Il Covid e il fallimento della democrazia
Con la stessa illogicità e antiscientificità con cui sono state applicate nell’estate dello scorso anno, ieri sono state tolte le restrizioni non “contro il Covid” (come continuano a raccontare) ma “contro una minoranza di persone” che non si sono allineate ai diktat politici ed economici della maggioranza di governo attuale e che hanno resistito, pagando un prezzo a volte molto alto (quello della vita) per questo. Il buon senso a cui le persone ragionevoli chiedevano di attenersi fin dall’inizio di questa vicenda è lo stesso al quale si fa appello oggi, ma quando la relazione tra governanti e governati assomiglia più a quella tra adulti e bambini che tra adulti e adulti, il risultato non può essere che questo.
Ciò a cui abbiamo assistito, in questi due anni, non può essere archiviato in maniera così superficiale. E’ qualcosa che non ha avuto precedenti nella storia contemporanea e che una fetta di italiani si porterà dentro come l’ennesima ferita aperta e mai rimarginata, come l’ennesimo rancore che cova dentro da tirar fuori alla prima occasione. Una minoranza della popolazione è stata discriminata e violentata nel privato, sotto lo sguardo impassibile della maggioranza. E’ stata costretta a lasciare il lavoro e a non percepire più lo stipendio; gli è stato impedito di dare l’ultimo saluto ai propri cari; gli è stato impedito di curarsi liberamente; è stata ricattata e sottoposta a violenza privata; è stata indotta al suicidio a causa del clima di paura e di depressione creato dai media; è morta o si è ammalata per gli effetti collaterali di un prodotto di ingegneria genetica di cui non si conoscono ancora oggi gli effetti a lungo termine; alcuni professionisti anche di fama mondiale e intellettuali sono stati derisi, censurati, infangati per non essersi allineati al pensiero unico scientista; intere categorie professionali sono state dilaniate al loro interno dal seme della discordia; regole illogiche e antiscientifiche hanno portato al fallimento delle piccole e medie imprese che hanno da sempre rappresentato il tessuto economico di questo paese. E c’è chi ha il coraggio di rivendicare tutto questo e di presentarlo come un successo, soggetti che senza un’emergenza a disposizione e senza l’uso strumentale delle norme e dei meccanismi burocratici nei quali sguazzano quotidianamente, non riuscirebbero ad ottenere il consenso e l’approvazione neanche dei propri parenti.
Io non dimentico e continuerò a raccontare in ogni consesso e in ogni occasione la barbarie che si è consumata a danno di questa minoranza, in questi due anni, discriminata ed etichettata come no-vax, sotto lo sguardo impassibile della stragrande maggioranza dei partitici, degli intellettuali, dei giornalisti, dei costituzionalisti, dei magistrati, dei medici e di chiunque altro avrebbe potuto fare qualcosa per impedire che avvenisse e non l’ha fatto. L’emergenza Covid ha certificato il fallimento della democrazia come sistema di governo in cui la sovranità dovrebbe essere esercitata, direttamente o indirettamente, dal popolo. Ha alzato il velo (semmai ce ne fosse stato bisogno) su questa ipocrita narrazione. E’ proprio nei momenti di emergenza e di difficoltà che si capisce se un sistema può reggere ed è adatto a difendere chi lo ha adottato, non nei momenti di pace e di stabilità. Sono questa ipocrisia e questo fallimento a dare forza alle nuove dittature emergenti nel mondo non occidentale. Questa emergenza ha certificato che le leggi, le costituzioni, gli organi e tutte le altre sovrastrutture che abbiamo creato per tutelare gli interessi dei cittadini non servono a nulla se gli uomini che sono chiamati a rappresentarle e farle rispettare agiscono perseguendo altre finalità. In questi due anni una parte dei cittadini ha compreso che l’interesse principale delle istituzioni non è tutelare le libertà individuali ma se stesse, che la loro principale preoccupazione è l’allontanamento di qualsiasi responsabilità e questo ha accresciuto la sfiducia, la diffidenza nei loro confronti. Abbiamo assistito (e continuiamo ad assistere anche nell’emergenza Ucraina) al riversamento di ogni onere sui cittadini, ieri di carattere sanitario oggi di carattere economico. La partitica e le istituzioni ne sono uscite assolte e indenni, come sempre, nonostante le gravi e schiaccianti responsabilità nel non riuscire a prevenire e ridurre l’impatto che le emergenze, sempre più diversificate e frequenti, hanno sui cittadini.
Quello che rimane, a distanza di due anni dal suo inizio, è un cumulo di macerie: sociali, economiche, sanitarie, politiche. La settima potenza mondiale ne esce con le ossa rotte e con una popolazione più malata, depressa e sfiduciata che mai. Per il raggiungimento di questo risultato è stato determinante il contributo dato dai media mainstream, nel creare, alimentare e strumentalizzare il clima di paura e di controllo che serve al potere centrale per soggiogare le vite delle masse.
Massimiliano Capalbo
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