sembravano volersi mangiare il mondo, brillanti e piene di voglia di fare, e che poi messe alla prova nella realtà si erano rivelate incapaci anche di svolgere banali mansioni. O quantomeno ridimensionate rispetto alle aspettative create sul piccolo schermo.
Credevo, però, che di fronte alla scelta di mostrarsi a milioni di telespettatori e consigliata da uno staff, che immagino la supporti per salvaguardare quella parvenza di straordinarietà che si è costruita, la Ferragni avrebbe evitato e invece no. Ieri sera ha osato materializzarsi nella realtà e co-condurre il festival, mostrandosi in tutta la sua inconsistenza. Un avatar sarebbe stato più empatico, avrebbe trasmesso più emozioni. Forse si è trattato di un esperimento per introdurli nelle prossime edizioni visto che stiamo andando verso il transumanesimo. Ma tant’è. Ho l’impressione che, così come è avvenuto con la bolla della new economy alla fine degli anni ’90, anche l’economy dei social esploderà, prossimamente, rivelandosi in tutta la sua inconsistenza.
La Ferragni ha esordito indossando un abito con la scritta “pensati libera”, smentita da lei stessa qualche minuto più tardi con la lettura di un testo di una banalità sconcertante. Mi è sembrata schiava, invece, come la maggior parte degli artisti e degli influencer, dell’industria economica e finanziaria che ha contribuito a creare e del successo. Le persone veramente libere non ricercano spasmodicamente visibilità e consenso, le persone libere stanno bene innanzitutto con se stesse, sono libere interiormente, non fanno una piega di fronte ad una critica spiacevole e si oppongono ai diktat del sistema quando è il caso. E, soprattutto, non hanno bisogno di raccontarlo agli altri.
Un tempo chi aveva problemi esistenziali si recava dallo psicologo. Oggi, nonostante il bonus del governo, partecipa a trasmissioni televisive. Da “Ballando con le stelle” a “The Voice”, da “Tali e quali” a “X factor” è un continuo confessarsi sul lettino del conduttore. Altro che successo, altro che esempi. Si crede che coprendo le fragilità col rumore dello spettacolo e abbagliandole con le luci dei riflettori si possano mettere a tacere. E’ vero l’esatto contrario. Per capirsi occorre ascoltarsi e per ascoltarsi occorre fare silenzio e stare da soli e in ombra. Una cosa che, al solo pensiero, terrorizza la stragrande maggioranza dei nostri contemporanei.
Dalla nascita dei social ad oggi abbiamo assistito al passaggio dai leader agli influencer, un passaggio determinato dalla progressiva inconsistenza dei protagonisti e soprattutto dal progressivo allontanamento dalla realtà. I leader un tempo erano tali perché si sporcavano le mani, diventavano leader dopo essersi resi protagonisti di azioni concrete che avevano modificato la realtà e i cui effetti avevano avuto ricadute concrete sui loro seguaci. Attraverso il loro esempio erano di ispirazione per altri ad agire concretamente per cambiare le cose. Con l’avvento della tv prima e del cyberspazio poi, tutto ha cominciato ad assumere la loro stessa inconsistenza. Tutto è partito dal mondo della politica. Ad un certo punto non è stato più necessario dimostrare particolari capacità per diventare leader, è stato sufficiente essere funzionali al sistema, anzi più incapaci si è e più si è funzionali, più si può essere manovrati a piacimento. Se non hai risolto il tuo problema di vivere puoi dichiarare, senza timore di smentite, che risolverai quelli degli altri, a pagamento ovviamente. Non è importante se sei Antonio o Angela, se sei realizzato o meno, l’importante è che la tua immagine sia vendibile e manipolabile, che generi consenso, che tu dia la parvenza di un cambiamento o di una rivoluzione. Poi se diventi premier e scateni una guerra mondiale perché sei incapace di interpretare la comunicazione verbale o non verbale di un tuo omologo non importa.
La maggior parte delle persone di spettacolo, soprattutto se emergenti, vive come i gladiatori nelle arene al tempo dei Romani. Le performance di primo piano celano un restroscena meno piacevole, fatto di obblighi contrattuali e di schiavitù che nessuno ci racconta, di continua competizione, elemento costitutivo della nostra società. La tensione è così alta che poi esplode, come è avvenuto ieri sera nella rabbia distruttiva di Blanco, unico momento di verità di tutta la serata.

Massimiliano Capalbo

L’istituto Mario Negri, importante centro italiano di ricerca farmacologica, ha pubblicato sulla Rivista “Lancet” (una delle più autorevoli riviste scientifiche a livello internazionale) i risultati di una ricerca sui malati di Covid: la conclusione è che il Covid è curabile con dei semplici antinfiammatori, a casa e ai primi sintomi, solo così è possibile ridurre del 90% (novanta!) le ospedalizzazioni e accorciare la sintomatologia dell’80%.
Ne esce a pezzi il protocollo ministeriale della “tachipirina e vigile attesa”, anzi si può dire che quel protocollo, strenuamente difeso contro ogni evidenza da ministro e ISS, ha portato al decesso decine di migliaia di pazienti. E’ una delle tante notizie di questi ultimi mesi che stanno demolendo la narrazione ufficiale e mediatica della pandemia, tutta incentrata sulla drammatizzazione e sul vaccino come unica soluzione.
Non sorprende che il ceto politico abbia cavalcato la drammatizzazione per ricavarne un rafforzamento del potere esecutivo (tendenza presente in ogni paese europeo) nè sorprende il gioco degli interessi economici delle case farmaceutiche, in un mondo dominato dal denaro è ovvio che penetri anche nella ricerca scientifica e nell’esercizio della professione medica.
Ciò che sorprende è che la stragrande maggioranza dei cittadini abbia creduto alla narrazione ufficiale e mediatica nonostante tante voci autorevoli avanzassero opinioni diverse, nel caso specifico il direttore dell’istituto Negri, prof. Remuzzi, aveva comunicato la sua terapia già un anno fa, nessuno lo ha ascoltato.
Perchè tanta credulità in una società che si considera avanzata? E’ come se la forte scolarizzazione della nostra società non abbia prodotto alcuna autonomia di pensiero, come se la maggioranza dei cittadini e persino delle persone colte (ad es. il mondo universitario) preferisse credere a qualcuno invece che pensare autonomamente.
La società ipertecnologica è piena di creduloni. Parrebbe una contraddizione, forse invece c’è un rapporto di causa ed effetto.
Forse è proprio la pervasività della tecnologia che conduce alla massificazione della credulità. La pigrizia che tanti dispositivi tecnici, sostitutivi delle attività umane, induce nei corpi si estende alla mente e diventa pigrizia mentale. Il credulone è chi cessa di cercare, di chiedere, di porre domande, di avanzare dubbi. Lui segue solo la voce dominante, ha un bisogno interiore di dar credito a qualcuno e sceglie sempre chi è più forte perchè lui è, mentalmente, debole, tanto debole.
Chiedete, diceva Gesù ai discepoli, non aspettate che parli il Maestro. “Chiedete, se avete intenzione di ricevere. Quando la terra ha sete tocca a lei chiamare la pioggia“. (Dal Vangelo apocrifo di Maria Maddalena)

Giuliano Buselli

Che strana questa guerra tra Putin e Zelensky. E’ molto diversa rispetto a quelle a cui eravamo stati abituati negli scorsi anni. Ce l’avevano annunciata come la Terza Guerra Mondiale, come qualcosa che avrebbe attivato un’escalation di reazioni senza fine e, per fortuna, è in corso da settimane e la sensazione che si avverte è di stallo. Non perché i russi abbiano incontrato la grande resistenza ucraina, che i media partigiani vanno raccontando dall’inizio, ma perché la strategia scelta da Putin è quella del danno minore (poi sempre di una guerra di tratta), di una guerra mirata verso obiettivi precisi. Putin ha parlato di demilitarizzazione e denazificazione non a caso. Sul territorio ucraino da tempo erano nati nuclei di combattenti riconducibili al battaglione Azov, un reparto militare ucraino neonazista, istituito con lo scopo principale di contrastare le crescenti attività di guerriglia dei separatisti filo-russi del Donbass durante la guerra del 2014 che ha provocato circa 14 mila morti ma che i media mainstream non raccontano.
E’ una strana guerra perché da quando le guerre sono diventate televisive (la prima fu quella del Golfo nel 1990) siamo stati abituati ai bombardamenti americani in diretta che arrivano dal cielo, simili a quelli dei videogiochi, e invece qui non ne vediamo (ci siamo dovuti accontentare finora di un razzo di segnalazione spacciato per un missile che aveva colpito una centrale nucleare, poi risultata per fortuna una delle tante bufale). Perchè l’obiettivo non è distruggere l’Ucraina (i russi non avrebbero impiegato così tanto se avessero voluto) ma rimuovere il suo presidente e le organizzazioni naziste che lo sostengono come il battaglione Aidar, irreggimentato nelle forze di terra ucraine e il reggimento Dnipro-1 divenuto un corpo speciale della polizia e non avere ai confini la NATO. Si tratta, quindi, più di una guerriglia che di una guerra vera e propria e i giornalisti(?) si sforzano di farci credere che il cattivo Putin colpisce le scuole (vi risulta che i bambini continuino a recarsi a scuola durante una guerra?) e i civili. Devono giocare con la parola “civili” per attribuire al cattivo del momento le intenzioni che non ha. Quel poco di esercito ucraino che c’era all’inizio della guerra non esiste più, è stato annientato dalle forze russe, sono rimasti a combattere i civili (spesso forzatamente arruolati da Zelensky) e le milizie naziste facenti capo ad Azov, più tutta una serie di mercenari al soldo di qualcuno, provenienti da mezza Europa che da anni si stavano allenando per l’occasione. Combattono nascondendosi nei palazzi, nelle scuole, in qualsiasi struttura “civile”, è normale quindi che vengano colpiti i “civili” dentro strutture “civili” perché i “civili”, armati dai paesi (civili??) della Nato, Italia compresa, sono quelli rimasti a combattere.
Che strana questa guerra. E’ strano che, mentre un paese e sotto attacco il suo presidente (l’aggredito), trascorra più tempo in videoconferenza a tenere discorsi in tv, preparati da qualche consulente di comunicazione, che sul campo di battaglia o nascosto in qualche bunker. Lo si vede tranquillamente andare in giro per il paese a girare video e, quasi sempre, si collega dallo stesso posto. Questo aggressore è così cattivo che lo lascia andare in tour virtuale per mezza Europa da settimane. Solo da Fazio non lo abbiamo ancora visto (martedì si collegherà col parlamento italiano). Saddam Hussein e Gheddafi si dovettero nascondere come topi per sfuggire ai mastini americani. La follia non sta nel paventato attacco nucleare, utile più agli occidentali per rendere l’aggressore più cattivo di quello che sembra, ma dall’occupazione di tv e parlamenti da parte di improbabili esponenti politici ucraini che hanno un solo obiettivo: trascinare la parte di Occidente ingenua e senza strategia in una guerra globale e, contemporaneamente, mettersi al servizio degli interessi della parte furba dell’Occidente, sperando di raccoglierne dei vantaggi di carattere politico sul lungo periodo.
Che strana questa guerra. Non vi è traccia di raid aerei e il presidente Zelensky insiste sul chiudere lo spazio aereo di una guerra condotta con i carri armati. E’ chiaro che l’intento è solo quello di allargare il conflitto, chi lo segue è solo un pazzo o il complice di un disegno più ampio e perverso. Che strana questa guerra, l’aggressore non bombarda le vie di comunicazione (gli ucraini continuano a spostarsi in treno) e numerosi cessate il fuoco sono stati concessi per consentire ai civili di lasciare il paese. Non abbiamo mai conosciuto un criminale di guerra così disponibile, costantemente aperto anche a raggiungere un accordo di pace.
Che strana questa guerra, i giornalisti possono documentare sul campo minuto per minuto le sofferenze di questa popolazione, intervistare i “civili-militari” in mezzo alle trincee (purchè parlino male del nemico russo) mentre della sofferenza delle popolazioni irachene, afgane, libiche nelle guerre scatenate dagli occidentali negli scorsi decenni non abbiamo mai saputo nulla, del loro esodo non abbiamo visto nessuna immagine, in quelle popolazioni non c’erano donne e bambini. Abbiamo dovuto attendere che un giornalista (questo si) Julian Assange pubblicasse dei cablo (a costo della propria incolumità) e alzasse il velo dell’ipocrisia sulle democrazie occidentali per scoprire che esisteva (ed esiste) un deep state responsabile delle torture nei confronti dei civili di quelle nazioni. Uno stato profondo che esiste anche in questa vicenda, ovviamente. Come riporta l’Indipendente: “Nel 2019 Zelensky si recò a Zolote per incontrare Denys Yantar, allora capo della sezione Mykolaiv del Corpo Nazionale, il ramo politico del battaglione Azov, in un duro faccia a faccia, con l’intento di fermare le ostilità e far rispettare gli accordi di Minsk… Le reazioni furono feroci il presidente ucraino ha dovuto capitolare di fronte al volere e allo strapotere acquisito dalle formazioni neonaziste, chiaramente rispondenti allo “stato profondo” ucraino, cooptate e infiltrate negli apparati statali e finanziate dagli oligarchi del Paese.
E’ questo il vero pericolo che stiamo correndo, stiamo dando credito, visibilità, soldi ed armi a un burattino manovrato da occulti e loschi poteri che stanno condizionando l’agenda politica internazionale e trasformando contrapposizioni locali in una guerra mondiale.

Massimiliano Capalbo