Lo zen e il nostro rapporto con le cose
Tutte le mattine, alla stessa ora, l’anziana signora, vestita di grembiule da lavoro, scende da casa con una scopa di saggina e va a pulire lo spazio antistante l’edificio in cui abita. E’ uno spazio pubblico e ogni settimana passano gli operatori di Hera a pulire, con gran trambusto e polvere, l’atto di civismo sembrerebbe inutile, ma lei lo esegue con costanza. Tutti i giorni, dopo aver pulito il cortile interno, passa all’esterno. Abita davanti casa mia e questa mattina l’ho osservata con attenzione e ho capito: si muove con gesti lenti e precisi, sembra che la calma si impadronisca di lei man mano che procede, è progressivamente assorbita in quello che sta facendo, la scopa viene mossa con gentilezza come invitasse le foglie e lo sporco a spostarsi, infine raccoglie tutto in un bidoncino, la “calma” ritorna a casa.
Improvvisamente mi è tornato alla memoria un libro di alcuni decenni fa che allora ebbe grande fortuna tra i giovani e fu tradotto in diverse lingue: “Lo zen e la manutenzione della motocicletta” di Robert Pirsig. L’autore, in viaggio con la moto, descrive il processo di lenta identificazione con gli oggetti del motore che si realizza in chi si dedica alla loro manutenzione, quasi un’immersione della coscienza nella materia come avviene con le forme di meditazione zen in cui, appunto, la coscienza si libera dai pensieri e sprofonda nelle cose. Mi son tornati alla mente i miei allievi di istituto tecnico industriale e i loro racconti di manutenzione delle loro motociclette nei garage di famiglia, passavano ore a smontare e rimontare i motori e spesso apportavano modifiche. “Motor valley” è la definizione che piace tanto agli emiliani per indicare il distretto industriale che va da Bologna a Reggio, è possibile che questa propensione motoristica del territorio derivi anche da una attitudine, forse inconsapevole, alla “meditazione” con le cose?
Questa mattina, essendo la signora anziana, mi è tornata in mente anche mia madre negli ultimi suoi anni di vita. Veniva spesso a casa mia a chiedermi, quasi supplicando, di darle dei lavori di rammendo o riparazione, hai camice calzini pigiami cappotti da rammendare? Il più delle volte mi inventavo qualcosa. E quando si metteva a rammendare, la vedevo conquistare una calma interiore che in quegli anni spesso le è mancata, se era agitata diveniva tranquilla e calma.
Fu allora che capii quanto il poeta romantico Novalis ebbe una volta a scrivere: è il lavoro tecnico (inteso come lavoro manuale sulle cose) che ci salva dalla follia. La motor valley e lo zen sono davvero così lontani? Commentando il grande pittore bolognese Giorgio Morandi, un critico inglese ebbe una volta a scrivere che nei suoi dipinti si vede la “fratellanza con le cose”. Morandi oggi giace in uno spazio esiguo del Museo di arte contemporanea, sommerso da dipinti postmoderni che esaltano la violenza sulle cose, le urla metropolitane e cose del genere.
Intanto la cronaca ci dice di masse di giovani studenti che sommergono Bologna di bottigliette e spazzatura e le autorità pensano di affrontare il problema con misure di polizia e sanzioni. Non sarebbe meglio ripensare il rapporto che tutti noi abbiamo con le cose? Fratellanza o violenza?
A me piace pensare in tempi molto, molto lunghi: verrà il giorno in cui anche i ragazzi riconquisteranno una fratellanza con le cose (magari andando a vedere i dipinti di Morandi e non i graffiti con le urla metropolitane) e gli adulti, di qualunque ceto sociale, riprendere in mano alcune semplici opere di manutenzione ordinaria della città e anche della propria casa, non per mancanza di soldi ma solo per necessità di ritrovare il contatto con le cose.
Anni fa ho visto un reportage dalle scuole del Giappone: i bambini alla fine della giornata pulivano, assieme ai loro insegnanti, tutti gli spazi della scuola. Con allegria e gioia. Sarà un caso che lo zen è nato in Giappone?
“La vera motocicletta a cui state lavorando è una moto che si chiama voi stessi” Robert Pirsig
Giuliano Buselli
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